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September 1, 2012

“I miei occhi hanno visto”: il novecento riletto da Agnes Heller

Luca Sticcotti

Agnes Heller è un personaggio davvero interessante.
E’ una filosofa ottimista, anche se da ebrea ha vissuto la persecuzione nel ghetto di Budapest e suo padre è morto ad Auschwitz.
E’ autrice della “teoria dei bisogni” che all’inizio degli anni ’70 ha ridato speranza e vigore a tutti coloro che vivevano la frustrazione di un marxismo ridotto a dittatura del proletariato e non più in grado di contrapporsi in maniera convincente al capitalismo avviato a divenire pensiero unico dominante, nel giro di qualche lustro.
Ma è soprattutto un’innamorata della vita e del mondo, una viaggiatrice instancabile, una socievole partner di conversazione.
Lo hanno sperimentato Francesco Comina e Luca Bizzarri che con la filosofa 83enne hanno scritto a 6 mani “I miei occhi hanno visto”, in uscita in questi giorni per la casa editrice “Il margine” di Trento. La Heller sarà ospite questo pomeriggio alle ore 18 della Sala Madruzzo del Grand Hotel Trento per la presentazione ufficiale del libro. Domani sarà a Merano, ospite della comunità ebraica che la condurrà a visitare la mostra “Zachor – Ebrei nel Tirolo meridionale fra Otto e Novecento”. Lunedì sera la filosofa sarà quindi protagonista poi di un incontro pubblico che avrà luogo presso il Frauenmuseum di via Mainardo (ore 20), prima di partire per un tour che la porterà a Verona, Lucca, Pistoia, Firenze, Città di Castello, Fano e Bologna.
Per i lettori di Franz ecco a seguire un estratto dal libro, in grado di delineare il “personaggio” Heller che molti bolzanini hanno potuto apprezzare lo scorso anno in ottobre alla LUB, ospite del Centro per la Pace del Comune di Bolzano.

Luca Sticcotti

Feri [n.d.r. il marito Ferenc Feher] e Lukaks vivevano in vacanza per discutere di filosofia. Io invece volevo godermi i panorami, fare lunghe camminate lungo i sentieri, arrivare alla cima della montagna e poi discendere attraverso le strade sterrate. E così Feri e Lukaks si erano coalizzati contro di me. Volevano sempre farmi fare lo stesso percorso. Io impazzivo. Volevo scoprire posti nuovi, vedere altri paesaggi.
Un giorno allora avanzai un compromesso. Dissi a Lukaks: «Facciamo così. Ogni tanto durante la giornata cerchiamo di spingerci in un nuovo ambiente». Lukaks mi rispose: «Agi, ma gli alberi sono sempre uguali. A seconda della luce del giorno e durante i vari passaggi delle ore gli alberi appaiono diversi. Questo succede anche quando faccio due volte la stessa strada. Non è sempre uguale l’ambiente intorno». Capivo il senso della sua frase, ciononostante avevo voglia di vedere posti nuovi. A un certo punto Lukaks cominciò a parlare di ontologia e disse: «Le mucche divorano categorie». Non ci ho più visto. Mi sono rivolta a lui in tono deciso e ho affermato: «Caro Gyorgy, le mucche non divorano alcuna categoria, mangiano l’erba quando hanno fame. Qui non c’è nessuna categoria. Guarda bene, quella è erba verde allo stato puro. Lì non c’è una ontologia ma una montagna, lì sotto c’è una valle, e questa che abbiamo qui a fianco è una casa e dietro la casa c’è un asino». Lukaks continuò parlandomi della coscienza come un epifenomeno. Ma alla fine riuscii a fargli capire che ogni tanto la filosofia va messa da parte e che è bene gustare la bellezza della vita, i paesaggi, respirare aria fresca. E così, nei giorni successivi, quando si andava a passeggiare stavo molto attenta a non imbarcarmi in discorsi filosofici perché sarebbe stata la fine. Se io ogni giorno non avessi i miei momenti id svago, come il nuoto o le passeggiate che mi immergono nella vita, come potrei fare filosofia? E poi ogni filosofo prima di tutto un essere umano che respira, che mangia, che contempla la bellezza delle cose.

 

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