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June 6, 2012

Come la moda futurista ci ha ispirato e come la moda altoatesina ha ispirato un futurista

Anna Quinz

moda futurista

Se a un certo punto gli abiti hanno smesso di essere noiosi, uniformi e desolanti. Se l’anticonformismo ha permesso di aprire il guardaroba all’espressione di nuovi sentimenti oltre a quello dell’uniformità. Se il colore, anche acceso e violento, ha iniziato a rendere molto più allegri i nostri armadi. Se i tagli asimmetrici hanno aperto frontiere inaspettate nelle forme dei nostri vestiti e nelle teste degli stilisti più originali. Se usiamo la tuta e la troviamo comoda, pratica e funzionale. Se abbiamo scoperto materiali da indossare sconosciuti alle nostre bisnonne.

Se oggi la moda può nel nostro quotidiano tutte queste cose, un po’ lo dobbiamo anche alla creatività, al desiderio e all’eccentricità dei futuristi. Si perché se le questo movimento ha potuto avvalersi del nome di “avanguardia”, non è solo per le novità messe in atto nel campo dell’arte, del teatro o della musica, ma anche della moda, considerata peraltro dai futuristi stessi, un’arte al pari delle altre appena citate.

tuta futurista Dalla cravatta alla tuta appunto, inventata dal genio creativo dell’eclettico Thayaht, i futuristi hanno infatti ipotizzato nei primi decenni del secolo scorso anche una serie di innovazioni e di rivoluzioni in ambito vestimentario, che ancora oggi fanno parte del nostro armadio. Certo tutti conosciamo la liberazione messa in atto sul corpo femminile di Madame Coco Chanel, ma anche i “ragazzacci” futuristi, in questo processo di liberazione hanno messo lo zampino.

Thayaht è certo il futurista a cui subito si pensa quando si parla di moda, ma forse pochi sanno che un altro futurista, Umberto Bonetti, ha detto la sua in questo ambito creativo, e per di più, molta dell’ispirazione dei suoi abiti, l’ha presa proprio qui, in Alto Adige.

S145enza entrare nei dettagli che hanno portato Bonetti a Bolzano – dettagli che si possono scoprire domani, durante la Lunga Notte del Futurismo, che guiderà il pubblico attraverso la bella mostra lui dedicata alla Galleria Civica di Bolzano – possiamo però fare un accenno alla fascinazione dell’artista per i costumi e gli abiti della nostra cara tradizione locale. Bonetti infatti studiò attentamente gli abiti altoatesini, quelli della festa della domenica in paese, per intenderci, e quelli che oggi tanto sono tornati negli onori della cronaca “a la mode” (anche se, ancora relegati all’uso “in occasioni particolari”, poco adatti cioè al quotidiano, all’ufficio o al caffè con le amiche in centro).
I tagli e le fogge, i dettagli delle stoffe e dei ricami, i colli importanti o le bordure, i disegni sui cinturoni, i cappelli e le fantasie: tutti questi elementi hanno colpito l’occhio attento dell’esteta Bonetti, che ha saputo poi riprenderli nei suoi bozzetti, per dare vita a modelli assolutamente perfetti non più solo per la festa della domenica, ma anzi soprattutto per la vita di ogni giorno. I disegni, visibili in mostra, presentano abiti dalle linee e dalle forme assolutamente contemporanei, anche per il corpo e il gusto vestimentario di oggi, cosa che colpisce, se si pensa che risagono a parecchi decenni fa. E non si tratta di un recupero “vintage”, tanto in voga di questi tempi, ma di abiti che davvero potrebbero essere stati disegnati ieri e presentati sulle passerelle del pret a porter. Un lavoro affascinante, quello di Bonetti, soprattutto se visto da noi altoatesini, che tanto cuore abbiamo – o potremmo avere – i nostri begli abiti tradizionali, letti dall’artista però in una pura chiave estetica, slegata pertanto da pastoie storico-sociali, etniche né tantomeno politiche. Bonetti qui ha trovato abiti belli, fatti in tessuti interessanti, arricchiti da decori esteticamente rilevanti. Da questi abiti belli si è fatto ispirare, per creare altri abiti belli. Che è poi quello che, negli ultimi decenni, ha fatto tutta la storia della moda. Nulla si crea più nella moda, nulla si distrugge. Tutto si trasforma. E Bonetti, attento e curioso, ha trasformato. Chissà che oggi, qualche stilista altrettanto illuminato, decida di non creare, ne distruggere, ma trasformare, gli abiti belli della nostra terra.

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