Forse non ‘Tutti i nostri desideri’

Più che mai attuale il lavoro di Philippe Lioret ‘Tutti i nostri desideri’, uscito in Francia nel novembre del 2011 e nelle sale italiane in questi giorni, grazie alla neonata casa di distribuzione Parthénos e liberamente ispirato al romanzo di Emmanuel Carrère ‘Vite che non sono la mia’.

Un ritratto dei malesseri sociali che affligono la Francia come l’Italia o il resto del mondo, la crisi economica che avanza incessantemente, i debiti che strangolano soprattutto sempre i più deboli, l’indifferenza dei molti, di coloro in particolare che dovrebbero difenderli e infine la malattia come un monito, quando meno ce l’aspettiamo a scambiare le carte e incrociare i destini.

La protagonista, una giovane magistrato di Lione, cerca di peroare la causa della madre di una compagna di classe di sua figlia, in lotta contro gli Istituti di credito. In questa battaglia, che ci ricorda il Don Chiscotte contro i mulini a vento, è aiutata e sostenuta dal collega più anziano, ma determinato e risoluto, un bellissimo Vincent Lindon, che lotterà con lei fino alla fine. Tra i due nascerà un’affinità lavorativa, la condivisione di un obiettivo e soprattutto un legame affettivo, mai detto, celato ma sempre più potente e intimo.

Philippe Lioret riesce con grande naturalezza e sensibilità ad affrontare temi sociali, come già nel precedente ‘Welcome’, senza mai cadere nel sentimentalismo e senza mai banalizzare. Il suo sguardo non è di compassione, ma cade con oggettività sugli aspetti più umani della nostra vita.

Dopo una partenza col botto in Francia il successo del film è stato oscurato dalla contemporanea uscita della commedia ‘Quasi amici’ di Olivier Nakache ed Eric Toledano, che abilmente gioca sui ‘buoni sentimenti’ e inevitabilmente ha ottenuto il maggior numero di spettatori al botteghino. Ma il mondo non è popolato di fiabe e la normalità di ‘Tutti i nostri desideri’ è il suo punto di forza.

E ancora una volta il cinema francese riesce a regalarci una perla di regia e recitazione.