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March 8, 2012

Tommaso Cardarelli, giovane servo di scena al fianco di Branciaroli

Anna Quinz

Quando in uno spettacolo teatrale tra gli attori c’è un “grande” come Franco Branciaroli, si tende a voler ascoltare la sua voce esperta, per farsi raccontare retroscena e profondità di quel che si andrà a vedere. “Servo di scena” lo spettacolo che sarà allo Stabile da stasera a domenica, porta la regia di Branciaroli, che ne è anche interprete. Ma si tratta di uno spettacolo che parla di teatro, e che in qualche modo vuole dare una speranza e un impulso a questo mondo oggi profondamente ferito dai tagli e dalla crisi, dunque, perché non dare spazio alla voce di un giovane attore, che su questo precario mestiere ha deciso di basare la propria esistenza? Tommaso Cardarelli poco più che trentenne, dello spettacolo è anche protagonista, interpreta infatti proprio il servo di scena del titolo, Norman, fedele compagno del “maestro” Branciaroli. Ecco quello che ci ha raccontato.

Cardarelli, lo spettacolo racconta di una compagnia teatrale che nonostante i bombardamenti nazisti in Inghilterra, continua il suo lavoro e mette in scena il suo spettacolo. Come si adatta, all’oggi, questa storia lontana, immersa nella durezza e crudezza della guerra?

Si adatta molto bene. In quel tempo si doveva sopravvivere alla guerra, oggi si deve sopravvivere nel mondo della cultura che sta crollando. Non c’è nulla di più attuale del mestiere dell’attore che sopravvive come meglio può, ora che tutte produzioni sono ridotte all’osso e non sempre si può fare il proprio lavoro come si vorrebbe. Questo spettacolo è un vero inno di sopravvivenza del teatro.

Visto il tema, così importante e impegnativo, è stato diverso il tuo lavoro sul personaggio e sullo spettacolo?

L’impegno nel preparare un ruolo non cambia. Per me recitare è esperienza eticamente totalizzante, in questo caso poi sono protagonista, cosa che non mi capita spesso, dunque per me è anche un’importante prova personale. Per la prima volta mi confronto con un personaggio così grande, quindi sento una maggiore responsabilità. In generale, si lavora sempre con la massima intensità per uno spettacolo, in questo caso poi, far passare un messaggio forte, che il teatro è una forma espressiva necessaria alla società, è sicuramente uno stimolo in più.

Teatro nel teatro. Un tema centrale, ma quali gli altri temi dello spettacolo?

Questo spettacolo, è anche un inno a forme diverse dell’amore. La mia forma di amore verso “Sir” è stratificata. Il primo aspetto più superficiale è quello dell’omosessualità, ma più in la si scopre che non è così fondamentale, quello che conta davvero è l’amore verso ciò che Sir rappresenta nel teatro, e quel che rappresenta per Norman, il mio personaggio, che senza di lui non avrebbe un lavoro. Norman dimostra amore verso il suo capocomico, ma anche e soprattutto verso se stesso, Sir è necessario per la sua sopravvivenza, e quando muore, Norman si ritrova solo. È un amore egoista, in fondo.

In una battuta il suo personaggio dice “Qui c’è la bellezza, la primavera, l’estate. Qui dentro non si è mai soli. Ho tutto quello che mi serve qui e non ho bisogno di farlo sapere a nessuno”. Anche per lei il teatro è un luogo per non sentirsi solo?

Chi fa teatro per passione, come me, sente una certa necessita nel stare sul palco, nella compagnia si diventa una piccola società, dove in piccolo si creano gli stessi meccanismi e dinamiche che ci sono nella vita. Mi piace però pensare che, vita e lavoro, siano comunque cose differenti. È di certo un lavoro totalizzante e quando si è in tournee, diventa necessario. Quando si lavora a uno spettacolo, a un personaggio, si sta con se stessi, profondamente, si affrontano gli ostacoli che quotidianamente ognuno si impone, si tenta di conoscersi. Io sono profondamente timido e il teatro mi ha aiutato a uscire dalle mie barriere. Mi sento protetto in teatro, anche se potrebbe sembrare il contrario. Dunque è vero, in teatro non mi sento solo.

Franco Branciaroli è un grande del teatro italiano. Per lei, giovane attore, com’è relazionarsi con un personaggio di questa levatura?

Devo gran parte della mia piccola carriera a Branciaroli, lavoro da 10 anni, e per la metà ho lavorato con lui. È come un crescendo di stima reciproca. Per “Servo di scena” mi ha chiamato a fare un ruolo molto grande ed è una prova di generosità e stima da parte sua, non tutti i grandi attori sarebbero così generosi da far fare a un ragazzo di 30 anni un ruolo del genere. Per me poi Branciaroli è anche una fonte di insegnamento: lo ritengo il più grande attore della sua generazione, dunque questo per me è un lavoro, certo, ma anche l’incredibile opportunità per imparare continuamente. Lavorativamente abbiamo un rapporto molto stretto, al di fuori essendo io timido e credo anche lui, si crea un naturale distacco. E comunque, ci lavorerei altri 10 anni.

 

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