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April 1, 2012

La Traviata. Violetta: tra Amore e Morte

Jimmy Milanese

Più o meno queste sono le nostre sorti, da qualche anno evidenziate attraverso aggiornamenti di stato sui principali social networks. Più o meno questo, in due ore e mezza di laceranti lamenti e sussulti, accade ad Alfredo Germont; giovinotto parigino di bell’aspetto che non manca mai l’occasione per gratificare con insistenti apprezzamenti la bellezza di Violetta Valery. Lei proprio SINGLE non è, data la presenza del Barone Douphol; distratto e ridicolizzato dall’avvenenza di Alfredo. Lui si è SINGLE, anzi, IN CERCA DI! Tra di loro si mette in mezzo un padre che non può accettare di vedere il figlio accanto a una donna di facili costumi. Tutt’attorno, gente comune in modalità «HAPPENING», e un pubblico diviso tra benpensanti e spudorati. Alla fine, i due consumano, in qualche modo, seppur per poco. Infatti, l’eroina muore, lasciando solo il suo partner e pentiti i suoi parenti.

Il celeberrimo Preludio di «La Traviata» assolve la precisa funzione di trasportare lo spettatore nel clima etereo che di li a poco si porterà via la protagonista. Tutta l’opera è un alternarsi di momenti familiari a frangenti struggenti, orientati a quella fine macabra. Le vivacissime danze, il beccheggiante brindisi del Primo Atto, la celeberrima aria centrale del Secondo Atto o il lento agonizzare di Violetta, definiscono quella che Giuseppe Verdi aveva pensato come una tragedia contemporanea: la prima, senza costumi e parrucche, ma imbevuta dello schietto profumo contadino. Il conflitto morale ed emotivo tra Violetta e Alfredo o Violetta e il di lui padre, mantiene una chiarezza e una freschezza miracolosa per tutto il corso dell’opera e resiste a quasi due secoli di distanza, permettendo sperimentazioni di ogni genere. In effetti, «La Traviata» è stata messa in scena in una impressionante varietà di stili e ambientazioni.

Il fascino di quest’opera si completa con le intrecciate vicende relative alla sua nascita. Fino a che punto dietro alla figura di Violetta c’è quella Alphonsine Marie, con la quale Alexandre Dumas figlio ebbe una storia, e dalla quale trasse il romanzo «La dame aux camelias»? Oppure, fino a che punto, dietro Traviata c’è Peppina Strepponi, amante non troppo segreta di Verdi?

La risposta è fornita da Verdi, quando impone ai teatri dell’epoca una scelta stilistica abbastanza inusuale, ovvero una ambientazione scenica contemporanea. In quella figura di donna sottoposta all’umiliazione del mondo intero, fiera al punto di non reagire di fronte alle ingiurie del suo stesso Alfredo, c’è tutta l’insofferenza verso un’epoca zeppa di conformismi e convenzioni, che riduce la donna a oggetto.

Non è quella forse quest’epoca? Non sono quei lamenti, ovvero i lamenti di Violetta, quelli di tutte le donne di tutte le epoche? Non si riesce a scorgere in quel femminile e non più fertile grido di dolore, lo spasmo di ogni uomo oppresso per razza, lingua, religione e opinione? Non è quello un mondo che brinda ne’lieti calici delle corti di grandi dinastie europee, mentre tutt’attorno il quarantotto riduce il popolo alla fame? Quanto distanti sono quei grevi accenti scolpiti nel cuore di Violetta rispetto ai patimenti di chi oggi non vive il sogno d’esser amato amando?

Non si cercano risposte a questo miracolo d’immortalità, ma solo domande ben poste, come ben posta è stata questa Traviata presentata dal Teatro Comunale di Bolzano, in consueta coproduzione con il Teatro Comunale di Modena e la Fondazione Teatri di Piacenza. L’efficace regia di Rosetta Cucchi ha agito sui movimenti dei protagonisti, lasciando ampi spazi di manovra alla bravissima e quindi sempre libera Irina Lungu, chiamata ad un’improvvisa sostituzione nella replica del sabato. Forse i più raffinati potrebbero imputarle una partenza lenta e un finale brioso, ovvero l’esatto contrario di quanto a Violetta è richiesto, ma poco importa. Il suo partner, Alfredo Germont, ovvero Alejandro Roy, rimane un gradino sotto la sua partner, ma comunque offre una prestazione abbastanza sostanziosa, anche se troppo poco appassionata, a nostro parere. Ogni tanto, sembra che stia corteggiando la suocera, non la bella Violetta. Il resto del cast, a partire da Germont padre, ovvero Carlos Bergasa, risulta pulito e lineare, seppur poco incisivo nell’economia dell’opera. Traviata permette ai più temerari d’osare e sembra necessario non perdere mai questa occasione. Quindi, un’opera costruita attorno a una scenografia statica ma non per questo inefficace. Per intenderci, una serie di tre balconi sovrapposti che corrono lungo i tre lati possibili del palco, sui quali rumoreggia il coro e osserva il popolo, un amore impossibile. Invece, è il gioco di luci a dominare, quindi seguire i sussulti dei protagonisti, investigando in modo sapiente i numerosi passaggi da momenti di festa ai vari preludi della tragedia. Teatro gremitissimo e SOLD OUT per l’opera che rende unica e irripetibile la cultura italiana nel mondo; applausi scroscianti e interminabili, con il sipario che si chiude per questa stagione, vissuta tra luci ed ombre, perché in fondo il teatro lirico è affascinante comunque, soprattutto quando fa discutere.

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