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September 20, 2012

Prometheus: Ridley Scott visto con l’influenza intestinale

Andrea Beggio

Trama: un team di esploratori scopre un indizio che spiega le origini del genere umano sulla Terra. Questo indizio conduce gli esploratori in un viaggio verso gli angoli più oscuri dell’universo, a combattere una battaglia terribile per salvare il futuro della razza umana.

Tristissimo ed inopportuno ripiegamento di Ridley Scott alla teleologia della fantascienza archeologico-antropologica (Stargate & Co.). Non ci si improvvisa dei Kubrik a 70 anni suonati e infatti,come è successo per Eastwood nei suoi ultimi lavori, la paura e l’insensatezza della morte non aiuta certo a produrre dei capolavori.

La paura e lo sgomento verso quella nobile creatura evoluta e programmata per distruggere, degnamente rappresentata nel bellissimo Alien nel 79 (diretto dallo stesso Scott) e, fra le altre cose progettata e disegnata da R.H. Giger, viene ridimensionata in un inutile prequel dal sapore religioso mistico.

Da sempre metafora dell’esistente e delle paure umane, la fantascienza ha sempre parlato d’altro. Il problema in questo caso è il modo in cui la teoria Darwiniana viene fatta a pezzi a favore di teorie sull’evoluzione da vecchio testamento o, peggio, da setta raeliana.

L’ottima fotografia, la cura per le ambientazioni e l’invidiabile cast non hanno gli evidenti passi falsi e le ingenuità di questo soggetto che comunque non regge il paragone neppure con il primo Alien.

Viste le modalità con le quali la creatura aliena si riproduce come un parassita all’interno di un corpo ospitante, la peggiore condizione per vedere Prometheus è con i primi sintomi dell’influenza gastro-intestinale che sta girando in questo periodo, anche perché vi rimarrà per sempre il dubbio (che io conserverò fino alla fine) se quel senso di malessere fosse legato al film, all’influenza o all’interazione delle due variabili.

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