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January 17, 2012

Viaggio negli Emirati #06: Al Ain

Cristina Vezzaro

Al Ain è il primo approccio di città vera negli Emirati. Innanzitutto, se è vero che solo un milione degli 8 milioni di abitanti attuali degli Emirati Arabi è fatto di gente del posto, qui ce n’è gran parte. La politica di tenere basse le abitazioni, per consentire a tutti la vista di Jebel Hafeet, il monte che si staglia all’orizzonte, continua a conferire a questa cittadina un carattere di autenticità che le nuove costruzioni di Abu Dhabi, dove anche palazzi di trent’anni fa vengono rasi al suolo per far posto a nuovi grattacieli in vetro e acciaio, le hanno tolto. Le strade sono costeggiate da centinaia di negozi, in mano perlopiù a indiani e iraniani, ci spiega la guida. È da qui che proviene la famiglia reale dell’emirato di Abu Dhabi, che solo negli anni 60, dopo la scoperta del petrolio, ha iniziato a spostare il centro del potere ad Abu Dhabi. Del resto lo sceicco Zayed aveva ben presto compreso l’enormità della scoperta e aveva rapidamente dato vita all’unione dei sette emirati, a capo della quale avrebbe sempre dovuto esservi il sultano dell’Emirato di Abu Dhabi, e, come vicepresidente, il sultano dell’Emirato di Dubai, secondo per ricchezza e grandezza.

Nel Palazzo Nazionale è raccolta in forma museale la storia dell’emirato e di Al Ain, antichissimo insediamento e quindi centro importante per la presenza di oasi naturali.

Ad Al Ain si sprecano i palazzi dello sceicco Al Zayed. Il palazzo in cui è nato e ha vissuto, insieme alla prima moglie, la sceicca Fatima, e ad alcuni dei 19 figli maschi e 17 figlie femmine che le sue quattro mogli gli hanno dato. Il primogenito della prima moglie, Khalifa, è stato l’erede al trono di questa monarchia assoluta ed è l’attuale Presidente degli Emirati Arabi Uniti. Ma di palazzi reali ce ne sono tanti, ai piedi del monte Jebel Hafeet, ai confini con l’Oman, e poco più in là, vicino alle sorgenti di acqua calda che non lontano raccolgono gruppi famigliari per un picnic.

Il souk di frutta, verdura, carne e pesce è finalmente un vero souk, con colori e profumi e gente del posto a vendere e acquistare. Non si lasciano fotografare volentieri, così dice Rodney, la guida dello Sri Lanka che è qui da otto anni e qui dice di star bene: ha una missione da compiere e finita la missione rientrerà a casa. E allora ascolto Rodney ed evito le fotografie alle persone, un po’ per rispetto, un po’ per timore di offenderle. Tranne per una donna pressoché irriconoscibile nel suo burka che acconsente a una fotografia. Qui ad Al Ain, a differenza di Abu Dhabi, le donne col burka sono tante. Sarà perché è un’antica tradizione beduina, giustificata anche dalla necessità di coprirsi la faccia intera dalle elevatissime temperature che si raggiungono da queste parti in estate. Altrove, però, oramai quasi tutte le donne giovani hanno il viso scoperto. Secondo la tradizione, possono tenere scoperto solo il viso e le mani, ed è questa l’unica cosa che il promesso sposo potrà vedere della sua futura moglie dopo l’accurata ricerca che i genitori di lui hanno fatto per trovargli una degna compagna. Dopo un unico incontro ci si esprime in merito al fidanzamento, che durerà un anno e al termine del quale potranno decidere che il matrimonio si faccia o meno. Le nozze sono un evento vero e proprio e possono durare anche giorni e giorni, ma si svolgeranno rigorosamente in maniera separata, donne da una parte, uomini dall’altra. Il marito porta in dote alla sposa molto denaro e dell’oro, che varranno come sorta di garanzia e andranno a chi dei due sarà lasciato in caso di divorzio.

La cosa più sorprendente è che il governo, in tutto questo, la fa da leone: contribuisce alle spese di dote e matrimonio, a ogni nuova coppia dà una casa gratis. Tasse qui non se ne pagano, e la benzina, manco a dirlo, costa 2 centesimi di euro al litro: con pochi euro si fa il pieno. Le macchine, senza tasse, costano sugli 8000 euro nuove, 3000 usate come nuove. E nell’università di Al Ain, la più importante del paese, i ragazzi locali studiano per il futuro loro e del loro paese. La popolazione studentesca è fatta per l’80 percento di donne, e solo per il 20% di ragazzi. Il resto degli uomini va all’estero a studiare, dove può ricevere un’istruzione migliore, mentre le donne devono “accontentarsi” visto che all’estero non ci possono andare. Dopo la carriera universitaria, i laureati ricoprono posti governativi, in banche e società, perlopiù affiancati da corrispettivi occidentali a insegnare loro il lavoro. Insomma, la sensazione è che questo sia un paese lanciato a tutta velocità verso il futuro. Con contrasti però importanti, fino a quando saranno i genitori prima e il marito poi a scegliere quanta parte del viso una donna possa mostrare.

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