Esibizione fluida e scorrevole, ma a tratti sottotono, dell’Orchestra Haydn, impegnata martedì 3 aprile presso l’Auditorium di Bolzano sotto la guida del direttore Daniel Kawka.
La prima opera ad essere eseguita è stata la commissione Haydn in my mind del compositore 42enne Marcello Filotei. Opera che fa parte del piccolo ciclo di composizioni volute dalla Haydn come finestra sul contemporaneo, composizioni della durata massima di 10 minuti che vengono eseguite rigorosamente in apertura di serata: come dire, tolto il dente, tolto il dolore. Sarebbe interessante sentire ogni tanto anche pezzi più lunghi, magari di compositori che se lo meritano, e magari integrati meglio nel programma, dando la possibilità al pubblico di mettere a confronto nell’arco della stessa serata musiche appartenenti a mondi diversi.
Il lavoro di Filotei appare come un’opera che non parte, come un motore che viene avviato a fatica e poi subito spento, una composizione che apre parentesi e o non le chiude o le chiude senza aver detto nulla. Si sente che dentro c’è qualcosa di Joseph Haydn, e si sente che sono cose filtrate dal compositore. Questo è un merito. Ma i gesti compositivi appaiono come frammenti giustapposti, che impediscono all’ascoltatore di seguire un qualsiasi sviluppo emotivo. Insomma un lavoro che non è parodia, non è architettura di citazioni, non è neppure evocazione o distorsione del mondo di Haydn. Ad esecuzione terminata, neppure dalle note di sala, a firma dello stesso Filotei, riusciamo a individuarne una chiave di lettura.
Il programma prosegue con il Concerto per corno n.1 di Richard Strauss, un pezzo molto conservatore, tutto proiettato all’indietro nella storia, ma di fatto godibile e con qualche effetto carino che sorprende. Ad eseguirlo doveva esserci il cornista Alessio Allegrini, ma leggiamo da un foglietto inserito tra le pagine del libretto di sala che: «L’annunciato Alesso Allegrini (primo corno dell’Accademia di Santa Cecilia) ha dovuto rinunciare ai concerti in cartellone per la nuova legge 100 del 29 giugno 2010, che vieta ai dipendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche d’esercitare la libera professione.»
A togliere dagli impicci la Haydn ci ha pensato però il primo corno dell’orchestra, Andrea Cesari, che ha dato una buona prova di concentrazione e ha disegnato la sua parte con discreto taglio interpretativo. Insieme col direttore Daniel Kawka (che ha voluto dirigere senza podio, alla stessa altezza degli archi), Andrea Cesari ha suonato uno Strauss morbido e indolore, delicato e felicemente melodico. Senza voglia di stupire, costruendo col virtuosismo una sorta di fluida conversazione tra intellettuali che discutono di cose futili.
Il bis è stato all’insegna della spavalderia, con un ragtime interpretato da Cesari e dalle corniste dell’orchestra Francesca Bonazzoli e Lara Morotti. In tre, allineati al centro del palco. Un pezzo furbetto, liscio ed estroverso, suonato per far sorridere e per battere il ritmo.
Nella secondo parte ci si imbatte in toni più drammatici ed è qui che la Haydn assieme al direttore ritrova più concentrazione. Un’esecuzione ben equilibrata, anche carica nei punti cardine dell’opera.