Music

November 26, 2012

I Know A Place: conosco un posto dove la musica non è considerata rumore

Marco Segabinazzi

Negli ultimi mesi la musica dal vivo a Trento è stata di frequente al centro dell’attenzione dei media locali, in molti casi a discapito della musica stessa: il più celebre è il caso del regolamento per i locali pubblici approvato dalla Giunta Comunale all’inizio della scorsa estate, che ha fatto a lungo discutere (su tutte, la norma che limita a 4 i componenti delle band è la più surreale). Tutto questo non ha ovviamente contribuito a migliorare l’asfittica situazione degli spazi destinati alla musica dal vivo in città, che rimane legata alla proposta di pochi programmatori culturali, non sempre disposti a investire su nuove forme e progetti.

Nelle ultime settimane si è fatto notare il collettivo I Know A Place, sodalizio composto da alcuni artisti trentini che si è proposto di riflettere sulla questione affrontandola di petto: molto semplicemente, l’idea è stata quella di dare vita a degli eventi a sorpresa in vari luoghi della città. Il pubblico viene invitato a raccogliere gli indizi lanciati attraverso la pagina facebook del collettivo (che al momento viaggia verso i 900 like), affidarsi al passaparola e scoprire personalmente l’orario e il luogo dell’evento.

“I Know A Place – si può leggere nella presentazione – è costantemente alla ricerca di un posto in cui la musica non sia considerata rumore”: ottimo punto di partenza, in una città in cui la principale preoccupazione degli amministratori sembra essere il sonno dei residenti (ndr: ora il prossimo passo è quello di pensare a chi vorrebbe anche che il rumore venisse considerato musica, ma siamo certi che verrà il tempo dei noisers, anche – persino? – a Trento).

Abbiamo parlato di I Know A Place e di alcune delle questioni sollevate dal collettivo con Stefano Bannò, che molti lettori conosceranno come Anansi.

Come è nata l’idea I Know A Place, qual è stata la vostra riflessione sulla situazione degli spazi in cui fare musica in questa città?
Conoscevate esperienze analoghe avvenute altrove?

L’idea di “I Know A Place” e’ nata da una semplice chiacchierata al bar fra il sottoscritto e alcuni componenti di Rebel Rootz, Bob & the Apple, Alchimia, The Bastard Sons Of Dioniso, il regista Matteo Scotton e la casa di produzione Babbies Production. Ci siamo fondamentalmente posti una serie di domande legate alle restrizioni in fatto di musica e “rumore” nella citta’ di Trento e abbiamo costituito un collettivo informale che ora vanta la presenza di molte band e artisti del Trentino-Alto Adige attivi in diversi campi: dalla musica al videomaking, dalla giocoleria alla danza africana fino in realtà a coinvolgere i semplice amanti, sostenitori e fruitori di cultura in regione. Non possiamo nascondere il fatto che esperienze ad esempio come “Freie Musica” ci abbiano ispirato nella costituzione di “I Know A Place”.

Al di là di tutti i problemi legati agli spazi, mi sembra di notare, rispetto a qualche anno fa, una maggiore coesione, e forse anche più consapevolezza tra gli artisti dell’area trentina. Nel tuo caso specifico com’era la situazione per chi faceva musica a Trento quando hai iniziato, e com’è ora?

Io ho cominciato a fare musica quando avevo circa 15 anni, quindi da relativamente poco tempo, perciò credo di non poter rispondere a questa domanda in maniera esaustiva. Per quanto riguarda la mia esperienza personale, ho visto che negli anni si è venuta a creare una maggior coesione e di conseguenza un supporto reciproco fra le varie realtà presenti in regione in termini tecnici, artistici e organizzativi.

Tornando al progetto I Know A Place, so che nei giorni scorsi avete organizzato il terzo degli eventi a sorpresa: che tipo di riscontro sta avendo l’iniziativa, sia sul piano dell’interesse del pubblico che di quello degli artisti che partecipano?

Credo di poter dire che i vari eventi a sorpresa si stiano rivelando un successo. Il pubblico ha cominciato a seguire “I Know A Place” in maniera attiva e propositiva, dando al progetto idee e suggerimenti preziosissimi affinché possa essere efficace al 100%, e soprattutto impegnandosi spontaneamente nel passaparola, che, eccetto brevi comunicazioni volutamente imprecise sulla pagina Facebook del progetto, e’ l’unica forma di pubblicità su cui si basano i nostri eventi. Ci tengo a precisare che gli eventi di “I Know A Place” non hanno solo una valenza artistica o musicale, ma cercano di costituire dei punti d’aggregazione sociale in cui si possa svolgere una sorta di dialogo con la cittadinanza. E anche in questo l’esperimento sta funzionando, dal momento che nei primi tre eventi abbiamo avuto il piacere di vedere persone di ogni età incuriosite dalle manifestazioni.
Per quanto riguarda gli artisti, nonostante alcuni abbiano tacciato le band “pilota” di aver creato il progetto a meri scopi pubblicitari per loro stessi, credo che abbiamo fatto tutto il possibile per dimostrare il contrario. Abbiamo pubblicato un “vademecum” del progetto sulla pagina Facebook, proprio per far sì che “I Know A Place” costituisca una rete libera, aperta e democratica composta da persone che vogliono darsi da fare per cambiare le cose a Trento. Una volta abbattuto il muro della diffidenza, sono davvero convinto che “I Know A Place” possa diventare una realtà importante sul territorio, proprio perché è aperto a chiunque voglia partecipare.

Vedo che avete da poco introdotto un form per gestire le richieste di partecipazione agli eventi di IKAP. È facile, come del resto sta già accadendo, che l’iniziativa diventi di largo successo e che molti artisti desiderino farne parte: come pensate di porvi con i soggetti che vorrebbero partecipare a IKAP, c’è una selezione etica o estetica alla base, oppure è un progetto più aperto?

Non c’e’ alcuna selezione alla base. Abbiamo introdotto il form per ragioni prettamente tecnico-organizzative e anche per renderci conto di quanti siamo e di cosa possiamo fare insieme. Con la compilazione del form si può accedere al gruppo di discussione e organizzazione di “I Know A Place” e venti giorni dal lancio del progetto siamo già 50 persone, senza contare gli oltre 800 “sostenitori” della pagina Facebook. Inutile dire che più siamo, meglio è.

Sempre riguardo gli spazi per suonare in città: a Trento negli ultimi anni sono spuntate, seppure un po’ nascoste, delle zone adibite dall’amministrazione locale a spazi per i musicisti di strada. Cosa ne pensi?

Penso che la creazione delle cosiddette “Aree musicisti di strada” da parte del Comune fosse di base una buona idea. Queste aree godono di alcuni “privilegi” rispetto ad altre zone della città: si possono amplificare i suoni, non serve un’autorizzazione della Polizia Municipale ed è possibile esibirsi senza limite di tempo dalle 9.00 alle 22.00 in estate e dalle 9.00 alle 20.00 negli altri periodi dell’anno. Il problema evidente sta nella dislocazione delle aree, dal momento che, ad eccezione dell’area in Piazza Vittoria, tutte le altre aree si trovano al di fuori del centro storico, alcune addirittura in posti nascosti o comunque isolati. Credo che riconsiderare la dislocazione delle aree possa essere un buon punto di partenza per le prossime delibere del Comune in fatto di musica.

Sappiamo che I Know A Place fa riferimento principalmente alla musica negli spazi aperti della città e non nei locali pubblici, ma in un’intervista in cui si parla di musica dal vivo a trento NON si può non fare riferimento a un celebre provvedimento della giunta Andreatta della scorsa estate, spesso oggetto di divertita ironia. Dopo quell’episodio ci sono stati segnali -magari più seri…- che mostrassero un intento dell’amministrazione locale di affrontare la questione della musica dal vivo?

“I Know A Place” parte da eventi di strada – come dicevo prima – per ragioni essenzialmente sociali. La strada è di tutti ed il luogo che meglio può rappresentare uno scenario di dialogo e condivisione che possano gradualmente portare a un cambiamento nelle politiche di gestione e (mal)trattamento che la musica ha subito a Trento negli ultimi anni. Quella che noi abbiamo ironicamente chiamato “legge Beatles” non è che l’ennesima assurdità in materia di musica dal vivo. Siamo al corrente del fatto che la Giunta si stia pian piano organizzando per rivedere i regolamenti e nell’interrogazione dello scorso 10 ottobre si parla dell’apertura di un “percorso partecipativo”. Siamo tutti molto curiosi di capire in che cosa consisterà questo percorso e saremo lieti di prenderne parte in maniera attiva. Ad ogni modo la “legge Beatles” e’ stata approvata dalla Giunta lo scorso 21 maggio e dopo essere stata prorogata e’ ancora – ahinoi – in vigore.

Qualche indizio ai lettori sul prossimo appuntamento di I Know A Place?

Stiamo decidendo proprio in questi giorni quando e dove si svolgerà il prossimo evento, seguite i nostri indizi e il passaparola e lo scoprirete!

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