La favola dei Trocks incanta la platea bolzanina

19.03.2012
Les Ballets Trockadero

Platea e galleria del Teatro Comunale di Bolzano gremite per lo spettacolo di sabato, e il tutto esaurito da giorni (a ridosso della data dello spettacolo si potevano acquistare biglietti solo per posti in piedi) sono indicatori della fama che accompagna la compagnia Les Ballets de Trockadero de Monte Carlo e dell’affetto del pubblico.

Bolzano non ha fatto eccezione: la parola d’ordine era quella di non lasciarsi sfuggire l’opportunità di ammirare questo corpo di ballo tutto maschile che da più di trent’anni ripropone brani del grande repertorio del balletto classico, affidando ai ballerini i ruoli delle grande etoile del passato, tutù, rouge sulle guance e le labbra e soprattutto scarpette con le punte, compresi. I “Trocks”, come vengono chiamati, sono insomma uno di quei fenomeni che devi aver visto.

E quando sei lì, in platea, non puoi sottrarti all’incanto, perché i danzatori in tutù usano entrambi i linguaggi, quello della ballerina che volteggia e piroetta leggiadra, per poi con un singolo gesto, il guizzo di un muscolo, una smorfia rivelare il corpo e l’attitudine maschile. Senza inganno, se non quello dell’abilità eccezionale degli interpreti, la compagnia americana diretta da Tory Dobrin rende omaggio sera per sera alla grande tradizione del balletto e diverte schiere di spettatori.

Impossibile sottrarsi al sorriso di fronte alla loro ironia, e forse anche al pensiero che questa volta, in questo caso (nonostante in questi tempi di emancipazione femminile, di quote rosa e via dicendo sia più facile e necessario affermare il contrario) questi ballerini siano più bravi delle donne. Chissà.

Certo è che lo spettacolo di danza en travesti si riallaccia a una lunga tradizione, della quale i Trockadero si fanno custodi.

Il fascino di vedere corpi muscolosi infilarsi in vaporosi tutù, elevarsi sulle punte delle scarpette di raso e declinare con straordinaria leggerezza un vocabolario intero di passi di danza creati per le donne, per poi parafrasare sé stessi, e da cigno, tutto grazia e romanticismo cambiare in un momento in brutto anatroccolo falsamente impacciato, quello resta invariato.

È una favola, in fondo, quella dei Trocks, dove tra arabesque,  bourrée,  chassé e pas coupé si infila il linguaggio della parodia, di una gestualità quasi partenopea, caricaturale, anche grottesca a volte, ma mai volgare.

In programma l’altra sera al Comunale il secondo atto dal Lago dei cigni, Go for barocco da una coreografia di George Balanchine, il classico brano della Morte del cigno in uno splendido e dissacrante assolo di Ida Nevasayneva, fantasioso nome d’arte di uno dei ballerini -come è tradizione dei Trocks- e ancora un delirante Raymonda’s Wedding da Petipa. Non è mancato un brano contemporaneo su una coreografia di Merce Cunningham e musica di John Cage eseguita dal vivo da due improbabili strumentisti.

Non resta infine che ricordare l’applauso lungo e caloroso nel finale -ma anche tra una scena e l’altra sono stati molti gli applausi spontanei da parte del pubblico bolzanino- e unirsi all’acclamazione: “Bravi!” (o meglio forse: “Brave!”? confesso che mentre battevo anch’io le mani sabato sera, il dubbio, sull’espressione da usare, mi è venuto).

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