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November 9, 2012

Gabriele Grones all’Aperitifs Ladin”: ritratti per indagare l’individuo

Katia Pizzinini

Gabriele Grones  è originario di Arabba, si è diplomato presso l’Accademia delle Belle Arti di Venezia ed è un ritrattista. Ha esordito nel 2005 in Italia, esponendo le sue opere alla Biennale di Venezia. Nel 2008 si è fatto conoscere a livello internazionale mettendo in mostra i suoi dipinti nella National Portrait Gallery di Londra. Il soggetto Grones che predilige è il volto umano, dipinto con colori a olio su tela. La pittura è per l’artista un modo per analizzare ed indagare l’individuo, ma in programma – ci anticipa – ci sono delle opere nuove “figure naturali particolari, che evocano l’esperienza umana”. Grones sarà ospite insieme a Ursula Tavella, del prossimo appuntamento con Aperitifs Ladin, il 14 novembre alle ore 18.00 a Museion Passage.

Quando hai iniziato a dipingere?

Disegno e dipingo fin da piccolo. Quando ripenso a me da bambino mi vedo con una matita in mano.

Cosa disegnavi quand’eri piccolo?

Da bambino disegnavo soprattutto animali. Sono sempre stato affascinato dalla varietà e dalla specificità degli elementi naturali. Vedevo le forme e i colori degli animali come elementi sostanziali e comunicativi, non solo come aspetti decorativi. Forma e funzione corrispondevano, la scoperta di questo concetto è stata fondamentale per me.

Il tuo primo quadro non fu quindi un ritratto?

Non saprei dire qual è stata la mia prima opera. Se prendo in considerazione i miei primi disegni “consapevoli”, si tratta di dipinti di animali. Per quanto riguarda i dipinti ad olio su tela invece, posso dire che il mio primo lavoro – che mi aiutò poi anche ad imparare a dipingere – fu una copia di un quadro di Albin Egger-Lienz.

Quale tecnica adotti per dipingere?

I miei dipinti sono olio su tela. Quando inizio a lavorare ad un’opera, per prima cosa disegno con la matita sulla tela bianca, poi proseguo con i colori a olio. Prima di dipingere devo dare una forma, creare ombre e luci. Quando il primo strato di colore è asciutto, passo sopra con molte altre velature, fino ad arrivare a dipingere i particolari.

Sei un ritrattista. Dipingi mai altri soggetti?

Negli ultimi anni il mio interesse si è concentrato soprattutto sui ritratti e sulla figura umana. In futuro continuerò a considerare i volti delle persone e le figure in generale come elementi di indagine della mia arte, ma anche con altri sviluppi, con aspetti nuovi di composizione e allestimento. In questo periodo ho in testa alcune idee per dei lavori particolari, non strettamente legati alla ritrattistica: è un buon momento per dare sviluppo e forma ai miei pensieri.

Da cosa pensi sia nato questo tuo interesse per i volti delle persone?

Penso che il fascino comunicativo di una forma legata al suo contenuto, che provavo da piccolo per gli animali, si sia mantenuto e mi abbia portato a dipingere ritratti. Il volto è ciò che noi consideriamo l’elemento più caratteristico di una persona, ciò che concentra gran parte delle funzioni comunicative. Mi piace la frase di Hegel che dice: “Non c’è niente di più profondo di ciò che appare in superficie”.

Hai già realizzato un autoritratto?

Sì, il mio primo autoritratto è stato un lavoro monumentale, finito nel 2010, grande 3,36 x 2,26 metri, composto da 393 singoli ritratti a olio su tela di altre persone. Questi dipinti sono stati montati come se ogni ritratto fosse un “pixel”. Da lontano non si percepiscono i singoli dipinti, sembrano dei quadrati colorati che si fondono in un unico grande autoritratto. Da vicino, invece, si perde quest’illusione e si possono ammirare i singoli quadri. Questo lavoro è stato allestito nella primavera del 2012 in una mostra monografica nella chiesa di St. Peter am Perlach, a Augsburg in Germania.

Quando ritrai una persona, cosa vuoi cogliere nel suo volto?

Cerco sempre di rappresentare il volto in una posizione neutra, senza particolari espressioni. È proprio questa condizione che mi permette di analizzare aspetti ed elementi, forme e colori che possono suggerire tracce del suo carattere. Non si tratta di qualcosa di illustrativo, ma di evocativo.

Cosa comunica, dunque, un tuo ritratto?

Un quadro è la forma di un’idea, i miei ritratti sono le forme del mio pensiero. Non si può definire a parole quello che un ritratto comunica, ma si può fare un piccolo esempio. “Identità” è il titolo di una mostra monografica inaugurata in questi giorni nella Galleria MZ di Augsburg. In questa mostra sono allestiti nove ritratti di amici e parenti ed un autoritratto. Lo scopo di questa esposizione è quello di indagare il concetto di identità. Attraverso le esperienze personali e collettive le persone formano la propria identità, i soggetti ritratti sono legati l’uno all’altro e anche a me per via di una serie di esperienze condivise, esperienze che hanno contribuito a formare la loro, ma anche la mia identità.

Come scegli i tuoi soggetti?

Gran parte dei soggetti che ho ritratto sono amici e parenti. I soggetti li scelgo in base all’idea che voglio far trasparire dal ritratto. Penso però, che tutti abbiano caratteristiche uniche ed interessanti che meritano di essere ritratte.

Tu hai già partecipato a molte mostre, in Italia, ma anche in Inghilterra, in Austria, in Slovenia, a Malta e in molti altri Paesi. Quanto sono importanti le mostre per un artista e per le sue opere?

Per un artista è fondamentale partecipare a mostre e ad eventi culturali. Ho potuto allestire le prime mostre grazie a concorsi indetti da gallerie e musei. Ho esordito in Italia, alla Biennale di Venezia, nel 2005 e all’estero alla National Potrait Gallery nel 2008. È nato un interesse per i miei lavori al livello internazionale e questo mi ha dato la possibilità di conoscere molti altri artisti e di lavorare con molti curatori importanti nel mondo dell’arte contemporanea.

Quanto è importante, invece, una mostra dedicata ad artisti ladini, come quella organizzata dall’Istituto Ladino Micurà de Rű insieme all’EPL (Ert por i ladins)?

L’Interesse da parte dell’Istituto Ladino nei confronti degli artisti locali è molto prezioso e permette di creare ed alimentare il legame fra l’arte e le persone. Per quanto riguarda la mia mostra “Ichnos” è stato fondamentale il lavoro svolto dalla curatrice Katharina Moling, che si è anche occupata della critica.

C’è un’opera che preferisci e che ti piace più delle altre?

Tutti i miei lavori hanno una loro storia, non riuscirei a sceglierne uno. Potrei dire però di essere legato in modo particolare alle opere che mi hanno permesso di partecipare a mostre importanti, per esempio “Manuel” che mi ha fatto accedere alla National Portrait Gallery nel 2008, “Luce” che mi ha permesso di vincere il secondo Premio Celeste 2010, “Roberto” e “Elio” che mi hanno garantito l’accesso alla Biennale di Venezia nel 2011.

I tuoi ritratti sono talmente accurati che a prima vista potrebbero addirittura sembrare delle fotografie. Come definisci tu questo tuo talento?

Il realismo dei miei lavori può in un primo momento confondere l’osservatore, ma guardando più attentamente si possono vedere le pennellate, la struttura della materia e del colore. Il mio modo di dipingere si avvicina molto di più alla tradizione dell’arte europea del 1400, all’arte fiamminga, a Antonello da Messina, a Dűrer, per esempio, piuttosto che ai fotorealisti degli anni ’60 e ’70 del Novecento.

Qual è il tuo sogno nel cassetto?

Il mio sogno è quello di continuare a poter fare di questa mia passione il mio mestiere.

Ti sei diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Venezia. In quale modo hanno contribuito i tuoi studi a farti diventare quello che sei oggi?

L’Accademia delle Belle Arti di Venezia è un posto molto particolare. Quando ho iniziato a studiare, la sede era ancora quella antica, ricca di storia e fascino. Sapere di poter studiare in un luogo che ha visto alcuni degli artisti più grandi della storia mi faceva tremare le gambe, ma mi ha anche dato dei grandi stimoli. Ho potuto conoscere molti artisti giovani e talentuosi, scambiare con loro opinioni, confrontarmi; ho studiato insieme ad insegnanti molto bravi, ma soprattutto ho avuto l’opportunità di vedere, osservare e studiare opere d’arte di grandi artisti del passato, che mi hanno insegnato molto.

Cosa potresti consigliare ad un giovane che volesse intraprendere la carriera da artista?

Io posso dargli il consiglio di essere sempre curioso, sincero con se stesso sul lavoro. Un artista deve credere nella propria ricerca artistica, farla crescere e non accettare mai dei compromessi.


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