Culture + Arts > Architecture

March 20, 2012

“Architetture recenti in Alto Adige 2006-2012”

Barbara Breda

La rinnovata selezione realizzata per la mostra “Architetture recenti in Alto Adige 2006-2012”, inaugurata di recente a Merano, continua a fornire, sulla strada di quella precedente, un quadro piuttosto preciso sulla qualità del progetto contemporaneo locale, sensibile ai luoghi, raffinato nelle soluzioni formali e narrative, riconoscibile nella declinazione di forme e significati della tradizione.

Una tradizione che affonda le radici nella complessità di un territorio a cui la storia ha affidato il difficile compito di misurarsi con le criticità originate dalla compresenza di popolazioni di etnia e cultura diverse. Anche a seguito del lungo processo di pacificazione istituzionale attuato dal secondo dopoguerra, la convivenza tra i diversi gruppi linguistici ha lasciato intatta una contrapposizione tra ruralità e urbanità, a cui ha corrisposto prevalentemente il consolidamento di una tradizione culturale alpino -rurale per il gruppo di madrelingua tedesca, così come un radicamento progressivo nel capoluogo per quello di madrelingua italiana.

Questa contrapposizione ha avuto in passato una grande influenza sul modo di agire sul paesaggio. Se anche il pregiato intorno naturale ha indotto generazioni di architetti sudtirolesi a misurarsi con le difficili problematiche dell’inserimento ambientale dell’architettura, come presunta forma di tutela paesaggistica ha preso piede via via la pratica di ricorrere al più rigido mimetismo ambientale e quindi al tradizionalismo imitativo. Ne è derivata un’architettura confezionata e caratterizzata dal ricorso al repertorio di elementi costruttivi meccanicamente desunti dalla tradizione costruttiva alpina: il tetto a due falde spioventi, l’erker, l’intonaco rustico, i parati lignei, il ferro battuto. Un simbolo contro cui, chi si impegna per diffondere la cultura del buon progetto architettonico contemporaneo, fa ancora fatica ad imporsi. Sotto questo aspetto, poi, il turismo rappresenta un ulteriore fattore problematico, considerato come il marketing per la promozione locale non faccia altro che proporre brani folcloristici di paesaggio semplificati, che accentuano ulteriormente negli ospiti una rappresentazione predefinita dell’Alto Adige.

Ciò che viene mostrato in questi giorni a Merano a cura di Flavio Albanese, è l’affermazione della qualità di un’architettura che, senza rinunciare alla sua appartenenza alla contemporaneità, non si è disgiunta da una ricerca profonda delle risonanze con il contesto, fosse esso naturalistico, storico, simbolico o materiale. Lontana da ogni banale revival storicistico o da ordinarie concessioni agli stilemi rusticani, l’architettura sudtirolese contemporanea si è dimostrata capace di affrontare con rigorosa modernità la radice del rapporto con la storia e la tradizione. Al di là della rassegna di realizzazioni che viene proposta negli spazi di Kunst Merano Arte, non sono state e non sono poche le pubblicazioni, i premi, e le mostre che, selezionando opere di architettura esemplari realizzate in Alto Adige, hanno implicitamente assegnato un nuovo marchio di tipicità al modo di trasformare l’ambiente costruito locale. Il merito va anche alle lungimiranti direttive politiche che hanno reso centrale la questione dei concorsi di progettazione come prassi sistematica per risolvere i nodi progettuali durante gli ultimi vent’anni, nonché come strumento per l’elevazione della qualità architettonica -al punto da spingere non di rado anche la committenza privata ad affidarvisi. Tuttavia oggi la direzione sta cambiando, non solo ci sono meno occasioni, ma la maggior parte di esse sono con preselezione a curriculum o sulla base di un’offerta economica. Aspetti, questi, che oltre a far slittare la qualità architettonica in secondo piano, fanno del concoso una pratica meno democratica, e di conseguenza penalizzante per gli studi più giovani. Per il futuro c’è da augurarsi allora una controinversione di tendenza che permetta di avere altre numerose opportunità di mantenere alto il livello dell’architettura altoatesina, così come il suo valore nel costruire il paesaggio della nostra contemporaneità.

Pubblicato su Corriere dell’Alto Adige del 17 marzo 2012.

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There is one comment for this article.
  • Gloria · 

    Insomma pure l’architettura, che sembra, agli occhi di chi non ne capisce nulla, una disciplina che permette di sperimentare cose *nuove* e dare forma alle idee più stravaganti (nel senso che nel bene e nel male stupisce, in quanto non viene capita) è sottomessa a criteri di selezione ridicoli: se hai già lavorato in passato, quanto costa l’opera ecc. Giovani, siamo proprio nella merda. D’artista, però (ma puzza sempre di vecchio).