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August 27, 2012

Turkish Delight #03. Istanbul-Sultanahmet- ore: 01:25

Alessandro Farina

Piove, a dirotto. Dal tetto dell’ostello ho una vista a 180° sul Bosforo, particolarmente privilegiata. L’altro versante si vede a malapena, circondato da una nebbia fitta di un colore che varia dal grigio polvere al grigio smog.

Ho passato la prima parte della mattinata infilandomi con onesta decisione all’interno del Grand Bazaar. Uno dei punti nevralgici della città, da sempre sede adibita allo commercio e alla contrattazione. Qui si vende di tutto, o meglio tutti vendono tutto e tutti vendono le stesse cose.

All’interno del dedalo di vie che forma il Bazaar si può trovare, in organizzato ordine sparso, qualsiasi tipo di merce. A patto che vi limitiate a voler comprare sciarpe in cachemir, tè, tabacco aromatizzato, lampade in vetro e scarpe di marca contraffatte.

Ci sono anche gioiellerie, caffè e ristoranti. L’intera area è visitabile in una buona mattinata, se proprio siete amanti dello shopping. Io mi sono accontentato di 2 ore. Troppo, davvero. Un parapiglia infernale, aggravato dalla pioggia battente che si è scatenata senza preavviso e che ha trasformato le viuzze in marmo in uno scivolosissimo percorso a ostacoli. Buono per chi ha intenzione di trasformare la pattinata in infradito in uno sport olimpionico.

Bello e suggestivo. Specialmente per le decorazioni delle volte e dei soffitti: in stato di semi decomposizione regalano sorrisi dai colori pastello a chi si ferma a guardarle. Da padrone la fanno il rosso, il blu scuro e l’ocra. Forse la vera anima del Bazaar è impressa nei suoi muri.

Fuori, il cielo non smette di rimproverare la città. Uno sordo mugghio fa da sottofondo al continuo strombazzare di clacson. Uno spettacolo. Mi fermo ad ammirare lo scorrere del traffico.

Qui vale la legge del “prima io”, in una piramide alimentare formata da pedoni, biciclette, scooter, macchine, autobus, tram. Meno male che i traghetti fanno parte di un altro ecosistema.

In ostello ho conosciuto Sam, ragazzo canadese di origini palestinesi che fa l’insegnante d’inglese in Giappone. Parla, corregge il mio inglese, fuma il narghilè e vuole birra. Lo accontento, birra sia. Serefe!

Si parla e parla, nel frattempo la pioggia è finita e io mi trovo con un alloggio gratis nel paese del Sol Levante. Mica male come affare.

Domani si parte per la Cappadocia. Destinazione Göreme. Più o meno 13 ore di pulmann. Anzi, di Otobus.

Una lunga trasferta che mi porterà nel cuore geografico della Turchia. Un altopiano desertico famoso in tutto il mondo per un fenomeno di erosione del terreno che ha generato i “camini delle fate”. Delle piramidi in tufo molto simili alle nostre, quelle di Renon.

Un viaggio notturno che mi porterà in Asia. Finalmente inizierò ad usare la tenda.

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