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June 1, 2012

Aerodanze futuriste: il volo della danza “disarmonica, sgarbata, antigraziosa”

Anna Quinz

Danzare, è un po’ come volare. Il danzatore aspira al superamento dei limiti corporei e gravitazionali, per elevarsi, nella forma e nello spirito. L’aviatore sfida l’umana condizione, per librarsi nell’aria, elemento a lui di natura precluso. Il danzatore è dinamico e veloce, l’aviatore è dinamico e veloce. La danza e il volo, dunque, sono espressioni di dinamismo, movimento, velocità. La danza e il volo, esprimono sentimenti e slanci umani, esprimono sfide ed emozioni. La danza e il volo, erano, per questi motivi, amate dai futuristi, che su dinamismo, velocità, movimento e sfida, hanno fondato il proprio pensiero. Ecco perché, come appare evidente, la danza del futurismo, è in realtà una “aerodanza”, ispirata e vicina ai principi del volo (inteso anche come segno di modernità e evoluzione, altri concetti tanto cari a Marinetti e compagni). Principale volto, e corpo, dell’aerodanza, fu Giannina Censi, che danzava gli aeropoemi di Marinetti,in una danza “disarmonica, sgarbata, antigraziosa, asimmetrica, sintetica, dinamica, parola libera”, come la definì lo stesso autore futurista. La danzatrice, attraverso le sue coreografie, cercava dunque di tradurre in movimento non solo le sensazioni del volo, ma anche la meraviglia dell’aereo, la miracolosa macchina che, vera e propria protesi del corpo umano, permette la concretizzazione della sfida contro la natura. Ecco perché durante le sue performance, la Censi indossava un costume di raso lucido color alluminio, con cuffia d’aviatrice in testa, ideato da Enrico Prampolini, che ben rappresentava e simboleggiava, l’aviatore e il suo “prolungamento meccanico”.

Un assaggio di questa danza, sarà regalato al pubblico bolzanino, grazie all’attento lavoro di ricostruzione fatto dalla coreografa Flavia Bucciero, durante la Lunga Notte del Futurismo, l’8 giugno. Abbiamo intervistato la coreografa, per scoprire qualcosa in più sull’aerodanza futurista.

Quando, come e perché è iniziato il vostro lavoro di ricerca, ricostruzione e riproposizione della danza futurista?

La ricerca è iniziata qualche anno fa, quando in occasione di una mostra siamo stati invitati a creare un brano di danza ispirato al futurismo. Il pezzo che presentiamo a Bolzano è più lungo, e pertanto ha richiesto un lavoro ulteriore su questo tema. La danza nel futurismo è un elemento significativo, in particolare quella di Giannina Censi, a cui ci siamo ispirati in particolare. La sua ricerca coreografica infatti rappresenta, per quei tempi, una visione moderna del fare danza, che si rifaceva allo stesso Manifesto futurista della danza, che inneggiava a un movimento disarmonico, asimettrico, sgarbato… una visione, in sostanza estremamente “contemporanea”, rispetto all’accademismo del tempo, che la pone nel novero degli innovatori, accanto a Isadora Duncan o Vaslav Nijinsky.

Come vi siete mossi, nella ricerca e poi nella coreografia? Quale valore ha avuto per voi questo lavoro, così particolare, nel panorama della danza contemporanea?

È stato un lavoro molto interessante, che ci ha permesso via via di scoprire molte cose. Principalmente ci siamo basati sulle immagini dell’epoca e sui testi a cui fare riferimento, come appunto il Manifesto futurista. L’aderenza e l’accuratezza storica sono fondamentali, ma non ci siamo fermati a questo. Era importante infatti per noi, riuscire ad aggiungere un interpretazione libera e personale, per fare un passo in avanti rispetto alla mera riproposizione.  E poi, è stato un forte stimolo per il nostro lavoro, poter andare alla sorgente di personaggi come la Censi, che è riuscita a mettere in discussione i principi della danza accademica, a creare una rottura del “sistema danza” dell’epoca, dando un impulso forte alla danza contemporanea. Che è quella in cui ci muoviamo noi, alla fin fine.

Il corpo danzante dell’epoca della Censi era molto diverso dal corpo danzante di oggi. Come muoversi in questa differenza?

Come detto, la Censi era una che per la sua epoca osava molto. Certo i criteri di lavoro sul corpo sono mutati molto, da allora a oggi, ma l’essere così “moderna” della Censi, ci ha fatto ritrovare equilibri in crisi, virtuosismi, riferimenti a dinamismo e ritmica, che sono molto innovativi rispetto al resto della danza di quel tempo. Partendo da questi elementi, siamo andati a costruire il nostro lavoro coreografico e corporeo, partendo dalle immagini e dai testi, abbiamo poi provato a sviluppare e trovare nuove forme e nuove vie di questo “andare oltre i limiti”. In sostanza, più che ripetere meramente i singoli movimenti della danza della Censi, ci siamo rifatti ai principi da essi espressi. Procedendo in questo lavoro di ricerca e sviluppo, è nata la nostra coreografia.

Una riflessione, rispetto al lavoro svolto, sul legame tra la danza e il concetto di volo? In particolare in relazione a questo progetto coreografico, naturalmente.

Certo, il volo è un riferimento che il danzatore ha sempre nel suo lavoro. Ma lavorando sulla danza della Censi, ci siamo accorti dell’interessante contrasto tra la fisicità forte del volo inteso come fatto materiale, meccanico, fortemente corporeo e legato all’apparecchio aereo nella sua materialità, e la volontà di andare verso l’alto, di elevarsi. Questo contrasto, questa sfida tra peso corporeo e perdita del senso di gravità, sono stati elementi interessanti da esplorare.

 

La performance “Danzaerea” (Coreografia: Flavia Bucciero, Musiche: Luigi Russolo, Luigi Grandi, Danzatrice interprete: Laura Feresin) sarà visibile durante la LUNGA NOTTE DEL FUTURISMO, nel Chiostro dei Domenicani, alle ore 20.30 e 23.30.

 Fotografie di Gianluigi Premuda

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