Trento Film Festival: Secondo giorno di cinema e montagna

Trento Film Festival: Secondo giorno di cinema e montagna
Si è dovuto attendere il secondo giorno di programmazione perché il pubblico trentino iniziasse ad affollare gli eventi speciali del 60° Trento Film Festival.
Un vero peccato, considerato che la prémiere, giovedì sera, di L.I. Lingua Imperii, lo spettacolo teatrale della giovane compagnia di Castelfranco Veneto Anagoor diretto da Simone Derai, avrebbe meritato un pubblico decisamente più numeroso di quello che si è registrato in un Auditorium S. Chiara ahinoi semivuoto.
Con una struttura cadenzata dai dialoghi tra l’SS Haupsturmfuhrer Aue e il Leutnant Voss – ambientati durante le operazioni di penetrazione dell’area caucasica da parte delle armate tedesche e tratti dal romanzo di Jonathan Littell Le Benevole – L.I. Lingua Imperii inizia dalla mitologia (rievocando il sacrificio di Ifigenia: la scena successiva, su cui si dipanano e si sovrappongono i Consigli a un genitore in lutto è forse la più toccante dell’intero spettacolo – e si trova nella prima parte, mettendo subito in chiaro quali saranno i toni), prosegue con la Storia ed evita le metafore, andando a toccare i nervi scoperti dell’Occidente riconciliato, come quando nei bellissimi monologhi, procedendo e affondando nella melma di sangue – anche questa tutt’altro che metaforica – della guerra e dei massacri, ci ricorda di Srebrenica.
E notevole è anche il lavoro svolto sulle musiche, originali e non, in particolare sulla tradizione musicale armena, di cui la giovane cantante, depositaria ideale del patrimonio culturale di un popolo offeso da un genocidio spesso ancora colpevolmente ignorato: Lingua Imperii è infatti la lingua dell’impero inteso come dominio, la lingua e l’alfabeto imposti a un popolo sottomesso, il linguaggio della violenza.
Tutto questo sullo sfondo di una regione, il Caucaso, che è stata crocevia di viaggi e commerci, scambi, ma anche, suo malgrado, epicentro della memoria di violazioni e cacce all’uomo, e che tuttavia, grazie alla sua natura di sacca protetta e alle circa cinquanta lingue che vi si parlano, ha permesso alle identità etniche che la abitano di resistere e persistere.
Più affollata la serata di venerdì, sempre all’auditorium S. Chiara, con la proiezione di The Great White Silence (1924) di Herbert Ponting, sonorizzata live da Simon Fisher Turner, accompagnato dagli archi dell’Elysian Quartet. Il nitore e la ritrovata potenza delle immagini – tutt’ora tra le migliori documentazioni visive dell’Antartide – uniti alla scelta filologicamente corretta di mantenere le colorazioni originali, testimoniano l’alta qualità del restauro curato dal British Film Institute, mentre l’accompagnamento – anche se in questo caso il termine risulta piuttosto riduttivo – di Turner (al pianoforte e laptop) e dell’Elysian Quartet rende al meglio i passaggi dai più leggeri momenti di vita quotidiana a contatto con la natura dell’Antartide alle fasi in cui la spedizione assume le tinte di una discesa agli inferi, con l’irruzione di distese di elementi elettronici e drones a rendere i toni più cupi (e a ricordarci il passato new wave del musicista: Simon Fisher Turner dalla fine degli Anni ’70 in poi ha fatto parte di progetti e band come The The e King of Luxembourg, ha inciso per la Creation di Alan McGee, ha realizzato colonne sonore per Derek Jarman. Insomma un rispettabilissimo curriculum di british new wave, nonché coolness a palate).
Il Festival prosegue ed entra nel vivo sabato, con le prime proiezioni del Concorso e delle sezioni collaterali.