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January 8, 2012

Viaggio negli Emirati #04: Abu Dhabi Grand Souk e Emirates Palace

Cristina Vezzaro

Siamo alla ricerca di un souk un po’ vero, un po’ locale. E il Grand Souk, il Central Market, di certo non lo è. Nonostante la struttura a mercato, del mercato non ha né gli odori né i colori, né tantomeno la folla e il vocio. È evidentemente una trappola per turisti, con alcuni negozi di souvenir e arie di internazionalità con alcune delle solite catene a rovinare il tutto.

L’unica cosa un po’ vera di questo posto è l’incontro con Noor, la donna indiana che fa l’henné da 25 anni e inizia con il pennino a disegnarmi sul braccio destro con precisione e abilità estreme, e con un bel sorriso sulle labbra. Allora, come si vive qui Noor? Malino, mi risponde anche lei, che è di Mumbai ma vive qui da otto anni. Hai famiglia?, le chiedo. Mi sembra che avere qualcuno potrebbe giustificare il sacrificio. Sono sposata da due mesi, mi racconta, con un uomo che mi ha presentato una cugina e che secondo lei poteva andare bene per me. Vive lontano e ci vediamo solo un giorno a settimana. Un ottimo modo per far funzionare un matrimonio, mi ritrovo a pensare. L’abilità che ha nel disegno sembra sprecata per fare tatuaggi temporanei sulla pelle, per quanto questa sia un’arte a sé. Dipingi?, non posso fare a meno di chiederle. Lei mi guarda stupita e nega decisa.

Mentre ci allontaniamo mi ritrovo a chiedermi come si possa infondere vita in un progetto visionario costruito dal nulla come è questa capitale. La risposta mi arriva all’Emirates Palace, che un amico ha giustamente definito “il brutto posto più bello del mondo”. Sorta di palazzo da mille e una notte con marmi e luccichii di vetrine di gioiellieri importanti, un albero natalizio che si erge imponente al cielo al centro di una rotondissima balconata. Lì infatti è esposto, in una mostra, il piano urbanistico da realizzare entro il 2030. Un piano visionario: il Cultural District, con il museo nazionale dedicato allo sceicco Zayed, sempre lui, per mano di Norman Foster. Il Guggenheim Abu Dhabi affidato ancora una volta a Frank O. Gehry. Il Louvre Abu Dhabi di Jean Nouvel. Un Performing Arts Centre, teatro di danza, prosa e musica, ideato da Zaha Hadid e uno splendido museo marittimo di Tadao Ando. Nientedimeno che. Attorno a un nuovo quartiere di lusso totalmente da realizzare. Qui lo spazio non manca, e i soldi nemmeno, soprattutto se si considera l’abbondanza mondiale di manodopera a basso costo. Ma gli studenti di oggi sono i leader di domani, ricorda giustamente uno striscione lungo il viale di Corniche Road West. E qui sembra mancare una classe dirigente. E allora via, una sezione locale della New York University Abu Dhabi, e una di Paris Sorbonne. Collaborazioni per attirare l’élite della penisola araba e creare un nuovo polo politico-economico-culturale.

L’abisso tra ciò che questo posto è e ciò che mira a diventare sembra incolmabile. Sorta di città virtuale, di oasi-miraggio nel deserto, è tanto improbabile quanto reale. Una quarantina di anni fa qui c’era il nulla e solo da poco, da polo unicamente politico, Abu Dhabi ha deciso di trasformarsi in centro anche turistico. Resta da vedere se le figurine dei rendering sapranno dar vita a una società più varia e vera.

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