Culture + Arts > Cinema

September 13, 2012

New York stories #02. Meet David Cronenberg

Cristina Vezzaro

Arriva nelle sale di New York Cosmopolis, il capolavoro di Cronenberg tratto dal romanzo di De Lillo, 1 ora e 45 minuti di grande cinema-letteratura, una giornata nella vita del multimiliardario Eric Packer, perso nelle sue paranoie e nevrosi e destinato a fine certa dopo la cieca ricerca dell’impossibile. “I want more. Show me something I don’t know”, sono le sue parole.

In sala, dopo la proiezione del film, David Cronenberg.

Com’è nato il film?

“Paul Branco, produttore dei miei film, mi ha portato il libro Cosmopolis e mi ha detto: dagli un’occhiata. Ho letto quasi tutti i libri di De Lillo, ma questo stranamente no. E dopo averlo letto mi sono chiesto ‘può diventare un film?’ e ho pensato che per decidere avrei dovuto trascrivere i dialoghi. Così ho fatto, e tra i dialoghi ho riempito le scene. Quando ho riletto tutto mi sono reso conto non solo che poteva diventare un film, ma che di fatto avevo già scritto anche la sceneggiatura.”

È difficile riproporre su grande schermo un libro?

“Ho subito cercato di mettermi in contatto con Don De Lillo, ma notoriamente non ha nemmeno la mail, comunica ancora tramite fax. E non ama farsi vedere. È newyorchese, stasera potrebbe essere qui, ma appunto non c’è. Alla fine ci siamo incontrati a un festival e abbiamo finalmente cenato tranquillamente soli. Mi ha chiesto: ‘Sono curioso di sapere come hai trasposto il diario di Benno’ (Paul Giamatti). ‘L’ho tolto’, gli ho risposto. E siamo scoppiati a ridere. Ma inevitabilmente nell’adattamento cinematografico si deve per forza fare delle scelte importanti, e questa è stata una di quelle. Se nel libro il diario accompagna sin dall’inizio il lettore, nel film sarebbe stato davvero un espediente da pochi soldi farlo.”

Il film si svolge quasi tutto in una stretch limo. Come ti è venuta questa idea?

“Il film si svolge tutto nello spazio di una macchina e nella testa di Eric, ovvero ovunque. Mi piace girare in spazi chiusi e confinati, crea una forte compressione e intensità. Anche dal punto di vista visivo si tratta di un approccio interessante. La limousine è stata il nostro set, perlopiù in studio, a Toronto, anche se il film è ambientato a New York. E abbiamo sempre cercato di riprodurre il suo punto di vista, per cui gli spettatori sono nella limousine insieme a Eric, in quello che è il suo mondo virtuale, una bolla astratta, così come lo è la città.”

A differenza del romanzo, i personaggi appaiono e scompaiono senza essere introdotti.

“Si, entrano tutti nella vita e nella macchina di Eric su comando. Persino per fare sesso. La scena con Juliette Binoche nel libro era ambientata in un appartamento, ma non ero certo che fosse interessante; non le ho detto niente fino all’ultimo, ma quando le ho spiegato che avrebbe fatto la scena di sesso nella limousine ha accettato senza batter occhio.”

Com’è nata la scelta dei protagonisti?

“Innanzitutto confrontando l’età degli attori con quella del protagonista del libro. E poi l’accento, bisognava che fosse qualcuno in grado di riprodurre l’accento newyorchese. Ma anche in base al passaporto: trattandosi di una produzione franco-canadese e di un film indipendente, avevamo a disposizione un numero limitato di posti per attori americani, e di fatto ce n’è uno solo, Paul Giamatti. Rob Patterson è inglese di Londra. Quando abbiamo iniziato a girare Paul è venuto da me e mi ha detto: ‘Ma perché cavolo Patterson fa quell’accento un po’ inglese?’ ‘Perché è inglese’, gli ho spiegato.

Per scegliere il protagonista ho dovuto cercare qualcuno che avesse sufficiente carisma da reggere ogni singola scena del film. Non c’è praticamente film in cui il protagonista sia presente dalla prima all’ultima scena. In questo film sì, e la sua faccia si sarebbe vista in continuazione, per cui bisognava che fosse qualcuno che né io né il pubblico ci saremmo stufati di guardare.

Mi ci sono voluti 10 giorni per convincerlo ad accettare. All’inizio era molto contento ma anche molto spaventato. Molti attori hanno paura di non essere giusti per un film e hanno paura di rovinarlo. Lui aveva colto quanto di comico ci fosse in questo libro, come spesso è per De Lillo, e si chiedeva se fosse adatto alla parte. A un certo punto mi ha detto ‘Non capisco il personaggio, non so cosa devo fare’. E io gli ho risposto ‘Perfetto!’ Ci sono registi che si siedono a tavolino con gli attori e li sottopongono a una seduta di psicanalisi. Io non sono così. Nemmeno io e il direttore della fotografia sapevamo esattamente ancora cosa fare; non provo mai, sono solo lì insieme agli attori sul set reale.”

L’ultimissima scena è stata girata una sola volta.

“Sì, il finale è molto particolare. Nel libro succedono strane cose metafisiche, a un certo punto c’è un orologio in cui Eric si vede morto. Nel film l’unico accenno è quando dice ‘Why do I see things that haven’t happened yet’. Per il resto, qualsiasi altra forzatura avrebbe dato al film un twist fantascientifico che non c’entrava niente.

Per questo la scena finale è una scena di 22 minuti tra Giamatti e Patterson. Nel libro sono seduti uno di fronte all’altro; ma appena ho visto il set fantastico che avevano trovato ho subito capito che avrei voluto vederli muoversi come in un duello. Due attori che parlano in una stanza è la cosa più difficile che ci sia. Quando abbiamo iniziato a girare è arrivato Patterson e mi ha detto: ‘Sono terrorizzato’. ‘Whatever‘ gli ho risposto. Poi è arrivato Giamatti e anche lui ha detto: ‘Sono terrorizzato’. Allora anche Patterson si è rilassato, e dei sei giorni che avevamo a disposizione per girare questi 22 minuti ce ne sono voluti solo 3.”

Cos’è tutto questo sesso in macchina?

“È l’unico posto in cui riesco a fare sesso”,  risponde Cronenberg. “Anche in Crash c’era una scena di sesso che Ted Turner voleva togliere perché era convinto che una quantità infinita di ragazzini si sarebbero schiantati a tutta velocità facendo sesso.

Le macchine nel dopoguerra erano simbolo di libertà, la libertà di andarsene in campagna e fare sesso. Sono state simbolo di potere e isolamento. Mi piacerebbe poter dire che sono stato il primo a utilizzare la macchina come set per le scene di sesso, ma non è così.”

E tutto il viavai nella limousine di Eric?

“Tutta la gente che entra ed esce dalla limousine è gente che lavora per lui, che è affascinata dal suo potere e dal suo carisma.

L’altro giorno abbiamo aperto la seduta di Wall Street, e su tutte le pareti c’erano proiettate scene di Cosmopolis e tutti sono stati gentilissimi con noi, mi sono trovato a pensare che quella fosse la faccia più calorosa del capitalismo.

Ma tutti i protagonisti fanno naturalmente parte del gioco, tranne il dottore forse. Quando abbiamo girato la scena in cui il dottore fa il check-up giornaliero al ventottenne (nella limo), Rob ha detto ‘Pensavo fossero normali sei minuti per un esame alla prostata’. E io gli ho detto ‘Rob, se vieni sottoposto a sei minuti di esame alla prostata anziché i dieci secondi che servono, sappi che il tuo dottore è innamorato di te’.”

La musica in questo film è coinvolgente.

“L’ho affidata a Howard Shore e alla band con cui collabora, i Metric. E poi nel film si cita Brother Fez, ruolo che abbiamo affidato al rapper K’naan, il rapper somalo canadese che ha scritto una canzone insieme al testo di Don De Lillo. Anche lui era preoccupato della recitazione, poi però ci ha preso gusto e si è lamentato ‘Ma recito un morto’. ‘Sarà più facile’, gli ho risposto.”

Ed è così, con un background di questo tipo, che nella claustrofobia di una limousine e nella paranoia di una mente, quella del protagonista, si svolgono gli eventi di una giornata che lo vedono perdere tutto, fino alla sua vita, dopo aver cercato di avere sempre più: denaro, potere, sesso, emozioni.

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are no comments for this article.

Archive > Cinema