Un Wagner bello ed evocativo quello dell’Orchestra Haydn

Una buona prova della Orchestra Haydn e dell’attuale direttore artistico Gustav Kuhn, quella di martedì 17 gennaio all’Auditorium di Bolzano. Intanto per il programma scelto, il mondo di Richard Wagner con la sua sorprendente capacità evocativa. E non è poco, di questi tempi, fare successo con un programma monotematico, basato cioè su di un solo autore o si di un solo linguaggio. Certo Wagner attira e conquista, ma richiede anche concentrazione e partecipazione da parte del pubblico. Un pubblico, quello della musica classica, che si è ormai viziato a furia di assaporare nella stessa serata un minestrone di sapori uno diverso dall’altro. Ma appunto Wagner è molto Wagner, unico e inconfondibile, e il pubblico ha risposto più che positivamente ad un concerto bello impegnativo.
Se volessimo riassumere in una sola immagine quello che resta andando casa dopo una serata del genere, sarebbe la sensazione di aver assistito a dei film molto appassionanti, di quelli che fanno di tutto per lasciare lo spettatore col fiato sospeso, sempre immerso nell’atmosfera. E infatti ci si sentiva, al concerto della Haydn guidata da Kuhn, come coinvolti dalle trame delle varie situazioni, tra avventure e paesaggi immensi, tra tensioni, lotte e dolori, tra struggimenti del cuore e vorticosi moti d’animo. Non è assolutamente da escludere che il signor Wagner, se fosse vivo oggi, farebbe il regista di cinema, portato com’è nell’arte di affabulare.
L’interpretazione dell’orchestra tecnicamente parlando? Non si discosta dal discorso appena fatto. I piani sonori hanno reso bene, le masse si sono mosse nel verso giusto, tutto era chiaro e limpido, forte nel comunicare quella sorta di ottovolante di suggestioni che contraddistinguono, con toni differenti, le ouverture wagneriane. Bravi i musicisti, brava la solista Stefanie Irànyi, bravo Kuhn e anche interessante l’orchestrazione a sua firma dei Wesendock-Lieder.
L’unico peccato, perdonabile e anzi intrinseco nella godibilità dell’esecuzione, è stato quello di aver spinto molto nei momenti in cui effettivamente la partitura lo consentiva. Insomma il Wagner a tutto fiato non è sicuramente mancato, gonfio come un pavone, per certi aspetti aggressivo. A chi piace, piace davvero. A chi invece quell’atteggiamento non convince, distrae. Ma, nessuno escluso, dopo il concerto ci siamo portati a casa qualcosa del mondo di Wagner, lo abbiamo per un attimo conosciuto da vicino.