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June 6, 2012

People I know. Ruediger Witcher: bagagli (di vita), per il viaggio e per l’arte

Anna Quinz

Uno sguardo attento e vispo, che osserva il mondo da dietro enormi occhiali neri. Mani in continuo movimento, per sentire e toccare le cose, per conoscerle e poi crearne di nuove. Parole in libertà che saltano, con la leggerezza data solo a chi ha vissuto a lungo con una valigia in mano, da una lingua all’altra in un melting pot linguistico colorato e avvolgente. Un sorriso che, sempre per chi ha messo per un po’ la propria vita in valigia, è capace di sentire e far sentire sempre a casa. Questo è Ruediger Witcher, brissinese classe ‘79, che nella vita fa il sales manager per un’azienda locale, ma anche l’artista, il designer e il viaggiatore. Il cognome così poco altoatesino, lo deve al padre, americano originario di Richmond in Virginia, che ha conosciuto la mamma di “Rudi” a Riva del Garda e che poi in Alto Adige ha messo radici. Il nome invece arriva dal nonno di origini germaniche/austriache. Il mix di culture che ha ereditato dalla nascita, l’ha portato a sentire il “nomadismo”, come naturale e così, ha viaggiato Ruediger, sempre e comunque, anche con il pensiero e le idee. Oggi è un uomo che riempie di storie e di energia ciò che lo circonda, che guarda e curiosa dentro le cose e le persone e fa tesoro di ogni piccolo dettaglio, mettendolo poi a disposizione non solo della sua creatività, ma anche e soprattutto dell’atmosfera sorridente e variopinta che riesce a creare attorno a sé.

È nato a Riva del Garda, vive a Bressanone, passando per tanti altri luoghi. Come è partito il “viaggio” della sua vita, e come è arrivato dove è ora?

La prima tappa è stata, Ibiza, subito dopo la scuola di odontoiatria. In quel momento, anche perché la mia non era una famiglia “istituzionale”, sentivo il bisogno di conoscere meglio me stesso, di cercare l’indipendenza, e di imparare a cavarmela da solo. Così ho fatto la valigia, l’ho riempita con la pura voglia di evasione e con il desiderio di trovare qualcosa di diverso rispetto a quello che mi circondava quotidianamente e sono partito. Nel tempo e nei luoghi, ho imparato tanti e nuovi lavori e ho iniziato ad appassionarmi all’arte e al design. Questa passione mi ha portato a spostarmi a Parigi, per poi approdare, nel sud della Francia, e poi a Londra. Sono spesso tornato anche in Italia, nella zona di Firenze, dove per un po’ ho lavorato nella moda. Il mio intento era quello di lavorare in Italia o in Europa. Una serie di eventi mi ha sopraffatto, e ho dunque scelto di lavorare e vivere qui a Bressanone.

Lavora in un’azienda, ma è anche artista, designer, creativo. Come si conciliano questi due aspetti professionali e di vita, dalla cravatta della vita aziendale alla libertà dell’arte?

Mi alzo tutte le mattina alle 7 per essere al lavoro alle 8 e continuare fino alle 18. Tutto questo per potermi permettere di comprare materiali (colori, tele, pennelli ecc) e poter fare quello che amo di più. Sono poche le persone che riescono a vivere solo di arte e passioni, il mio lavoro aziendale però, mi stimola a dare sempre il meglio e a tenere attiva la mente.

Nel suo parlare, entrano spesso parole inglesi, francesi… In che modo il conoscere tante lingue (e di conseguenza culture diverse) l’ha aiutata nella vita, nel lavoro e nello stare nel multilingue Alto Adige?

Vivendo per anni la vita da nomade moderno, mi viene istintivo usare termini “stranieri”, anche perché in realtà, non si possono tradurre letteralmente in italiano o tedesco. Conoscere e usare le lingue, ma anche il potermi confrontare con idee e pensieri di paesi diversi, mi ha aiutato molto nel prendere alcune decisioni importanti nella mia vita. Nello stesso tempo, non mi sono mai sentito un estraneo in nessun luogo, avendo avuto la fortuna di crescere con un’educazione trilingue.

Sempre in tema di lingue e di mix culturali, dove crede, anche rispetto alle sue esperienze internazionali, che l’Alto Adige potrebbe migliorare in termini di “convivenza”?

Penso che questa regione abbia tanto potenziale da sfruttare al meglio, come appunto la grande possibilità dell’apprendimento immediato di due lingue se non tre, che porta noi altoatesini ad ampliare automaticamente il raggio d’interesse nei confronti del largo mondo. Se pensiamo alle aziende leader mondiali che hanno sede in Alto Adige, possiamo essere fieri di convivere e rappresentare questo piccolo nido dorato.

Bressanone non è certo l’ombelico del mondo… Cosa la tiene attaccato a questa terra e cosa invece la delude?

Mi piace vivere a Bressanone o meglio, mi piace avere la mia base qui, e poi sentirmi libero di spostarmi. Vado e torno ad esempio dagli Stati Uniti, e mi avvicino così ad una parte delle mie radici. Se poi osservo da un’altra prospettiva l’Alto Adige, mi reputo fortunato di vivere qui, anche se dal punto di vista culturale, Bressanone ha un’offerta abbastanza ridotta. Ecco perché mi devo muovere in ogni caso per soddisfare le mie esigenze, anche se solo in provincia. Questa è l’unica mancanza che sento, che mi porta a non accontentarmi della mia terra e che mi fa sentire continuamente il bisogno di prendere una valigia e partire, per scoprire qualcosa di nuovo.

In che modo la creatività e l’arte influenzano il suo quotidiano? Lavorando nel marketing e nella vendita, riesce a portare nell’arte esperienze utili? È insomma un artista che si sa vendere?

Il mio lavoro nel marketing e nella vendita, mi porta a poter interagire ogni giorno con aziende di tutta Europa. Parlo la loro lingua, leggo la stampa estera, e ricevo così nuovi stimoli rispetto a quello che è l’informazione odierna. Questo mi permette di rivedere e rileggere le informazioni, per trasformarle in pratica nella creazione delle mie opere o dei miei mobili. Quindi, la mia concretezza artistica, si riferisce a questo rullo costante di opinioni, idee, ideologie, sensi di appartenenza, effigi mentali e schemi, che vengono comunicati e prodotti dall’industria culturale, del bagaglio di nozioni coeva. È bello riuscire nell’intento di creare, vendere e vivere di ciò che si crea. Ma sottolineo che ogni individuo, in quel che fa,  può essere il proprio manager. Non solo l’artista o il venditore.

Ruediger Witcher, è il coordinatore (oltre che uno degli artisti in mostra) dell’evento “Butch- ennial”, una piattaforma libera per l’arte, che inaugurerà sabato 9 giugno nei suggestivi spazi di via Macello 47. In questa occasione, in questo spazio e tempo, artisti altoatesini e trentini, metteranno in gioco – e forse anche in discussione – il proprio lavoro artistico, ponendosi liberi e indipendenti, in relazione con il contesto circostante. Maggiori info qui.

 Pubblicato su Corriere dell’Alto Adige del 3 giugno 2012

 

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