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February 12, 2013

“Architettura alpina contemporanea”: un libro che parla anche di noi

Alessandro Franceschini

Le Alpi sono, da cent’anni a questa parte, un territorio di grande sperimentazione architettonica. Le caratteristiche eccezionali del panorama circostante e le peculiarità estreme dell’intorno ambientale che le caratterizzano, hanno da sempre stimolato la creatività degli architetti, dando origine ad un vero e proprio filone disciplinare. All’interno di questa cultura del costruire il manufatto edilizio è stato pensato non tanto in relazione ad un contesto urbano o territoriale specifico, ma ricercando la sintonia con un contesto paesaggistico particolare e, quasi sempre, unico. Non tutti i territori hanno, tuttavia, saputo cogliere questa sfida con lo stesso coraggio e la stessa creatività: oggi vi sono dei contesti alpini – fra le quali, purtroppo, anche il Trentino – che guardano con diffidenza le sperimentazioni architettoniche, in nome di una non meglio precisata attenzione alla tradizione stilistica locale.

Per riflettere su questi temi è disponibile, da qualche settimana, un interessante volume curato da Antonio De Rossi e Roberto Dini, rispettivamente docente e ricercatore di progettazione architettonica presso il Politecnico di Torino, uscito per i tipi dell’editrice Priuli & Verlucca e dal titolo «Architettura alpina contemporanea» (160 pp., 25 euro). Si tratta di un affascinante viaggio attraverso le Alpi italiane, francesi, svizzere, austriache e slovene, alla scoperta dei più importanti progetti di architettura alpina degli ultimi venticinque anni. Più di duecento opere presentate e illustrate: dai grandi interpreti dell’architettura contemporanea in montagna fino alle molte realizzazioni di qualità di tanti «progettisti locali». Il libro è arricchito da un saggio critico introduttivo, che contestualizza la recente produzione architettonica montana in rapporto alle trasformazioni economiche e culturali delle Alpi di oggi e alla storia dell’architettura alpina dell’Ottocento e del Novecento.

«L’obiettivo del libro – scrivono gli autori – è quello tracciare un quadro critico delle recenti esperienze di architettura alpina contemporanea all’interno del contesto europeo. Architettura alpina contemporanea che talvolta ha assunto un profilo di rilievo internazionale, come nel caso delle opere realizzate nei Grigioni e nel Vorarlberg». L’intervallo temporale preso in esame nel libro si spinge a ritroso fino al periodo a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta del XX secolo. La scelta di questa frontiera cronologica non è casuale: quegli anni, infatti, «rappresentano per la montagna un periodo in cui si apre una stagione in cui le Alpi – e soprattutto le Alpi di lingua tedesca – ridiventano pienamente territorio dell’abitare». Dopo lunghi decenni nei quali le montagne alpine erano state ridotte a «spazio marginale», a mera «banlieue bianche» a servizio delle popolazioni urbane europee, le Alpi di fine secolo «paiono essere attraversate da una metamorfosi profonda».

Da spazio di margine, le Alpi acquisiscono una nuova centralità, trasformandosi – nel quadro del processo di unificazione europea – in «terra di cerniera». Tale metamorfosi è «attraversata anche da nuove forme di protagonismo delle comunità locali, le quali determinano una riformulazione del tema identitario per come era stato tradizionalmente posto». In questo contesto culturale maturano le sperimentazioni architettoniche presenti nel volume che, «analogamente alla fase di scoperta delle Alpi di fine Settecento e inizio Ottocento, sembrano essere contraddistinte dall’invenzione di nuove immagini e rappresentazioni, e dalla messa a punto di inedite traiettorie di sviluppo». Il libro può essere allora inteso come un esaustivo catalogo diopere, restituite al lettore attraverso altrettante schede, divise per gruppi di destinazioni funzionali (residenza; turismo, infrastrutture e cultura; rifugi; edifici pubblici; edifici produttivi e commerciali; edifici di culto), ed accompagnate da oltre trecento immaginia colori.

Cercando capire meglio quali sono le geografie e immagini che scaturiscono dall’indagine appare evidente una netta prevalenza di tre aree (Grigioni, Vorarlberg ed Alto Adige) che, in quanto a qualità delle opere, non hanno pari. Un prova-provata che spiega come in quelle aree l’architettura sia diventata un vero e proprio laboratorio di sperimentazione: sia per quanto riguarda le nuove modalità tecnico-costruttive sia per quanto concerne i linguaggi formali. Per quanto riguarda, in particolare, questi ultimi, gli autori individuano «una grande articolazione di atteggiamenti, che testimonia la pluralità di visioni e di punti di vista di natura concettuale e teorica introno al tema del costruire in montagna». Una «preziosa ricchezza», da valorizzare e da non disperdere, che testimonia ancora una volta il rinnovato valore del «laboratorio sperimentale del territorio alpino».

Infine una piccola nota polemica: come esce il Trentino da questa indagine? Bene, se parliamo in termini di qualità: nel libro sono contemplate opere d’architettura, tra gli altri, di Weber+Winterle, di Ugo Bazzanella, di Michele Bastiani, dello Studio a2. Decisamente male, se ragioniamo in termini di quantità. Il Trentino rappresenta più del 10% del territorio alpino eppure ospita solo il 3% dei manufatti presenti nel catalogo di De Rossi e Dini. Un primato che certamente deve far riflettere sia i progettisti sia, soprattutto, i committenti – pubblici e privati – che sembrano essere, in Trentino, i grandi assenti della partita. Perché, come diceva il Filarete, il grande architetto vissuto nel XV secolo, «l’architetto è la madre dell’architettura, mentre il committente ne è il padre». Ecco, se non fosse sufficiente l’esperienza di ciascuno di noi, da questo volume emerge chiaramente come il Trentino, se vuol diventare finalmente moderno anche nell’architettura, abbia un grande bisogno di «padri».

Nella foto: infrastrutture viarie sull’Avisio, nel comune di Cavalese. Il progetto, segnalato nel volume di De Rossi e Dini, è firmato dallo Studio A2 di Trento (foto Paolo Sandri).

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There is one comment for this article.
  • Edy · 

    Sono Edy, mi raccomando qualora tu scriva ancora qualche pezzo sul libro, mi piacerebbe se citassi anche me, visto che oltre al progetto ho seguito personalmente la D.L., progetto grafico e allestimento dell’area archeometalurgica di Passo Redebus, oltre a Percorsi d’Ananunia.
    I curatori stessi del volume mi hanno personalmente contattata e con il quale ho a tutt’oggi buoni rapporti.
    Grazie e buon lavoro.