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March 27, 2012

«La Traviata» di Giuseppe Verdi: storia di un fiasco dal successo annunciato

Jimmy Milanese

Durante le prove de «Il Trovatore», Giuseppe Verdi scrive «La Traviata», accanto al soprano Giuseppina Strepponi: amante fedifraga, ormai malata e lacerata dalle continue liti col maestro di Busseto. Il finale squallido di «LaTraviata» nasce a Sant’Agata (Venezia), dove Verdi e Peppina si rinchiudono e isolano dal mondo. Lui, all’apice del successo come drammaturgo lirico. Lei, soprano dal glorioso passato, ormai sul viale del tramonto.

La prima di «La Traviata» arriva il 6 Marzo 1853. Il teatro è La Fenice di Venezia. Il risultato, un fiasco colossale. Verdi scrive al collega Emanuele Muzio: «La Traviata, ieri sera, fiasco. La colpa è mia o dei cantanti?…Il tempo giudicherà». Poi all’editore Ricordi: «Sono dolente doverti dare una triste notizia, ma non posso nasconderti la verità. La traviata ha fatto fiasco. Non indaghiamo le cause. La storia è così». Infine, scrive ad Angelo Mariani, amico e direttore d’orchestra: «La traviata ha fatto un fiascone e peggio, hanno riso…». Alla prima assoluta della più celeberrima e rappresentata opera di Verdi, si definisce e per sempre quell’elemento di pericolo che consiste nell’impossibilità per una cantante in salute di interpretare il ruolo di una giovane ragazza, malata di tisi e a poche ore dalla sua morte. La tisi è la malattia del popolo al tempo di Verdi.

«La Traviata» è un’opera scritta per il popolo italiano alle soglie dell’imminente Unità, come popolare è tutta la produzione verdiana. Tra gli autori d’opera lirica, Verdi è sicuramente quello che mantiene più a fondo il legame con il mondo contadino, dove onestà e sincerità guidano le giornate e scandiscono le ore. Rispetto alle precedenti opere, «Il Trovatore» e «Rigoletto», «La Traviata»  fa un salto, anzi, due salti in avanti. In primo luogo, la storia narrata irrompe nel presente e nel quotidiano, in un’epoca di benpensanti che mal digeriscono la figura frivola di Violetta Velèry: al limite della prostituzione e talmente sfacciata da permettersi uno scatto d’orgoglio. In secondo luogo, e per la prima volta, la figura femminile di riferimento si distingue dalle tante eroine di cui la lirica è infarcita. Fino a «La Traviata» (1853), la passione è l’unico sentimento possibile dei personaggi del melodramma italiano. Violetta, invece, agisce per sentimento, misura la distanza d’emergenza dal suo Alfredo proprio in considerazione di un ragionamento utilitaristico, si direbbe oggi. Facendo questo, Verdi apre a tutte le gradazioni intermedie che –al contrario della passione – il sentimento  prevede. In questo modo, sulla scena del teatro lirico italiano irrompono personaggi femminili dotati di ratio e non solo di eros. Nella psicologia del personaggio di Violetta, quindi nelle ampie e celeberrime arie, si notano ampie zone d’ombra, ovvero dei ripensamenti; slittamenti continui che lo spettatore intuitivamente percepisce e impara ad apprezzare, perché caratteristici della natura umana.

Violetta è anche il simbolo più alto della dipendenza femminile dell’essere umano: inteso in termini di figlio prima, amante dopo. Tutto gira attorno a lei, anche la musica, a partire dallo straziante Preludio che Verdi compone condizionato dal profondo studio dell’animo femminile. Quel Preludio è esattamente sovrapponibile al mistero della donna madre, figlia, compagna e generatrice della nostra specie. Tutto l’universo maschile di «La Traviata» deve confrontarsi con Violetta Velèry. Una protagonista e un soggetto scabroso e fastidioso allora come oggi. Violetta è una bellissima ragazza che tutti desiderano, ma lei ama Alfredo, nonostante la situazione non lo consenta.

Amami Alfredo, amami quant’io t’amo, canta Violetta in faccia al suo amante, che di li a poco le getterà una manciata di soldi addosso, credendola una donna di facili costumi. Un disprezzo che a macchia d’olio si sparge tra gli invitati a un macabro brindisi, mentre la tisi s’impadronisce del suo cuore, e un violino ci accompagna fino al suo ultimo, flebile, respiro. Questa è «La Traviata», prima che il sipario si apra!

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