Contemporary Culture in the Alps
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Cinema,Culture + Arts

Si è spento il sole: un ricordo di Chris Marker

30.07.2012
Flavio Pintarelli
Si è spento il sole: un ricordo di Chris Marker

Fino a qualche ora fa questo era solo uno dei tanti lunedì che, di settimana in settimana, si avvicendano inesorabilmente nella mia/nostra esistenza. Questo fino a qualche ora fa. Gli indizi, a saperli cogliere, c’erano tutti. Quella foto su facebook, un like distratto, quel nome così inconsueto da suscitare in te istantanea simpatia per la persona che proprio in un ordinario lunedì mattina come tanti aveva deciso di condividere quella foto. Quella e non un’altra.

Poi, stridente come unghie sulla lavagna, leggi quella frase. È  morto Chris Marker.

Christian François Bouche-Villeneuve, in arte Chris Marker. Un uomo di cinema a tutto tondo. Regista, sceneggiatore, montatore, direttore della fotografia, produttore, fotografo. Schivo e riservato, il cineasta francese si è spento a 91 anni, il 30 luglio del 2012 (oggi), giusto il giorno dopo il suo compleanno. Forse c’è un senso in tutto questo, forse c’è una frase straordinariamente intelligente da scrivere su questa coincidenza, ma non sarò io che la scriverò e per me la coincidenza resterà tale.

La storia del cinema si ricorderà di Chris Marker come uno dei cineasti più originali e difficili che abbiano mai dato vita a immagini in movimento. Chi fa del disprezzo dell’intellettualità e dell’ironia cinica e postmoderna le sue bandiere difficilmente potrà amare il lavoro di quest’uomo. Poco male, ci sono semi destinati a crescere isolati da tutto, a resistere a dispetto delle condizioni atmosferiche ostili. Il cinema di Marker ha questa stessa forza. Il cinema di Marker è fatto di immagini e di concatenamenti tra le immagini. Di quel mescolarsi di realtà e finzione che costituisce lo spazio del reale che abitiamo.
Nasce come documentario e, col passare degli anni, si fa saggio, riflessione, pensiero in forma di fotogrammi. Pochi altri hanno saputo forzare i limiti del cinema per farne emergere l’essenza più pura. Marker è uno dei pochi, per questo lo ricordo. Per questo e per quello che ha significato nella mia vita e in quella di molti amici con cui ho condiviso e condivido il cammino.

Dal 1952 fino al 2004 l’occhio del regista francese ha registrato la realtà che lo circondava, la sua mano ha montato i frammenti di quella realtà in catene di immagini, il suo orecchio vi ha accostato suoni e musica. Così abbiamo scoperto che anche le statue muoiono quando calano notte e  nebbia in una domenica a Pechino. E su una pedana dell’aeroporto di Parigi abbiamo contemplato la meraviglia di Koumiko, nel dolce mese di maggio. Fu così che, troppo lontani dal Vietnam, ci accorgemmo che il fondo dell’aria s’era fatto rosso e ben presto rimanemmo senza sole. Non fu più possibile, allora, arrivare al quinto livello.

 

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