Hunger: Bobby Sands, un giorno della mia vita

Hunger: Bobby Sands, un giorno della mia vita
VOTO: 9
Un vero capolavoro l’opera prima del regista di Shame, Steve McQueen, con la pellicola intitolata Hunger al suo primo lungometraggio, dedicato alla vicenda politica e umana di Bobby Sands.
Il film ripercorre con lucidità e talento uno dei tanti momenti della lotta per la libertà dell’Irlanda del Nord, attraverso i gesti, le parole e le idee di Bobby Sands, militante dell’Ira morto in carcere dopo sessantasei giorni di sciopero della fame, nel 1981 a ventisette anni, insieme ad altri nove compagni.
McQueen è attento soprattutto ai dettagli, in una visione quasi geometrica si sofferma sulle nocche insanguinate degli agenti di custodia, sulle pareti coperte di escrementi, sui corridoi del carcere, sui cancelli, sulle dita dei detenuti, sui loro corpi, sugli sguardi senza farci quasi mai uscire dalla prigione. Si sofferma su una piuma, leggera come un corpo senza più vita. Racconta con i silenzi dell’umiliazione fisica e psicologica a cui sono stati sottoposti i detenuti che hanno scelto con le loro proteste di lottare e di non arrendersi, per rivendicare i loro diritti politici e umani. La voce in originale della Thatcher, che ha abolito lo status di prigioniero politico, ci scuote dall’angoscia delle barbarie e il colloquio di Bobby con il prete (un eccezionale Fassbender e un altrettanto bravo Cunningham) ci raccontano il perché di una lotta in una ripresa fissa di rara bellezza.
Un grande esordio per il regista che in questo preludio alla sua più tormentata pellicola Shame è già cultore ossessionato del corpo e dei suoi linguaggi nelle molteplici sfaccettature.
Un film di grande potenza visiva, realmente straordinario e tristemente reale, al quale aggiungere parole non può servire per donare sollievo.
‘Alcuni non avevano pensieri di vittoria,
Ma erano andati a morire
Perché lo spirito dell’Irlanda fosse più grande
E il suo cuore si elevasse in alto.
Eppure, chissà cosa ancora deve accadere’
W.B. Yeats