Culture + Arts > Performing Arts

July 18, 2012

Roberto Castello: dalla vecchiaia alla gioventù, danzando nel bosco

Lucia Munaro

Uno aspetta il festival che a luglio regolarmente, da decenni ormai, mette in fibrillazione la città di Bolzano. Gli appassionati storici della danza in primis, ma via via ogni anno anche nuovi adepti che si lasciano contagiare dalla febbre per la danza. Poi Bolzano danza arriva e sorprende con nuovi progetti che si espandono verso la periferia e coinvolgono realtà sempre diverse, che uno mai penserebbe di associare alla danza, come quest’anno anche una casa di riposo.

Oppure sostituisce il palco (e la platea) del Comunale con il bosco del Colle.

Giovedì 19 luglio e venerdì 20 luglio, nelle notti di luna nuova, l’ambiente alpino del Colle, angolo montano che rientra ancora nel territorio comunale, ospiterà lo spettacolo-evento itinerante* Vede più lontano un vecchio seduto che un giovane in piedi commissionato dal festival a Roberto Castello, uno dei tanti “figli artistici” di Carolyn Carlson presenti in questa ventottesima edizione di Bolzano danza dedicata all’incontro e al dialogo tra le generazioni.

Con questo spettacolo inoltre si rinnova la collaborazione di Bolzano danza con Alps Move. Questo è il secondo anno che la piattaforma della danza regionale in Alto Adige nata nel 2006 e diretta da Doris Plankl è invitata a partecipare a un progetto nell’ambito del festival. Nell’edizione del 2011 alcuni danzatori di Alps Move avevano interpretato la performance ideata da Abbondanza/Bertoni per il Mezzanine project all’Eurac. Alps Move raccoglie danzatori sudtirolesi, residenti sia all’estero che in regione e rappresenta quindi una realtà importante nel campo artistico locale che il festival Bolzano danza  ha scelto felicemente di non escludere.

Dello spettacolo creato site-specific e della poetica della danza abbiamo parlato con il coreografo e regista, ai margini delle prove (alcune pubbliche si tengono all’Ospedale di Bolzano) che vedono impegnati danzatori della compagnia Aldes, fondata da Castello nel 1993, e danzatori di Alps Move, insieme a cinque bambini e un anziano.

Roberto Castello, dal titolo “Vede più lontano un vecchio seduto che un giovane in piedi” si direbbe che nel confronto tra le generazioni, tema di questa edizione del festival, sono i vecchi a spuntarla?

Il titolo è in realtà un proverbio africano, mi sembra del Mali, ma quella che appare una saggezza facilmente condivisibile, testimonia anche di una sconfitta. Se davvero il vecchio fosse così lungimirante, sarebbe riuscito a trasmettere il suo sapere al più giovane.

E come sarà lo spettacolo, quale storia racconterà?

Non c’è una vera e propria struttura narrativa, si tratta piuttosto di quadri, di singole stazioni, un percorso a ritroso, si parte dalla vecchiaia per arrivare alla gioventù. Ma la storia non deve essere chiara, resta enigmatica per lasciare allo spettatore la libertà di coglierne il nesso. Se la chiarezza nel linguaggio scientifico o giornalistico è un pregio, nell’arte invece a mio avviso si deve chiedere allo spettatore di porsi in relazione con l’oggetto, di essere disposto a vivere delle epifanie. In fondo si tratta di arrivare alla radice del disordine, quello che ci rende simpatici a volte gli ubriachi, perché sfuggono al metro in cui imbrigliamo la realtà.

Resta comunque uno spettacolo di teatrodanza, oppure?

Personalmente sono contrario a usare questo termine del “teatrodanza”, anzi sto combattendo una vera e propria battaglia a questo riguardo. Citando il pioniere e teorico della danza moderna Rudolf von Laban: “La danza è tutto ciò che attiene alle potenzialità espressive del corpo umano, ivi compresa la voce”, quindi la danza è già tutto questo, senza tirare in ballo il teatro. Perché vede, spesso si confonde la danza come un’arte del corpo, mentre riguarda la persona e ci confronta con la nostra individualità.

Cos’altro è la danza, dunque, per lei?

Direi che l’intuizione che io amo della danza è che può essere considerata un esercizio alla non omologazione. Ci porta a vedere i nostri difetti come un arricchimento, a considerare con meraviglia la nostra identità individuale. La danza non è quindi un’abilità, ma uno stato della persona.

Lei negli anni Ottanta ha lavorato a fianco di Carolyn Carlson nello storico gruppo Teatro e danza La Fenice, cosa ha ricevuto da quell’esperienza?

Allora avevo vent’anni, mi ero avvicinato da poco alla danza e devo molto a Carolyn. Mi ha aiutato a capire com’ero, pur proponendomi dei modelli che non mi calzavano perfettamente. In seguito penso di essermi molto distanziato da lei. La danza però è anche questo, la possibilità di attuare un proprio percorso, di trovare un proprio filone d’espressione artistica.

* lo spettacolo è gratuito, prenotazione obbligatoria alla biglietteria del Teatro comunale tel 0471 053800, biglietto di andata e ritorno in funivia 4 €.

 La foto della prova aperta in ospedale è di Piero Tauro

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are no comments for this article.