Music

August 31, 2012

La grandiosa magia di Sokolov e il ricambio generazionale

Alessandro Tommasi

La prima volta che ho l’ho visto, mi ha ricordato l’uomo pinguino di Batman. Poi ho scoperto che era uno dei più grandi pianisti al mondo. Non penso si possa avere un pianista preferito in assoluto, ai livelli massimi ognuno ha le sue particolarità e specialità, ma se si potesse averlo il mio sarebbe Grigory Sokolov.

Come? Il correttore automatico del mio computer non conosce il nome? Devo aggiungerlo manualmente al vocabolario?
Ma come si fa a non conoscere Grigory Sokolov?
Non è così difficile in realtà, fino a neanche una trentina d’anni fa, mi è stato detto, non aveva di certo la fama di adesso. Poi l’esplosione. Bastava riuscire ad accorgersene , non era così complicato.

Sokolov appartiene a quella schiera di pianisti grandiosi, che purtroppo sono quasi tutti morti, il cui nome rimarrà impresso nella memoria di chiunque abbia avuto l’enorme onore di sentirli suonare dal vivo o abbia messo le mani su una più conquistabile registrazione (se per questioni anagrafiche come me non si ha avuto l’opportunità di ascoltare pianisti quali Richter, Gilels, Rubinstein e non continuo con la lista perché non finiamo più). Ma cosa rende un concerto di Sokolov un’esperienza mistica (ieri mi è stato definito addirittura come “ascetico”!)?
Il suono. L’amore, la cura e la passione per il suono.

Non ci sono trovate sceniche, Sokolov, come ogni vero (sottolineo tre volte vero) virtuoso non esalta grottescamente ogni difficoltà tecnica dei brani che esegue. Certo, si intuisce benissimo guardando le mani turbinare salde sulla tastiera, ma il suo scopo non è lasciarsi andare a teatrali gesti e movimenti per stupire la grande massa.
Questo è forse uno svantaggio? Viene forse amato di meno? A giudicare dal concerto di ieri sera non direi proprio. Il pubblico è rapito e tiene il fiato sospeso durante le sue esibizioni, esibizioni in cui propone spesso brani non famosissimi, come la suite in re di Rameau ieri sera o la terza sonata di Schumann (brani decisamente poco eseguiti). Ma soprattutto, cosa che piace particolarmente alla platea, non lesina bis. Non si risparmia mai, se il pubblico lo chiama continua a suonare fino a quando non ha fatto almeno 6 bis, come ieri sera. Spesso gli stessi bis non sono brani molto conosciuti, come l’op.32 di Schumann da cui ha tratto tre brani. L’auditorium crollava sotto gli applausi scroscianti che non finivano più, fra le urla dei “Bravo!” e i fischi d’entusiasmo. Chiunque ami la musica non può che amare il suono di Grigory Sokolov, equilibrato, sempre ben ponderato e mai casuale, mai aspro e secco (vengo da giorni di preselezioni in cui la maggior parte dei giovani pianisti peccava proprio di un suono pieno ma non duro). Ogni melodia è ben curata e condotta al suo termine, con sapienza e modestia, calibrando ritardandi e a tempo con occhio esperto. Durante l’intero concerto ho assaporato ogni nota e nel finale con l’op.117 di Brahms ho addirittura trattenuto il respiro, con gli occhi inumiditi, mentre il silenzio pregno di venerazione della platea non trovava corrispondenze col turbinio di emozioni che provavo.

Insomma, c’è un motivo per cui tengo ancora affisso sulla mia bacheca il biglietto del concerto di due anni fa. Se non ci fosse quello, appenderei il biglietto di quest’anno. Perché ascoltare Grigory Sokolov è sempre un’esperienza d’intensità impareggiabile.

Con oltre quarant’anni in meno si presenta invece il prossimo pianista russo che farà la sua visita alla vispa Bolzano domani sera alle 20.30 in conservatorio (non più al teatro mercantile, ripeto ancora!).
Il suo nome è Danil Trifonov e se non avete ancora sentito parlare di lui, non temete, ne sentirete molto nei prossimi tempi. Dopo il terzo posto (con svariate critiche per chi lo voleva primo) allo Chopin di Varsavia e il primo al Tchaikovsky di Mosca, il giovane Trifonov (è del ’91, se penso che ha solo due anni in più di me…) è stato lanciato sulla scena internazionale con un successo strepitoso. Con tanto di consenso della grandissima pianista Martha Argerich. E se lo dice la Martha!
Tanto per far notare, l’insegnante di Trifonov (dev’essere un bell’orgoglio!), Sergey Babayan, è in giuria alle preselezioni. Così come anche l’insegnante di Beatrice Rana, che il 2 eseguirà un concerto a Siusi allo Sciliar, ossia Benedetto Lupo. Nulla di scandaloso, in realtà, anzi! Dopo tutto nessuno ha da obiettare nulla al livello né degli insegnanti come parte della giuria delle preselezioni, sono d’altronde tutti grandi concertisti ed esperti didatti, né degli alunni come giovani concertisti, pianisti sicuramente non da poco con importanti vittorie a grandi concorsi sulle spalle.
Tanto meglio anzi. Ci mostra più chiaramente dove si muoverà il futuro. Ormai una generazione di grandissimi pianisti sta giungendo al termine. Brendel si è ritirato dalle scene, la Argerich, Perticaroli, Sokolov, Pollini e molti altri ormai sono “pianisti anziani”. Serve qualcuno che emerga e rimpiazzi il posto che questi mostri sacri stanno sempre più lasciando, dedicando spazio e attenzioni ai nuovi talenti.
Se il giovane Trifonov, domani sera, dimostrerà di saper domare un pubblico che solo due giorni prima ha ascoltato Grigory Sokolov, beh, avremo un indizio su chi ammirare nei prossimi anni.

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Comments

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There are 2 comments for this article.
    • Alessandro Tommasi · 

      Grazie infinite, lo spero anch’io! Intanto per questo Festival la maggior parte degli articoli è già stata scritta, ma non penso siano gli ultimi che scriverò per Franz!

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