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January 29, 2012

People I Know. Giovanna Piol: l’arte, un dono di famiglia

Anna Quinz

Forse lo devo ai fiori, se sono diventata un’artista”. Dice di sé Giovanna Piol, artista bolzanina classe 1965. E attraverso queste poche parole si può già inquadrare (anche se inquadrare non è forse il verbo più adatto ad una personalità poliedrica come quella di Giovanna) questa donna che dell’arte ha fatto oltre che un lavoro, uno stile di vita. Solare ed energica, donna a 360° gradi, curiosa e sempre aperta verso il mondo e verso gli stimoli che da esso possono derivare, Giovanna Piol è figlia d’arte. Suo padre, Paolo Piol era un noto pittore, e l’influenza familiare ha di certo contribuito a lasciare una traccia indelebile nelle vene di Giovanna che però ha in qualche modo trovato, slegandosi dall’eredità paterna, una sua cifra e un suo modo di vivere la propria vita come un’opera d’arte, passando liberamente dalla pittura alla creazione di oggetti “di moda”, come borse e gioielli. Ogni parola di Giovanna è incastrata con la successiva come in un’enorme poesia, i rimandi a mondi misteriosi a mitologie a storie fantastiche è una costante, che a volte smarrisce chi ascolta, ma che poi, quando ci si ferma un momento e ci si prende il tempo per riflettere, diventa qualcosa di bello. La bellezza, infatti, è forse il comune denominatore di ogni gesto di questa instancabile donna, dagli occhi scuri e profondi, che lasciano trasparire una personalità complessa, forse, ma anche intensamente connessa con le cose del mondo.

L’arte è un’eredità di famiglia, suo padre era un noto pittore. Cosa ha imparato da lui, cosa le ha lasciato? L’ha stimolato a seguire questa strada, personale e professionale?

La mia famiglia semplice, ma di grande cultura, mi ha spinto fin da bambina a confrontarmi con il mondo dell´arte. Il mio legame con mio padre, e con l´arte è sempre stato molto forte e autentico. E poi, a dire il vero, era quasi impossibile non essere coinvolti da un ciclone creativo come mio padre che si deliziava a lanciare a noi tutti continui input e messaggi artistici. Trascorrevo molto tempo nel suo atelier, mi incuriosiva metterci le mani e prendere i resti dei suoi materiali per riutilizzarli e dare loro nuova vita. Mi piaceva perdermi a osservare la magia e la miscellanea dei colori, e tutti i procedimenti alchemici che permettevano poi di arrivare a risultati inattesi.

Forse quella di mio padre poteva essere quasi un´eredità scomoda, sofferta, però il tempo ha saputo darmi la “matura verità”, e da quel momento in poi ho riconosciuta l’arte come una cosa Mia, non più solo un passaggio di consegne da padre a figlia.

Quali, in quel contesto i sogni di Giovanna bambina?

Da questi trascorsi riuscivo a sognare un mondo mio fantastico e ricco di incontri. Incontri che erano poi già all’ordine del giorno: ricordo tutti gli amici di mio padre, e ne aveva parecchi. Poeti, scrittori, viveur, musicisti, registi e le sue favolose modelle, amiche e anche un po’ amanti. Era così effervescente ed entusiasmante per me, questo mondo un po’ bohemienne, questa sorta di Parigi in Alto Adige.

Dai quadri alle borse, ai gioielli. Quali i legami tra questi “oggetti creativi”?

Nella mia ricerca artistica la curiosità e la sperimentazione hanno sempre fatto  da traino. Noi tutti siamo esseri in movimento, e così anche il mio pensiero artistico: non mi fermo a un canone prestabilito. E poi penso che non ci siano confini quando si parla di arte, come tra gli uomini, tra le popolazioni. Siamo tutti bambini del mondo, in fondo. Giovanna dunque è tante cose, e tutte si incastrano come piccoli frammenti, uno non può stare senza l´altro: la borsa con il gioiello e il quadro, sono linguaggi, canti, brani, pezzi, momenti.

Da poco ha aperto un atelier a Bressanone, scelta apparentemente inattesa per un’artista. Com’è il suo atelier, e come vive in questa cittadina che spesso è considerata marginale e periferica per ciò che concerne la cultura e le pratiche artistiche del nostro territorio?

Il mio atelier mi assomiglia, ha la mia stessa faccia un po’ retrò. Devo dire che sono un po’ in ritiro spirituale qui a Bressanone, ma a me piace questa calma apparente, mi aiuta a sentire il terreno fertile. Dunque, grazie allo spazio appena aperto, e a questa cittadina, devo dire che per me è un buon momento! La gente brissinese mi piace, è come dire avvolta in questa cittadina, raccolta e genuina!

Da pittrice, come dipingerebbe l’Alto Adige dei suoi sogni?

L´Alto Adige dei miei sogni sarebbe sicuramente un ensamble di tante cose! Amo i collage, dunque nel mio quadro ci metterei un po’ di fiori, sapori, colori, tutto molto vintage, retrò. Però senza dimenticare i Miti della Donna Giardino di Uberto Pestalozza, che cita la grande dea mediterranea, ovvero la Potnia, la sublime, potente e veneranda Signora del mondo umano, animale e vegetale, un insieme di poetica tutta rivolta alla magia dell´essere donna.

Dunque, l’Alto Adige, ma anche l’arte, è donna?

Per rispondere, cito Alda Merini: “Le donne abitano nei seni come Dio nella parola sacra”.

 

Pubblicato su “Corriere dell’Alto Adige” del 22 gennaio 2012

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