Music

January 11, 2012

Manuel Quinziato, il ciclista con l’anima rock

Alessandro Mazzurana

La stagione intera trascorsa come in una tournée musicale, costantemente lontani da casa, sballottati in ogni parte del mondo, a bordo di imponenti Motorhome. La bagarre che si scatena negli ultimi chilometri di una corsa, come una tappa pianeggiante di un Giro d’Italia, alla stregua di un pogo sotto il palco di una potente band, per la medesima concitazione prevista nel suo svolgimento. Spinte e gomitate, adrenalina ed esaltazione! Uno sport che si coniuga, più di quanto si possa immaginare, con i dettami dispensati dalla cultura rock. Il ciclismo! Annoverante, tra i suoi più celebri praticanti, molti appassionati rockettari, che macinano chilometri, e trascorrono gli infiniti tempi morti delle gare, con le cuffie sempre pulsanti nelle loro orecchie. Basso, batteria e chitarra, tre elementi che accompagnano e ispirano la loro attività, e non solo. Come nel caso di Manuel Quinziato, corridore bolzanino della squadra americana BMC, che a luglio dello scorso anno si è tolto la soddisfazione di accompagnare il proprio capitano, l’australiano Cadel Evans, in maglia gialla sui Campi Elisi di Parigi, al termine di un Tour de France durante il quale ha contribuito in maniera generosa e decisiva a un trionfo, oltre che individuale, anche di squadra.

Ci riceve a casa sua, un accogliente appartamento alle porte di Bolzano, e il primo dettaglio che si nota è lo zerbino raffigurante la mitica Union Jack. Sorseggiamo subito un paio di birre di ottima produzione belga, e nell’aria apprezziamo il diffondersi delle canzoni dei Pendulum.

“Ho conosciuto il loro chitarrista, Perry – racconta Manuel – dopo un’intervista rilasciata alla Reuters, in cui esponevo i miei gusti e preferenze. Mi ha subito contattato lui, tramite twitter (social network dove Queen, soprannome affibbiatogli dai tifosi, conta oltre 14.000 followers ndr.), e il primo incontro è stato al loro concerto di Innsbruck, in seguito al quale sono diventato suo buon amico, oltre che grande estimatore della band. Possiamo definirci due perfetti opposti, io ciclista appassionato di musica, lui musicista malato di ciclismo…”

La mente corre veloce, come una bicicletta lanciata verso il fondo di un pendio, ed emergono aneddoti curiosi in merito alla loro frequentazione.

“Perry è una rock star moderna! Altro che sesso, droga e rock n’roll. Lui è uno che ha pure smesso di fumare, andando in bici, e quando vuole farsi del male sa fin dove spingersi. Come questa estate, quando è venuto ad allenarsi con me a Livigno. Alla prima uscita in altitudine, io mi sono limitato a due ore e mezzo di adattamento, mentre lui, tra l’altro dopo dieci giorni senza bici, causa concerti, ha fatto sette ore, con 3700 metri di dislivello. Se non è rock questo!” Quindi il legame tra ciclismo e musica è davvero profondo, sosteniamo. “Certo! Durante le nostre chiacchierate in bici (nelle parti in pianura, perché va bene che non molla mai, ma in salita fa davvero fatica), ho scoperto mille curiosità su un insospettabile cycling underground nel mondo della musica. Perry mi diceva che il batterista dei Cult, durante i festival estivi, si fa sempre scaricare dal Motorhome della band a ottanta chilometri dallo stadio, per raggiungerlo in sella alla sua bici. L’ex chitarrista di Ben Harper, Mike Ward, ha addirittura scritto un libro per bambini, “Mike and the bike”, che è una sorta di guida interattiva per il Tour de France. E non solo musica, a fine novembre mi sono recato a Londra, dove sono stato ospite del fashion designer Paul Smith, un altro grandissimo appassionato di ciclismo.”

Sul tavolo del salotto giacciono I-Pod e auricolari, forse stanchi dalle innumerevoli ore di servizio, e sopra le nostre teste campeggia, dominante, la maglia gialla dell’ultimo Tour, incorniciata e appesa alla parete. Discorrendo con questo ragazzone altoatesino, dallo sguardo deciso e magnetico, ci si rende conto subito della sua marcata cultura musicale, che ci spiega aver avuto il suo principio con l’ascolto dei Nirvana, in età adolescenziale, quando la ricerca di un sound che rappresentasse la voglia di ribellione tipica di quegli anni, ha trovato la sua valvola di sfogo nella voce grezza e rabbiosa di un’icona come Kurt Cobain. La strada seguente è stata tutta in discesa, e ben tracciata, visto che non sopporta chi dichiara di ascoltare di tutto, poiché equivale a non apprezzare niente, e vari gruppi sono entrati nel suo cuore, fino alla folgorazione ricevuta conoscendo i Radiohead.

“Come sosteneva il compianto giornalista Alberto D’Aguanno, una band che ti chiede tanto, ma che altrettanto ti trasmette, e che ha fatto un percorso inverso, rispetto a molti altri, divenendo sempre più pura e raffinata, a differenza dei Red Hot Chili Peppers, che sono ormai inascoltabili, da tanto commerciali.” spara, senza peli sulla lingua, il nostro ospitante, che nutre un platonico amore per il frontman e musicista Thom Yorke, vero artista, poliedrico e alternativo, autentico fautore delle indiscutibili qualità del suo gruppo.

Nel frattempo arrivano le pizze, a dare sostegno al luppolo ingollato, e Manuel, tra un boccone e una sorsata, snocciola informazioni come se fosse un fiume in piena, a evidente testimonianza di una passione che palpita voracemente nelle sue vene. La canzone preferita, Creep dei Radiohead. Gli ultimi acquisti, Naked and Famous e Foo Fighters. Musica da gara, Rage Against the Machine. Da allenamento, Placebo e Muse, e da appuntamento, Ben Harper!

Gli si illuminano gli occhi, quando gli chiediamo degli ultimi concerti. Non fatichiamo a capirne, dalle sue parole, il motivo. “Ben Harper, quest’estate a Villafranca (VR), il più bello in assoluto. Oltre due ore di incredibile esibizione di un talento come pochi al mondo. Energia positiva allo stato puro. Semplicemente Amazing! Lance Armstrong, suo grande amico, mi ha sempre parlato in termini entusiastici, di lui, e non poteva essere altrimenti. Uno che si alza alle cinque del mattino per skatare in piazza Duomo a Milano, non può che essere un figo! E poi i Foo Fighters, a novembre, nella Grande Mela, Madison Square Garden. Inesplicabile!”

Finite le pizze, torniamo a dedicarci adeguatamente alle birre, in questo caso nostrane, e prima di cominciare a mostrare segnali di giustificato scompenso, approfondiamo le ultime curiosità che ci martellano la mente, e scopriamo che la sua donna ideale non deve essere per forza rockettara, tuttavia occorre che ci sia almeno una predisposizione basilare “veto assoluto su Laura Pausini & co.”, e che lo strumento preferito è senza ombra di dubbio la chitarra, comprata anni fa, ma con scarso tempo da poterci dedicare; tuttavia, in un raffronto tra il suo ruolo all’interno della propria squadra, e un’ipotetica funzione in una band, si sente più vicino a un bassista. “Sono uno che vince poco, e non emergo rispetto ad altri, eppure l’incarico richiestomi, di ausilio ai compagni più titolati, è altrettanto importante. Come un bassista che impartisce il ritmo al gruppo, ponendo le basi per la performance, io creo, con il mio lavoro, i presupposti per le vittorie.”

In sottofondo, i Pendulum hanno lasciato spazio agli Interpol, altra posizione alta nella playlist casalinga, e ci rimane giusto il tempo, prima di congedarci, con stomaco e animo sazi, di salutare e ringraziare Manuel, immaginando il suo ultimo trascorso, a New York, al cospetto di Dave Grohl e compagni, a esternare il suo ardore, e invidiandolo, dobbiamo ammetterlo, non poco.

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