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March 18, 2012

Sopravvivere all’adolescenza

Francesca Aste

“Attenti che qui in giro ci sono i leoni” avverte il guardiano dello zoo ai ragazzi “Stia tranquillo, non gli facciamo niente ai leoni!”: in poche battute Mullan sintetizza la pericolosità di giovani vite prive del senso del limite, drogati della loro sola forza e spregiudicatezza, nella gratuità senza merito della giovinezza.

La rassegna primaverile del Cineforum di Rovereto ci ha proposto lo scorso martedì 13 marzo, l’ultimo intenso film di Peter Mullan (2011), in veste di regista, sceneggiatore e attore, un film che difficilmente vedremo nelle sale italiane.

Siamo nella Glasgow dei primi anni 70, tra quartieri grigi e desolanti, famiglie allo sbando, indifferenti o violente e un’educazione scolastica spietatamente punitiva: ogni istituzione sociale esercita la sua pressione mortificante.

La parabola del protagonista traccia un arco decadente di un’infanzia timida e delicata di alunno modello che cerca di divincolarsi da un destino di perdizione che lo insegue fin dall’inizio del racconto.

Sopravvivere all’adolescenza: ogni giovane è un superstite. Molti non sopravvivranno a se stessi, in questo film “di formazione”, denso e claustrofobico, dove vince la costante affermazione della morale del più forte.

E’ un continuo fare a botte, ma a tenere la rotta è lo sguardo vitreo e adrenalinico di John McGill, il protagonista, che febbrilmente scruta un orizzonte senza promesse e si muove furtivo in un presente di costante minaccia, tra ribellione e rassegnazione.

Il regista si sporge sul delirio di questa parabola di perdizione, forse rischiando un eccesso di truculenza nella scena in cui John gira seminudo nella notte anestetizzata del quartiere, armato di lunghi coltelli legati alle mani chiuse a pugno, eccesso enfatizzato ancor più dalla scena precedente, una sequenza in cui un Cristo in carne ed ossa scende dalla croce incontro a John delirante, prima si abbracciano poi finiscono cruentamente a fare a botte.

NEDS fa coppia con un altro film realistico e dedicato all’adolescenza, Fish Tank (2009) della regista inglese Andrea Arnold, anch’esso ambientato nella periferia inglese, dove la protagonista cerca la propria strada facendosi largo tra soprusi e indifferenza, guidata dall’ istinto di sopravvivenza e sostenuta dall’energia della musica hip hop.

Teatri dell’adolescenza, postmoderna e selvaggia, ci raccontano le vite di amici fragili, che rischiano di perdersi in derive senza libertà: dissennati più che coraggiosi, vittime travestite da tracotanti eroi che si sfidano a duello lungo la strada, irriverenti di fronte del taglio della lama.

Il finale di NEDS suggella un film coerente e profondo, senza retorica: il nostro John McGill si allontana nello zoo, tenendo per mano un ragazzo (che è anche un significativo testimone e pesante vittima del suo recentissimo e tragico curriculum): i due passano di fianco a leoni soonnacchiosi che osservano sornioni e attenti gli insoliti visitatori.

Pochi ringhi sommessi di avvertimento, nel silenzio di un parco deserto, cifra di un limite invalicabile e sano, ci congedano, regalandoci la sequenza più rassicurante dopo due ore di film.

 

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