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April 20, 2012
Viaggio a Edinburgh: il Festival della scienza
Cornelia Dell'Eva
Edinburgh è la città dei festival. Te ne accorgi subito se entri al Fringe Office, sulla High Street: colorati e ben in fila ci sono i programmi dei 12 festival che nel corso dell’anno si avvicendano per le strade e nei teatri della capitale scozzese: si va dall’International Festival al Military Tatoo, da quello celeberrimo degli artisti di strada al Book Festival. Noi siamo qui per il Festival della scienza: due settimane di programma per un pubblico di tutte le età.
Sono gli ultimi giorni dell’edizione 2012 ma facciamo ancora in tempo a scegliere tra diversi appuntamenti. Tappa numero uno: la grande tenda che la BBC ha installato vicino alla National Gallery, all’ombra del castello medievale che domina la città. Neanche il tempo di entrare e ci troviamo circondate da studenti universitari che nelle loro magliette variopinte ci illustrano con incredibile entusiasmo alcuni esperimenti. C’è il misuratore di decibel ed è in corso una gara a chi urla più forte. Una signora dall’aria composta ha la meglio su tutti: fa sobbalzare la tenda intera. Poco più in là un attrezzo azionato a mano ricava idrogeno dall’acqua e ne usa la forza propulsiva per sparare in aria un razzo gommoso. Una ragazza rossa e azzurra ci spiega, con una pronuncia al limite del comprensibile, come si creano i profumi, mentre i suoi colleghi mescolano liquidi di tutti i colori ottenendo bolle, chiazze e mulinelli. Sembra una Lunga Notte della Ricerca in grande. Certo che qui hanno un’esperienza di 25 anni, e si vede. Ci sono anche gli studenti di neurologia: con il nostro aiuto vogliono studiare la percezione delle righe orizzontali e verticali sui vestiti. Tra gli stand si aggirano turisti ed autoctoni, peraltro perfettamente distinguibili: i primi sono quelli con la sciarpa e il soprabito, i secondi girano in maniche corte e sandali. Eccolo qui un mistero della percezione tutto da studiare!
Per raggiungere il National Museum, dove tra poco si svolge una conferenza sul cambiamento climatico, percorriamo il centro di Edimburgo: palazzi imponenti costruiti con grandi pietre, la cattedrale gotica di St. Giles, gli immancabili suonatori di cornamusa, vetrine piene di costoso cachemire ci scorrono davanti agli occhi. All’angolo di una strada c’è la pubblicità del giro turistico nella “città sotterranea dei morti” con tanto di “visita al cimitero infestato”; lì accanto un improbabile fantasma sta spiegando a un capannello di gente di essere morto secoli fa. Come dire: il contraltare del Science Festival è la fantasia anglosassone dal gusto noir.
La sala conferenze del National Museum si sta riempiendo: studenti con blocco per gli appunti, signore di una certa età, semplici cittadini. Più che una conferenza, un talk show: tempi veloci, stile televisivo, la parola al pubblico che, tra il resto, non vede l’ora di intervenire. L’esperto del cambiamento climatico è un geologo, professore universitario e perfettamente a suo agio in maglietta e scarpe da ginnastica. Risultato: un’ora e mezza di immersione nella storia geologica del pianeta Terra, pubblico soddisfatto di sapere che le oscillazioni di temperatura sono un fenomeno normale e ricorrente, ma consapevole che la velocità del cambiamento attuale è dovuta a fattori tutti umani. Gli accorgimenti da prendere sarebbero molti: diventare vegetariani potrebbe aiutare, rinunciare a viaggiare in aereo pure. Ognuno farà quel che potrà.
L’appuntamento successivo è in un teatro trasformato per l’occasione in studio televisivo. E’ ancora la BBC ad aver organizzato l’evento portando sul palco i quattro ragazzi che conducono Bang Goes the Theory, un programma dedicato ai ragazzi che a quanto pare è molto popolare: per entrare c’è la fila. Chi prende posto in platea ha la speranza di essere coinvolto direttamente nella trasmissione. E infatti i conduttori scendono presto dal palco a scegliere i “volontari” che li aiuteranno a spiegare cosa sono le sinapsi e quali sono le velocità di reazione del nostro cervello. Una bottiglia piena di azoto liquido chiusa in un bidone è invece utile per parlare dell’espansione dei gas: diventato gassoso, l’azoto fa esplodere la bottiglia, che a sua volta fa volare una miriade si palline colorate. Semplice e spettacolare. Sul fondo del palco ci sono due ruote, tipo quelle dei criceti: correndoci dentro due volontari, questa volta grandicelli, azioneranno una carrucola e solleveranno due conduttori imbragati a dovere. Inizia la gara, si alza la musica, il pubblico fa il tifo. Il volume è davvero alto, ma siamo ben lontani dalla “televisione urlata” di cui parlava l’Annunziata….
C’è ancora il tempo di visitare il City Art Centre. Questo palazzo di quattro piani è un concentrato di programma scientifico per famiglie. I bambini possono divertirsi a fare bolle di sapone giganti, mummificare mele, andare alla scoperta della giungla, sezionare occhi bovini. Un’impresa, questa, che non è per tutti: un ragazzino lascia la postazione, preferendo decisamente manovrare i robot. La tecnologia in mostra è meno di quella che ti aspetti. Tutto ruota intorno a cartelloni e oggetti da toccare, smontare e rimontare, a volte distruggere e basta. La realtà virtuale l’hanno inventata i bambini: bastano poche frasche per essere nella giungla o qualche geroglifico disegnato su un papiro per essere catapultati nell’antico Egitto.
Tornando verso l’albergo ricomincia a piovere, ma noi siamo le uniche a tirare fuori l’ombrello: possibile che la pioggia non bagni gli scozzesi? Sicuramente la scienza avrà una risposta anche per questo…
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