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September 12, 2012

Ancora una volta, Michael Fliri ci stupirà

Anna Quinz

Arrivare all’Ex Alumix è sempre emozionante. Un po’ perché il luogo ha un “fascino metropolitano” unico per Bolzano, un po’ perché ogni volta pensi che potrebbe essere l’ultima, visti i destini ai quali dovrebbe andare incontro, e così, cerchi di imprimere bene nella mente atmosfere, spazi, dettagli.

Io ci arrivo ieri ora aperitivo, e come sempre, mi emoziono. Ci vado per incontrare Michael Fliri, artista altoatesino a cui è affidato il compito di aprire questa sera con una sua performance, l’edizione numero 12 di Transart.

All’interno del suggestivo open space, troviamo un’enorme scultura bianca, una sorta di serpente che si snoda nello spazio allargandosi e stringendosi, un po’ sospeso un po’ ben ancorato a terra. Qui ci accoglie Michael, gentile e sorridente. E ci presenta Fritz Welch, suo compagno nell’avventura “Sensation of a sculpture before taking shape”. La scultura che abbiamo visto, dunque, è quella che prenderà forma stasera, grazie al lavoro performativo e musicale non di Michael, questa volta, ma di Fritz. Strano, per chi conosce il lavoro di questo talentuoso artista, scoprire che non sarà lui il “protagonista” sull’inedito palco dell’Ex Alumix. Ma, spiega “Transart mi ha commissionato questo lavoro, aspettavo, prima di partire con il progetto, la disponibilità a partecipare di Fritz,  che avevo conosciuto l’anno scorso ad Anversa. Volevo procedere sulla scia di alcuni studi inziati qualche tempo fa, mi serviva la qualità di un performer come lui, appena ha detto si, è iniziato il lavoro, e sul palco, appunto, ci sarà lui, non io”.  È una prima volta dunque, e le prime volte sono sempre un piacere per il pubblico, che, peraltro – con un artista come Fliri – sa che ogni volta ci sarà di che stupirsi.

Michael non sarà però del tutto assente dalla performance: “avrò piccola parte, sarò seduto in alto e ascolterò il lavoro nel suo svolgersi e farò la registrazione audio. L’idea è quella di contemplare Fritz, e sarà un onore ascoltarlo, visto che amo molto ciò che fa. Dunque sono spettatore, con uno strano ruolo di ascolto”.

Altro segno di evoluzione del lavoro di Michael e della sua continua voglia di sperimentare è la bianca figura di cui sopra: “ultimamente mi sono molto dedicato alla scultura. Avevo voglia di essere curioso, anche dato il contesto diverso dal museo dove normalmente mi muovo. Qui scultura e azione si mescolano, l’una da vita all’altra e viceversa”.

Lo spettatore dunque, entrerà nello spazio e vedrà prima l’oggetto, poi la persona. Dunque, la struttura farà in parte da maschera, il performer, la sua batteria (“è un drummer bravissimo”, racconta Michael) e la sua voce saranno all’interno e in qualche modo si nasconderanno alla vista. L’udito dunque farà da leit motiv percettivo, nel ruolo di ascoltatore di Michael e del pubblico che ascolterà Fritz e guarderà Micheal che ascolta Fritz.

Se Michael, da come parla e racconta, dimostra curiosità e voglia di provare nuove strade, io mi trovo ad essere altrettanto curiosa di scoprire cosa ci riserverà questo lavoro, anche se “non lo faccio per stupire, è una cosa che ha senso nella mia ricerca, mi diverte e mi da energia guardare sempre oltre. L’anno scorso avevo mostrato una mia scultura, statica. Ma non mi pare che la scultura sia mai veramente ferma, qui dunque, questo senso del movimento, prende forma, o quanto meno si innesta nel processo che avviene prima di prendere forma, come dice il titolo della performance”, racconta Michael.

La nostra conversazione piacevole e informale, procede poi su altre linee, sullo stato della contemporaneità in Alto Adige, sulle influenze della terra di origine nel lavoro dell’artista, sulle questioni aperte rispetto alla Galleria Civica di Trento. Quello che ne esce è una persona ottimista, come lui stesso si definisce, che ha avuto dall’Alto Adige meritate occasioni di produrre e presentare il suo lavoro, che è capace di vedere il bicchiere altoatesino mezzo pieno, e che ricorda con piacere i tempi belli dell’esperienza trentina. Un giovane artista che dalla piccola Tubre (dove torna spesso dalla vita e dai viaggi all’estero per trovare la famiglia) ha valicato con il suo lavoro i confini della nostra terra, pur mantenendo la consapevolezza delle eredità avute, come ad esempio, l’essere in continuo movimento, verso nord verso sud, dentro di sé o fuori di sé. E questo muoversi e spostare confini, si ritrova nell’opera di Michael Fliri che non è mai uguale a se stessa, e che di certo oggi come sempre, ci stupirà.

Foto realizzata durante le prove di “Sensation of a sculpture before taking shape”

 

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