Visioni del corpo. Intervista a Pippo Delbono

Sono corpi senza filtri e senza vergogna, quelli che Pippo Delbono ci ha concesso il privilegio di vedere e sentire profondamente, nel corso del suo lungo cammino artistico. Sono corpi che non mentono e che attraverso la loro archetipica verità si fanno arte e messaggio, laddove la parola non arriva ad esprimere quell’«oltre» e quel «dentro» che siamo. A Pippo Delbono, al suo teatro, al suo cinema, alla sua poetica, e al tema del corpo nelle sue molteplici declinazioni è dedicata la rassegna Futuro Presente (www.orienteoccidente.it) che si svolgerà a Rovereto dal 15 al 17 giugno.
Pippo Delbono, il focus di Futuro Presente verterà in questa edizione sul tema «Visioni del corpo». Qual è e quale stata la funzione del corpo nella costruzione della sua poetica artistica?
«Il corpo è l’elemento che mi ha accompagnato fin dall’inizio della mia formazione, quando attinsi alla cultura orientale per cui l’attore è anche danzatore, non fa differenze tra le due discipline. Il corpo è stato importante per tutta la costruzione del mio percorso e questa strada mi è rimasta incisa profondamente: ha segnato i momenti caratterizzati da lotte e da dolori, in cui non volevo dare affidamento al pensiero. Nei momenti in cui porti ferite, i pensieri sono sempre brutti, bui. In quelle circostanze mi sono attaccato al corpo, grazie anche ai maestri orientali, a Pina Bausch, all’incontro con altri corpi, a Bobò (elemento fondamentale della compagnia, che Delbono ha strappato al manicomio per farne un membro imprescindibile della sua famiglia, ndr), in modo che fosse il corpo stesso a dire, a raccontare. Vi è una grande drammatizzazione nelle possibilità del corpo, anche quando invecchia, soprattutto quando la sua estetica è lontana dagli stereotipi. Nel corpo c’è silenzio, verità, poesia».
In occasione della sua presenza al festival, mercoledì e giovedì prossimi terrà anche un seminario per professionisti sul corpo, sul gesto e sulla risonanza della voce. Come si svilupperà?
«Al laboratorio abbiamo avuto moltissimi iscritti, da tutta Italia e dall’estero. Non me la sono sentita di escludere, di scegliere un partecipante piuttosto che un altro. Faccio fatica in queste cose. Abbiamo pertanto pensato di fare una doppia sessione, una full immersion di più ore dove le persone possano lavorare e assistere al lavoro. Sarà un’esperienza in cui ci butteremo appieno per due giorni, destabilizzante, perché nella destabilizzazione risiede l’esperienza più importante, la crescita. Nella destabilizzazione si crea l’apertura».
A Rovereto, venerdì prossimo alle 21, si potrà anche assistere al suo ultimo spettacolo «Dopo la battaglia», vincitore del Premio Ubu 2011. Ce ne parli.
«In Dopo la battaglia appare mia madre in video e la data di Rovereto sarà la prima senza di lei (la madre di Delbono è morta lo scorso 22 maggio, ndr). È uno spettacolo che vuole, attraversando il dolore, le prigioni, l’incomunicabilità, provare a rimettere la danza, il volo, la libertà di movimento al centro. Vuole riprendersi la libertà del volo. Il lavoro è dedicato a Bobò, che ancora una volta rimane fondamentale e protagonista. Nello spettacolo c’è un duetto di Bobò con l’étoile dell’Opera di Parigi Marie Agnes Gillot, che vale tutto il lavoro (Marie-Agnès Gillot, Delbono, Bobò e Leonetta Bentivoglio terranno l’incontro Il corpo che danza venerdì 15 alle 16, ndr). C’è poi il violino dal vivo con le musiche originali di Alexander Balanescu, che terrà un concerto la domenica successiva con il suo quartetto. C’è, anche, la voce di Giovanni Senzani, leader storico delle Brigate Rosse, che si è avvicinato al mio lavoro e con il quale condivido infiniti discorsi sulla fede, sul dolore, sulla speranza».
Pubblicato su Corriere dell’Alto Adige l’8 giugno 2012