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February 1, 2012

Francesca Rocchetti: ascoltare i libri e farli parlare

Massimiliano Tonini

Sotto gli occhi della morte. Da Bolzano a Mauthausen è il titolo dell’audiolibro pubblicato dalla Fondazione Museo storico del Trentino nella collana Grenzen/Confini. Il racconto autobiografico di Aldo Pantozzi, letto da Lino Tommasini, è una viva testimonianza della tragedia dei campi di concentramento.

La regia del progetto è affidata a Francesca Rocchetti, che abbiamo incontrato, nella sede della biblioteca della Fondazione Museo storico del Trentino, per parlare di questa pubblicazione.

Possiamo brevemente ripercorrere la vicenda di Aldo Pantozzi, per inquadrare, storicamente e umanamente, il protagonista di questo progetto editoriale?

Aldo Pantozzi nasce nel 1919 ad Avezzano. Nel 1942 si laurea in giurisprudenza a Bologna. Seguendo il padre ferroviere arriva a Bolzano, ma nel settembre 1943 deve riparare con la famiglia a Cavalese, in seguito ai bombardamenti. Trova lavoro come insegnante nel Centro Scolastico diretto da Ezio Mosna e contestualmente, insieme ad altri docenti, partecipa a un movimento di resistenza, collegato con i Comitati di Liberazione Nazionale di Trento e di Bolzano. Nel novembre del 1944 viene arrestato, in seguito a delazione, da agenti del Sicherheitsdienst, il servizio segreto delle SS, incaricato di scovare ed eliminare tutte le possibili minacce al nazismo. Dopo l’arresto Aldo Pantozzi venne condotto nel carcere di Trento, poi trasferito nel Lager di Bolzano, tristemente noto come Durchgangslager, ovvero Campo di transito. E infatti, purtroppo, il transito vi fu per Pantozzi e per centinaia di compagni di sventura verso l’inferno di Mauthausen. Riesce a sopravvivere alla disumana deportazione nel Lager di Mauthausen fino alla liberazione da parte delle truppe americane, il 5 maggio del 1945. Qui mi fermo nel racconto perché anche le memorie di Pantozzi arrivano fino a questo punto.

È sempre agghiacciante ripercorrere, anche solo con il pensiero, vicende come questa. Ma al di là della significanza contenutistica, più che evidente, ci puoi parlare delle ragioni che vi hanno spinti alla scelta dell’audiolibro come “pagine da ascoltare”?

In generale volevamo puntare l’attenzione sul genere audiolibro. La scelta di realizzare un prodotto editoriale di questo tipo è stata un po’ una sfida, una scommessa. L’audiolibro oggi non è più un oggetto ad esclusivo appannaggio di non vedenti o ipovedenti, ma è uno strumento, o forse è meglio dire una modalità, che si sta diffondendo nelle scuole, per avvicinare i ragazzi a meccanismi di lettura e ascolto più vicini ai moderni sistemi di comunicazione. Tutto questo senza naturalmente sminuire l’importanza della parola scritta.

Infatti, mi sembra ci sia una notevole continuità nel progetto portato avanti dalla Fondazione Museo storico in relazione alla testimonianza di Aldo Pantozzi. Tempo fa è stato presentato il libro a Bolzano vero?

Sì, nel 2009, anche allora in occasione della Giornata della Memoria, è stato presentato il libro Sotto gli occhi della morte di Aldo Pantozzi, nell’ambito del progetto Storia e Memoria: il Lager di Bolzano. Insieme alla ristampa dell’edizione italiana, curata da Rodolfo Taiani per le edizioni Museo Storico in Trento, è stata anche resa disponibile la versione in lingua tedesca, Im Angesicht des Todes, curata dall’Ufficio Traduzioni del Comune di Bolzano.

Parli di ristampa dell’edizione italiana, e anche nelle note editoriali si fa riferimento a una prima edizione del 1946. La storia di queste memorie, così tragiche nei contenuti, ha anche dei risvolti editoriali che meritano di essere ricordati. Ce ne puoi parlare?

La prima edizione del libro uscì dalla tipografia nel gennaio del 1946 ma non ebbe distribuzione perché purtroppo, a causa di una fatalità, la maggior parte delle copie stampate venne distrutta in un incidente occorso al camion che le trasportava. Nel 1995 uscì una ristampa anastatica con tiratura limitata e solo nel 2007 si arriva all’edizione che è servita da base per l’audiolibro.

Veniamo ora alle scelte più specificamente registiche che hai dovuto affrontare. Quali sono le questioni più importanti da tenere in considerazione per convertire un testo scritto in un racconto “ad alta voce”?

In primo luogo direi che la scelta più importante riguarda proprio la voce. La voce è un aspetto molto delicato, proprio per il ruolo di tramite che si trova a ricoprire nei confronti dell’ascoltatore: la piacevolezza e il gradimento di un audiolibro non dipenderà solamente dalla buona qualità dell’opera di partenza, ma anche dal piacere che deriverà dall’ascolto.

A prestare la propria voce a un audiolibro può essere un attore, o uno speaker, o addirittura l’autore stesso dell’opera. Molti editori affidano la lettura a un attore famoso (Ottavia Piccolo, Lella Costa, Claudio Bisio sono solo alcuni tra gli attori che hanno prestato la loro voce ad alcuni romanzi contemporanei), puntando, oltre che su una lettura professionale, anche sul forte richiamo dato dalla celebrità dell’attore. Qualunque scelta si faccia, chi legge, professionista o meno, deve saper fare un passo indietro rispetto al testo, per evitare di sovrastarlo. E la nostra scelta si è proprio indirizzata in questo senso: niente enfasi, lettura piuttosto neutra, anche per rispetto nei confronti di chi ha scritto queste memorie, unico depositario dei sentimenti provati in situazioni così tragiche.

Poi, sempre in relazione alle scelte registiche, abbiamo affrontato la questione della musica. Se guardiamo agli audiolibri prodotti nel nostro paese, ci accorgiamo che ne esistono, in egual misura, sia con accompagnamento musicale, sia privi di effetti sonori. L’audiolibro classico, di derivazione e impostazione anglosassone, prevede solo la voce. Ma allo stesso modo sono diffusi e richiesti anche gli audiolibri con accompagnamento musicale. La musica può avere un ruolo di coprotagonista nell’esperienza di ascolto, quando cioè costruisce una sorta di gioco a due voci con la voce narrante. Ma può essere anche semplicemente un tappeto sonoro, cioè rimanere sullo sfondo, comparendo solo come un intermezzo tra un capitolo e l’altro.

Noi abbiamo scelto di dare alla musica un ruolo secondario, inserendo dei brevi pezzi, appositamente composti con il violoncello da Barbara Bertoldi, all’inizio e alla fine dei capitoli. In pochi casi abbiamo inserito la musica all’interno dei brani, quando volevamo sottolineare dei passi particolarmente significativi o suggestivi della narrazione.

Anche la veste grafica dell’audiolibro è molto curata e soprattutto ha una particolarità che la distingue dagli altri audiolibri presenti sul mercato.

Questo è stato un esperimento. Abbiamo voluto inserire sulla copertina autore e titolo in braille, anche perché, se andiamo a vedere gli audiolibri disponibili in commercio, nessuno riporta il braille. Purtroppo questo tipo di scrittura occupa molto spazio e quindi, oltre al titolo e al nome dell’autore, non siamo riusciti ad aggiungere altro. Ma volevamo comunque che ci fosse la segnalazione in braille in quanto si tratta di un prodotto utilizzabile anche da ipovedenti e non vedenti.

Hai altri progetti per il futuro, magari in continuità con questo?

Ancora non ci sono progetti in attuazione, ma c’è comunque l’idea, visto anche il riscontro positivo di questa iniziativa, di proseguire su questa linea. Un’idea potrebbe essere quella di pubblicare la testimonianza di Leo Zelikowski, nato nel 1910, arrestato ad Arco e deportato ad Auschwitz nel dicembre del 1943. Tra l’altro è ancora vivente, ha 102 anni… Alla presentazione dell’audiolibro di Pantozzi abbiamo proiettato una videotestimonianza di Zelikowski ed è incredibile l’ironia e il senso dell’umorismo di quest’uomo che ha vissuto sulla propria pelle l’orrore del campo di sterminio. Forse è l’unico modo per sopravvivere.

Poi c’è tutto il materiale diaristico dell’Archivio della Scrittura Popolare, però per questo tipo di testi servirebbe, a monte, un grosso lavoro redazionale per rendere fruibili le particolarità di questo tipo di scrittura. Quindi, se proseguiamo, le strade da percorrere vanno in questa direzione, ovvero in un tentativo di dare continuità alla memoria storica e territoriale.

Salutandoci Francesca Rocchetti accenna anche al progetto di History Lab, la nuova televisione digitale della Fondazione Museo storico del Trentino, che si vede anche in Alto-Adige. Un canale televisivo dedicato alla storia e alla memoria, che sicuramente merita, per il prossimo futuro, un approfondimento.

Per rimanere aggiornati sulle attività della Fondazione Museo storico del Trentino:

http://www.museostorico.it/

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