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November 27, 2012
Interno con camino. Five Houses of AA/ST (Alto Adige/SüdTirol)
Guido Musante
Interno con camino. Sulla brace arde un grosso ceppo, nell’aria odore di canederli con speck e burro fuso, un vago sentore di rafano, e legno fragrante che scricchiola domesticamente a ogni piccolo passo. Sulla parete, un quadro ad acquerello ritrae un tipico paesaggio locale: Dolomiti sullo sfondo, vigne in leggero declivio (sarà Lagrein o Pinot?), una piccola casa di metallo scuro sospesa su esili pilotis… Oppure, a scelta, dopo “una piccola casa”, nel racconto si potrebbe anche leggere “completamente bianca, simile a una nave”, oppure “con la sua plastica facciata curva”. L’immagine della tipica casa alpina altoatesina/sudtirolese derivata dall’archetipo del fienile – due grandi falde spioventi, balconi intagliati con motivi romantici e rivestimenti di legno alla base, magari con ceppi (finti) inseriti nel basamento – rischia di essere tra qualche anno soppiantata da nuovi modelli, radicalmente opposti.
L’accettazione incondizionata della modernità, o meglio dei codici derivati dalle istanze del Movimento Moderno, è infatti il grande filo conduttore della grande maggioranza di progetti realizzati in questo territorio complesso e bellissimo negli ultimi anni. L’Alto Adige/SüdTirol è una delle regioni europee dove più si è costruito nel decennio appena trascorso (quasi 20 milioni di metri cubi), e dove la qualità dell’architettura è risultata innegabilmente tra le più elevate. Chi obbietti che “qualità”, specie in architettura, sia una definizione soggettiva, potrà sempre confutare la propria opinione osservando i progetti raccolti nei libri-cataloghi Neue Architektur in Südtirol/Architetture recenti in Alto Adige (Springer, Wien-New York, 2006 e 2012). Rilanciata da riviste e siti specializzati nel settore, la qualità elevata dell’architettura altoatesina/sudtirolese è un fenomeno che stupisce, specialmente se confrontata a quella realizzata negli ultimi anni nelle altre regioni d’Italia. Superato lo stupore, possiamo individuare alcune caratteristiche di quello che è stato definito, correttamente “laboratorio architettonico diffuso”: in Alto Adige/SüdTirol colpisce soprattutto la pervasività dell’architettura, e specificatamente dell’architettura “moderna” e “di qualità”, un valore che in questa regione è largamente condiviso e perseguito da ampi strati della società. L’architettura è oggi considerata dalla maggior parte degli altoatesini/sudtirolesi un veicolo di benessere sociale, di valorizzazione del paesaggio, di affermazione di un’identità e una visibilità (inter)nazionale del loro territorio.
Coerentemente con questo aspetto, la progettazione non è affidata alle soliti grandi firme di uno star system ormai stantio, ma privilegia una diffusione orizzontale e locale delle energie, guardando agli studi di media o anche piccola dimensione e ai giovani professionisti locali. Non sorprende perciò che la cartina di tornasole del “laboratorio” la forniscano le piccole case (“moderne” e “di qualità”), ma anche i fienili, le cantine e i magazzini vinicoli, i rifugi e i casini di caccia: oggetti minuti, richiesti da committenti privati e “normali” e realizzati da progettisti giovani e dinamici. Il loro insieme, e la loro poliedricità “linguistica” (davvero internazionale, a dispetto dell’eterna diatriba italiano/tedesco) restituiscono un manifesto complessivo dell’abitare in Alto Adige/SüdTirol, e costruiscono un quadro quasi ideale dell’abitare contemporaneo.
Così può dunque proseguire il racconto:
“ …Istintivamente giriamo lo sguardo, e ci lasciamo catturare dal paesaggio inquadrato dalla grande parete vetrata… “
Nel 1972 una mostra al MoMA di New York lancia nel panorama dell’architettura i cosiddetti Five Architects (Peter Eisenman, Michael Graves, Charles Gwathmey, John Hejduk e Richard Meier), avviandone la successiva carriera di “star”. La maggior parte dei lavori esposti è composta da piccole case, molto bianche. Quelle case rappresentavano nello stesso tempo un tributo e una rilettura delle “regole” del Movimento Moderno (di Le Corbusier, in particolare), e il manifesto di una “seconda stagione” nascente dell’architettura moderna. Anche oggi in Alto Adige/SüdTirol sono cinque case, e cinque architetti “catturati” ad offrire una diversa lettura del Movimento Moderno:
pur accettandone senza apparenti incertezze il grande paradigma, forniscono un quadro espressivo molto più eterogeneo e variegato di quello dei pur sofisticati NY Five. La varietà “tipologica” delle case selezionate – dal piccolo ampliamento al grande blocco residenziale – restituisce anche un quadro della pervasività del fenomeno architettonico in AA/ST (Alto Adige/SüdTirol).
Un manifesto nel paesaggio. Casa Höller a Lana. Höller & Klotzner
La casa dell’architetto Höller è nello stesso tempo uno specchio architettonico dell’autore e un dispositivo di valorizzazione del paesaggio. L’abitazione vera e propria è un astratto parallelepipedo di un piano, che si erge su un vigneto in forte pendio. Sottili pali d’acciaio la sollevano interamente dal suolo, staccandola dal cilindro delle scale e dalla scatola semi-ipogea del box/cantina. Le facciate sono vetrate su tre lati a tutta altezza. A est e a ovest lamelle girevoli schermano le stanze da letto e i vani secondari. Soggiorno e zona pranzo terminano su una terrazza affacciata sulla vallata e sviluppata su tutta la larghezza della casa.
Case di periferia (ad alta qualità). Complesso EA7 CasaNova a Bolzano/Bozen. Christoph Mayr Fingerle
Il complesso di 92 appartamenti EA7 fa parte di un nuovo quartiere di edilizia agevolata alla periferia sud di Bolzano. L’impianto generale interpreta il masterplan realizzato dallo studio olandese Architekten Cie, attraverso la forte compenetrazione tra spazi privati, pubblici e verde comune. La profondità ridotta e le facciate oblique dei tre edifici ingrandiscono la corte interna, aprendone la prospettiva come un cannocchiale sul paesaggio. Nello sviluppo del progetto si intrecciano criteri di sostenibilità energetica (certificazione CasaClima A) e di progettazione partecipata: forma, materiali e finiture interne sono stati sviluppati insieme ai futuri abitanti.
SuperFifties House. House H a Bressanone/Brixen. Modus (Matteo Scagnol, Sandi Attia)
Realizzato a seguito di un piccolo concorso di idee, il progetto trasforma una casa monofamiliare costruita negli anni ‘50. I volumi curvilinei dell’edificio preesistente, in parte mantenuti, sono integrati da una sequenza di nuove forme fluide che si compenetrano le une nelle altre, articolando anche gli spazi interni. Sulla facciata principale l’intreccio di linee concave e convesse forma una loggia terrazzata a doppia altezza, circondata dai principali spazi abitativi e affacciata verso la Val d’Isarco e la città di Bressanone. Un grande taglio curvo nella copertura apre la vista anche verso il cielo. La casa è completamente autonoma dal punto di vista energetico.
Casa-galleria. Casa D a Novacella/Neustift. Pauhof Architects (Michael Hofstätter/Wolfgang Pauzenberger), M anfred Alois Mayr
Nella Casa D gli spazi domestici confluiscono in maniera fluida con quelli di una piccola galleria d’arte. La costruzione sfrutta la forte pendenza del terreno per crescere in altezza, e passare dal
singolo piano della parte a monte ai quattro del versante a sud. La struttura di cemento armato a vista è integrata da numerose originali soluzioni su materiali, finiture e colori ideate dall’artista meranese Manfred Alois Mayr. Questi concepisce, tra gli altri, il rivestimento di facciata composto da listelli di legno scuriti a fuoco, e diversi inserti artistici negli interni, come le lampade dal design organico che dominano la zona giorno.
La (doppia) stanza in più. Casa bifamiliare a Lasa/Laas. Luigi Scolari
Il progetto prevede l’ampliamento e la trasformazione di una casa a due appartamenti di una famiglia allargata. L’edificio preesistente è connotato dagli elementi tipici dell’edilizia ordinaria alpino-tirolese, come il tetto a due falde e i generosi balconi in legno. L’estensione è una liscia scatola lignea a due piani, solcata dai tagli verticali delle finestre. All’interno trovano posto due locali sovrapposti serviti da un bagno e collegati da una scala, utilizzabili anche come appartamento indipendente. Una piccola zona pranzo è ospitata all’interno di un secondo volume, intonacato di bianco, che funge anche da elemento di raccordo con la casa preesistente.
* Questo articolo, è particolarmente indicato questa settimana, visto che si stanno svolgendo proprio ora gli ArchitectsParty, aperitivi negli studi di architettura d’Italia. Un format ideato ed organizzato da TOWANT che da quattro anni sta facendo tappa nelle principali città italiane, nel 2011 si è svolto anche a NewYork, ed ogni anno coinvolge oltre ottanta studi di architettura. In occasione di ArchitectsParty, dieci studi di architettura per ogni tappa, si trasformano in un luogo di aperitivo da consumare direttamente all’interno dello studio, assieme ad amici, al personale delle aziende del design partner dell’evento, ad altri architetti ed alla stampa di settore. ArchitectsParty, oltre ad essere una bella ed importante occasione di comunicazione e pubbliche relazioni per gli studi di architettura partecipanti, è un occasione che nasce con l’obiettivo di contribuire a promuovere contatti e relazioni tra gli studi partecipanti e le aziende del design partner in maniera del tutto nuova, semplice ed informale. Gli studi altoatesini coinvolti sono: biquadra studio for interior architecture – Markus Scherer (26.11), Roland Baldi Architetto (27.11), Cleaa Claudio Lucchin & Architetti Associati Angelo Rinaldo Daniela Varnier (28.11), Architetto Ralf Dejaco - Bergmeisterwolf Architkten - MODUS architects Scagnol – Attia (29.11), abram & schnabl architetti – Monovolume Architecture + Design (30.11). L’ingresso agli aperitivi è possibile solo su invito.
Articolo pubblicato su Babylon City of Dreams http://www.babylonmag.com/
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