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April 19, 2012

Michele Menegon e il ritorno alla natura attraverso la fotografia

Barbara Gramegna

Inaugurata martedì sera alla Galleria foto – forum di Bolzano, e aperta sino al 19 maggio, la mostra Ur. La poesia invincibile  di Michele Menegon, fotografo e ricercatore del Museo Tridentino di Scienze Naturali. All’interno delle due sale si  contano 30 stampe fine art giclée in bianco e nero (cm. 50X70 ). Si tratta di scatti   provenienti da Tanzania, Congo, Ruanda, Etiopia, California e dalle nostre Alpi. Il mondo di Michele Menegon è quello primordiale, Ur è appunto il nome del più antico continente che si ipotizza si sia formato 3 miliardi di anni fa. Ur è anche  il prefisso della lingua tedesca col valore di ‘antichissimo, primordiale, originario’ .

Le raffinate immagini escludono l’uomo e ci portano a riconsiderare il fatto che nell’Urwelt, appunto, l’uomo non c’era e che anche fra qualche miliardo di anni , l’uomo, probabilmente, non ci sarà. Ciò che sempre rimarrà è l’Ur, si legge nel volume che accompagna la mostra. La riflessione è molto stimolante  e  dovrebbe forse venire colta come occasione di relativizzazione. La nostra presunzione antropocentrica  ci danna, l’auspicio della decrescita felice che ci si offre come possibilità per recuperare la nostra parte ur- sono decisamente pertinenti col tema rappresentato da Menegon. Quando l’uomo crede di fare un passo verso la natura infatti, rinunciando all’industria per tornare all’agricoltura, non considera che  la minaccia maggiore per gli ambienti naturali è invece proprio l’espansione dell’agricoltura, specialmente di tipo estensivo.

Il concetto di ‘ritorno alla natura’ qui proposto attraverso la fotografia è da intendersi non come moda filosofica o posa un po’ snob di economia della rinucia, ma come  tappa necessaria nella cronologia del mondo.

La visione di un mondo privo dell’uomo è per il fotografo Menegon densa di poesia, la poesia dell’autorigenerazione, della forza,  della bellezza, è quella che lo scienziato Menegon vede invece realizzarsi con l’affascinante ‘regia degli acidi nucleici’, è la poesia dell’invincibilità della natura su ogni velleità umana di dominarla e piegarla alle sue necessità.

La quiete e la maestosità delle montagne, che si tratti di quelle della Tanzania o delle Dolomiti, sono lì a fungere da memento: ‘Il giorno in cui l’ultimo uomo lascerà il pianeta, milioni di latre specie faranno ciò che hanno sempre fatto: vivere e cambiare.’

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