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July 18, 2012

People I know. Amalia Vardanyan, dall’Armenia a Bolzano, passando per Le Monde

Anna Quinz

Amalia Vardanyan ha solo 24 anni, e una lunga storia dietro di sé. E davanti a sé. Arriva dall’Armenia, terra martoriata ma da lei amatissima, e da qualche mese è qui a Bolzano per un progetto di servizio civile internazionale. Lavora alla Casa di riposo Don Bosco, e in mezzo ai “suoi anziani”, canta canzoni armene, per ricordare la sua terra. Nessuno capisce le parole delle sue canzoni, ma – racconta – tutti sentono quanta nostalgia e amore c’è nel suo canto. Amalia è una giovane donna forte, coraggiosa e determinata, che pur avendo vissuto sfide per noi difficili da immaginare, mai perde la voglia di sorridere e avvolgere gli altri con la sua allegria e positività. Prima dell’Italia, la Francia, gli studi turistici e la passione per il giornalismo. Attualmente Amalia partecipa, tra l’altro,  a una sorta di “cantiere” per giovani giornalisti indetto dalla prestigiosa testata francese Le Monde, e se tutto andrà a buon fine, forse a Le Monde potrà scrivere e raccontare le sue storie. E di storie, negli occhi scuri, attenti e vivaci di Amalia, se ne leggono già molte.

Amalia, mi racconta qualcosa della sua terra l’Armenia, e della sua città?

L’Armenia è un piccolo paese lontano da qui. È una terra che ha vissuto storie tragiche: il genocidio, le guerre (l’indipendenza armena, è arrivata nei primi anni ‘90), i terremoti. Io ho vissuto la guerra quando ero bambina, non potevo uscire a giocare, sentivo gli spari e avevo paura. Poi nel 1988, c’è stato un terribile terremoto, abbiamo dovuto lasciare la nostra casa, e andare in un’altra città, Gumri, gemellata con Bolzano. È una città molto curiosa, lì i giovani sono attivi e ospitali anche se non hanno nulla. Aprono non solo la porta, ma anche il cuore. Tutti gli scrittori e i compositori armeni arrivano da Gumri, abbiamo tanti musei e chiese. In Armenia siamo molto credenti, e se anche non abbiamo le case, costruiamo chiese, che sono state sempre un po’ come una “schiena” per tutti i problemi. Siamo forti, perché anche dopo la guerra, il terremoto e il genocidio, abbiamo sempre trovato le soluzioni per andare avanti. E se anche ci sono tanti problemi, scherziamo sempre, ridiamo e crediamo. Proprio perché da noi si scherza molto, quando sono stata a Napoli mi sono sentita a casa. I bolzanini sono più chiusi e freddi, questo è stato un po’ uno choc all’inizio…

Dunque, quale il primo impatto con Bolzano? E ora?

Appena arrivata, non parlavo italiano, non sapevo dove andare, mi sono persa. Dopo un mese che ero qui, alla domanda “come stai?” Rispondevo che mi sentivo come nella giungla! Parlavo a gesti, non capivo nulla o capivo cose sbagliate. Tutti dicevano sempre “ciao”, pensavo fosse una parolaccia… Pian piano però ho imparato la lingua e mi sono sentita sempre meglio, e ora sto molto bene. La città non è grande né piccola, è pulita e mi sento sicura, come nella mia città. Qui ho fatto grandi avventure. Ho conosciuto gente bella e fatto belle esperienze. Adesso tante persone mi conoscono e mi salutano per strada, come fossi a Gumri.

Anche Gumri, come Bolzano, è una città di confine. Quali differenze vedi tra queste due realtà di frontiera?

Quando mi sveglio la mattina a casa mia, vedo il monte Ararat, che fa parte della grande tradizione dell’Armenia, ma che è dall’altra parte del confine, in Turchia. Questo mi rende triste perché non posso andare al di là, per vedere le città e luoghi della storia dell’Armenia, che ora si trovano in Turchia. Guardo quello che è vicino a me, ma che sembra lontano perché non posso toccarlo e andarci. Qui è diverso, siete più fortunati, i confini sono “leggeri” e la situazione molto più serena.

Da dove deriva la scelta di lavorare con gli anziani?

Avevo già esperienza in questo ambito, avevo già lavorato con anziani, con bambini e con bambini con problemi fisici o sordomuti. Quello che è importante per me è poter aiutare queste persone. Quando accudisco un anziano, la sua gioia  è la mia gioia, la sua tristezza è la mia tristezza. Così dopo l’università ho deciso di voler fare questa esperienza in Italia. Ma non sono venuta qui solo per questo lavoro, ma anche per conoscere un’altra cultura. Ho studiato turismo, mi interessa conoscere i luoghi e le loro storie, conoscevo già la cultura francese, volevo conoscere anche quella italiana.

Quali i prossimi passi della sua vita? Cosa sogna per il suo futuro?

I grandi obiettivi della mia vita li ho realizzati. Ora ho preso un po’ di vacanza. Ho fatto una carriera bellissima e per una ragazza come me, con poche possibilità di partenza, è una grande cosa. Ora non mi resta che creare una simpatica famiglia, avere dei bambini, trovare il mio angolo per vivere. Non importa dove esso sia, voglio solo vivere tranquilla, senza guerra, in armonia e amore. Ho viaggiato tanto, ma credo che per avere una buona educazione e tutto il meglio che la vita può dare, vorrei tornare in Armenia, il mio piccolo grande paese, un museo sotto il cielo, che amo tanto.

Pubblicato su Corriere dell’Alto Adige del 15 luglio 2012

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