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October 29, 2012

New York Stories #07. La città vista dall’alto

Cristina Vezzaro
Anni e anni fa, uno dei divertimenti principali della visita di una città spettacolare come Buenos Aires era stato proprio arrampicarsi in alto, ovunque fosse possibile: ristoranti, torri, caffè di alberghi. Dall’alto si godeva di una prospettiva unica, che fosse sull’enorme e imponente Avenida 9 Julio, con le sue 16 corsie di traffico e l’obelisco al centro, o sulla distesa bianca e infinita di case che compone la capitale argentina.Da allora mi è rimasta la passione per le altezze. Ogni volta che c’è una torre della radio in una città mi ci arrampico e mi godo la vista dall’alto, come una carrellata ottica che mette tutto in prospettiva: strade, case, palazzi. Le persone e la vita stessa.Anche a New York, anche quest’anno.

Sulle torri del World Trade Center io non ci sono mai stata. Sono arrivata a New York solo dopo il loro crollo. Sull’Empire State Building ci vai una volta, poi non ne hai più voglia. E a tutti consiglio di andare al Rockefeller Center per godersi anche la vista dell’Empire, troppo emblematico della città per essere inglobato in se stesso. Un po’ come a Torino si gode una vista migliore della città dalla torre del castello medievale di Piazza Castello, ora splendido Museo Civico della città. Vista Mole inclusa. O a Parigi, dove la vista migliore – Tour Eiffel compresa – è quella dalla Tour de Montparnasse, dove peraltro non ci sono le code chilometriche che ci sono alla Tour Eiffel.

“Consumate” le torri, bisogna iniziare a esplorare i luoghi. È così che già anni fa, dopo averne sentito parlare, ero andata con un amico al Salon de Ning, il rooftop bar del Peninsula Hotel, godendomi sugli orientaleggianti divani quel po’ di brezza che la serata ci regalava. Attorno a noi tante persone sedute a chiacchierare comodamente e soprattutto i piani alti e le luci dei grattacieli a ricordarci dove eravamo.

Vicino a Bryant Park c’è un altro bellissimo rooftop bar, il mad46, del Roosevelt Hotel, che ha anche il pregio di essere in parte riparato, in caso di improvviso acquazzone estivo. È lì che ho appuntamento con un amico brasiliano, ma quando arriviamo, il violento temporale del pomeriggio ha provocato qualche danno sul tetto e comportato la chiusura della terrazza. Poco male: ci rannicchiamo sui divani in pelle della lounge interna dell’albergo, altro mio rifugio prediletto dei peregrinaggi newyorchesi. Perché la vista dal basso è altrettanto intrigante.

E non è all’aperto, ma è spettacolare il Robert@Mad, il ristorante all’ultimo piano del relativamente nuovo Museum of Arts and Design a Columbus Circle, dove mi dà appuntamento un amico newyorchese per cena. L’atmosfera è molto piacevole, e le chiacchiere scorrono mentre i nostri sguardi vengono inevitabilmente attratti da Central Park, che con il calare della notte diventa sempre più una selva oscura, dal traffico che scorre attorno alla statua di Colombo, ora in fase di ristrutturazione, per poi sciogliersi verso il Lincoln Center, verso Central Park West e verso Midtown. Il potere ipnotizzante di quelle luci e di quel movimento accanto al buio di Central Park, quasi un acquario silenzioso che fissiamo dalla nostra postazione privilegiata con un sottofondo jazz, riassume l’essenza del voyeurismo urbano.

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