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March 26, 2012

Viaggio in Sicilia, giorno #03: Siracusa Ortigia

Cristina Vezzaro

Se scopri una città come Siracusa iniziando presto un mattino in cui il sole inonda di luce abbagliante la bianchissima piazza del Duomo, finisci per innamorartene a prima vista. Sotto Passeggio Adorno i pescatori attendono pazienti mentre attorno alla Fonte di Aretusa – la fonte di acqua dolce che inaspettatamente sgorga a pochi metri dal mare e che, con i suoi papiri, lambisce le coste dell’isoletta di Ortigia – vecchietti si godono il primo caldo della stagione prima che diventi l’insopportabile afa estiva. Proseguendo si arriva prima a Castello Maniace, ora chiuso per lavori di restauro nel mese di febbraio (e marzo, è stato aggiunto a mano sotto), ma che tra poco ospiterà per la stagione estiva concerti di tutto rispetto. Più avanti ancora, lungo la costa, si è rapiti dal contrasto tra l’acqua cristallina del mare, le rocce sul lungomare e le case che, talvolta puntellate, resistono alle intemperie e al tempo nella loro decadente opulenza. Ci si può poi addentrare tra i vicoli, quelli rimessi a nuovo dove le case hanno raggiunto prezzi impossibili e quelli ancora da ritoccare in vista di succulente speculazioni edilizie. Nell’attesa, stendini con i panni stesi rincorrono il sole nelle piazzette all’incrocio dei vicoli. Alla Graziella ci sono ancora le case dei pescatori, piccole e fatiscenti come lo era tutta Siracusa prima del recente recupero inteso a darle nuova vita. Piccole e fatiscenti ma pulsanti di vita con le otto mollette a tenere ferme le due gambe di jeans appesi a testa in giù ad asciugare. Ed è così che, sempre perdendosi nel reticolo di vicoli, si arriva al Tempio di Apollo che solo ieri sera ospitava un concerto, stasera ospiterà Pirandello e i suoi personaggi in cerca d’autore e domenica sera le musiche scritte e dirette da Nicola Piovani. Lì accanto parte il mercato che tutti i giorni anima le vie, fino all’altro capo dell’isola. E ai colori e al vocio del mercato si aggiunge la vista dei banchi del pesce che più fresco non si può e che, a differenza di altri luoghi altrove, non lascia nessun tipo di odore o sentore ma solo una grande, enorme voglia di cucinare. E allora, visto che è tempo di pranzo, un ottimo consiglio, una trattoria in un vicoletto dove il polipo è fresco e morbido e ancora tiepido e le melanzane degli spaghetti alla Norma sono leggere ma saporite mentre si avvolgono allo spaghetto quasi crudo e il cannolo non è quello del bar di fronte al tempio di Apollo, che è giuro il migliore che io abbia mai mangiato in vita mia, ma è pur sempre ottimo.

E il sole che ti aspetta fedele all’uscita è vita che continua.

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