Viaggio a Madrid. Dia #03: Kaurismaki madrileño

La vie bohémienne, 1992; L’uomo senza passato, 2002; Le Havre, 2012
Chissà, sarà l’età, sarà la vita, ma che sorpresa ritrovare un Kaurismaki che nei miei ricordi solo in Le Havre diventava umano, riscoprirlo invece crudo ma anche umanissimo e presente, con tutto ciò che ci sarà in Le Havre, già in embrione nel 1992, con temi che, di decennio in decennio, si rincorrono: la povertà estrema di chi di un container riesce a fare una casa; l’amicizia tra uomini e tra donne; l’incontro di due anime e di due solitudini che, insieme, sono meno sole; la polizia, sempre minacciosa nella sua caccia al colpevole, ma nel tempo anche più innocua; i cani, animali fedeli; la malattia che nei letti di ospedale e sotto lenzuola che coprono corpi e visi segna inarrestabile il destino; la musica e le arti; il cattivo che spesso colpisce ciecamente con una spranga o sotto forma di vicino frustrato ma alla fine soccombe dinnanzi alla forza della rete sociale che anche i più emarginati (o forse soprattutto loro) hanno intorno come estrema dimostrazione di valori là dove la vita sembra non vederne altri; le stazioni come necessario luogo di passaggio; i treni o le barche o le macchine come mezzi di transizione, di ricerca, di ritorno; l’incredibile coraggio con cui i co-protagonisti sempre ci mettono del proprio per aiutare i nostri eroi. Con attori che ritornano e cameo quali la fotografia del protagonista del film di dieci anni prima in L’uomo senza passato a ricordarci che in realtà siamo anche ciò che siamo stati ma abbiamo sempre la possibilità di stupirci del presente per un futuro migliore. Je suis passé pour être present dans ton futur.