Un gran finale con l’armonica di Littera per stagione della Haydn

11.05.2012
Un gran finale con l’armonica di Littera per stagione della Haydn
Uno dei migliori solisti di questa stagione sinfonica ha affiancato il direttore ungherese György G. Ráth all’ultimo concerto dell’Orchestra Haydn, martedì scorso presso la sede, l’Auditorium di Bolzano. Si tratta di Gianluca Littera, che è salito sul palco a mani vuote, con il suo strumento nascosto in tasca. Ma quale minuscolo strumento può nascondersi semplicemente in una tasca dei calzoni? Una armonica a bocca! Una semplicissima, popolare, celebre armonica a bocca.
A leggere la presentazione sul libretto di sala a firma dello stesso Littera abbiamo un moto di simpatia e di ammirazione. Finalmente un musicista che sa innovare, che è in grado di presentarsi con freschezza, che sembra aver fatto della sua strana passione l’unico motore della sua carriera. Vale la pena riportare per esteso come l’armonicista descrive il suo colpo di fulmine per l’armonica, dopo aver già archiviato un diploma in viola col massimo dei voti e menzione d’onore. «La scoperta dell’armonica cromatica porta una data precisa: quella della partecipazione di Mina a Canzonissima, e in particolare la sua interpretazione di Non gioco più, in cui duettava con il grande jazzista Toots Thielemans. Questo fu il mio primo impatto con il nuovo strumento dal suono caldo, penetrante e armonico, di cui mi colpirono subito – oltre el sonorità avvolgenti – l’essenzialità, il minimalismo, ossia l’unione di piccole dimensioni e, nonstante ciò, la possibilità di ottenere colori e timbri affascinanti. La leggerezza dello strumento mi lasciava inoltre presagire che potesse diventare il compagno di avventure ideale d’una vita, come quella d’ogni adolescente, segnata dai tratti errabondi della scoperta della libertà. E così fu».
I brani interpretati l’altra sera da Littera, pescati dal raro repertorio per armonica e orchestra, a dire il vero non sono capolavori. Soprattutto per qualto riguarda ilConcerto n. 2 di Graham Whettam, una composizione un po’ blanda, da colonna sonora, molto sfilacciata e poco chiara. Molto più gradevole il secondo pezzo della serata, Prelude and Dance di Robert Farnon, dai toni brillanti e ben articolato. Il solista mostra in quest’occasione una grande scioltezza unita a una bella sensibilità musicale. Alla sua armonica sembra davvero che non manchi nulla, articolazione nelle sfumature dinamiche, intensità nel dialogo con gli orchestrali, insomma espressività. Ma è nel bis che il musicista dà il meglio di sé, presentando una composizione di Astor Piazzolla da lui stesso arrangiata per armonica e orchestra. Un tango dolce e sensuale, con il canto dello strumento solista che vola in alto, che penetra nell’immaginario labirinto di chi ascolta con la sinuositá di un serpente. Attraverso le pieghe della comunicazione, l’armonica di Littera sa parlare senza filtri e senza pose, in modo sincero, evocativo, coinvolgente.
Grande prova anche nel secondo tempo del concerto, che ha visto il direttore Ráth alle prese con la Prima Sinfonia di un autore ungherese quasi dimenticato, Ernö von Dohnányi. Si tratta di un’opera molto convincente, passionale ma lucida nella forma, sapientemente melodica, ricca di passaggi all’unisono come di momenti di massa sonora densa e potente.
E la grande passione che lega il direttore a questo sfortunato compositore è emersa a grandi lettere sul palco dell’Auditorium. Un György G. Ráth molto concentrato e convinto della sua linea, della sua “missione”. Insomma un compositore che abbiamo riscoperto molto volentieri, in una forma davvero coinvolgente.
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