Music

December 27, 2011

“Un po’ rock, un po’ elettronici e un po’ funky”, in arrivo i Planet Funk

Marco Bassetti

Nati sul finire del secolo scorso all’incrocio tra rock ed elettronica, i Planet Funk rappresentano una delle formazioni italiane più interessanti degli anni 2000. Cresciuti facendosi le ossa nella vivace scena dance napoletana, hanno sviluppato negli anni una proposta musicale fresca e originale, che riesce nel difficile compito di unire sotto lo stesso tetto i frequentatori dei club e il popolo del rock. Con alcune bombe dal sound pulsante e colorato come “Another Sunrise”, “Chase the Sun” e “Who Said”, hanno fatto saltellare giovani di mezza Europa, raggiungendo una fama e un rispetto smaccatamente internazionale. Venerdì 6 gennaio saliranno sul palco dell’Halle28 per la felicità del popolo della notte di Alto Adige e dintorni, e sarà festa. Franz ha scambiato due chiacchiere con Marco Baroni, uno dei pilastri della band fin dai suoi esordi.

Ho ascoltato il vostro ultimo album (The great shake) , nel quale ancora una volta spiccano le collaborazione con altri artisti. Questa è stata fin dall’inizio la vostra cifra stilistica, come mai?

Siamo nati come un collettivo aperto, abbiamo sempre utilizzato nei nostri dischi varie voci, vari ospiti. Questa è sempre stata la nostra caratteristica. Ma ultimamente, anche con l’ingresso di Alex Uhlmann come lead singer, pensiamo di aver trovato una dimensione più da band. Abbiamo voglia di iniziare un nuovo percorso insieme, sperando che duri il più a lungo possibile. Questo non esclude, però, la collaborazione con altri artisti, ed infatti è nata l’idea di fare un pezzo con Giuliano Sangiorgi dei Negramaro (“Ora il mondo è perfetto”, ndr), che avevamo già incontrato in altre occasioni… c’è una stima reciproca. Il pezzo che gli abbiamo proposto, secondo noi, era giusto per lui, a lui è piaciuto ed venuto fuori tutto in maniera molto naturale. Lo consideriamo un tentativo, anche un po’ pionieristico per certi versi, di mescolare una melodia cantata in italiano e una base elettronica, quasi techno. Operazione non facile, dal momento che l’italiano, rispetto all’inglese, è difficile da mettere sulla nostra musica.

Un esperimento interessante, considerando il vostro background anglofono e il respiro internazione del vostro progetto. Sembra emergere una passione, non so se antica o nuova, per la musica italiana, è così?

Siamo italiani, siamo cresciuti ascoltando anche musica italiana. Abbiamo sempre ascoltato di più la musica straniera, ma non abbiamo nessuna chiusura nei confronti della musica italiana.  Ci sono molti artisti italiani che abbiamo seguito negli anni e che ci hanno inevitabilmente influenzato. Battisti è naturalmente uno dei grandi della musica italiana, i Negramaro sono uno dei gruppi più interessanti della nuova generazione e ci hanno da subito colpito… Sono un gruppo che ha fatto un percorso simile al nostro, anche se in un ambito musicale diverso. Per questo è stato bello condividere insieme un momento. La stessa cosa possiamo dirla di Jovanotti, artista comunque più affermato, che ha però voluto contaminarsi con noi e sperimentare nuove strade.

Come è nata la collaborazione con Lorenzo?

Ci contattò lui per un remix del pezzo “Do d’freak” che era uscito nell’album Collettivo Soleluna. Poi stava lavorando all’album nuovo e collaborammo in altri due pezzi, “Falla girare” e “Mumbojumbo”.

Il vostro è un sound meticcio che si sviluppa all’incrocio tra rock ed elettronica, come se oggi un genere avesse bisogno dell’altro per suonare fresco, autentico. È così?

Questo è esattamente il punto da cui è partito il progetto Planet Funk. Era il ’99 e avvertivamo che sia al mondo dance/house/elettronico sia a quello rock mancava qualcosa. Avevamo voglia di partire dalla nostra esperienza nei club per ampliare le nostre prospettive e dare qualcosa di più al quel tipo di musica. Nel corso degli anni questa prospettiva si è sviluppata in diverse direzioni… Noi siamo stati forse tra i primi gruppi a seguire questo tipo di percorso, ma oggi è ormai diventata un po’ una costante. Oggi è tutta una contaminazione, tutto un po’ dance, tutto un po’ rock. Questa natura ibrida nei nostri live si esprime molto bene, emerge molto la nostra anima rock. Nei nostri tour si vede un pubblico davvero misto, sia in termini di età, sia in termini di provenienza: il pubblico dei club si mischia con il pubblico dei concerti rock.

Un’idea, quella di mischiare il rock con l’elettronica, che affonda le radici negli anni ’80. E, infatti, i gruppi che citate come fonte di ispirazione vengono un po’ tutti da quell’incredibile decennio…

Senza dubbio, il germe era già stato gettato in quegli anni. Poi evidentemente nella nostra musica c’è anche, forse meno avvertibile, una matrice funk, una certa attenzione ritmica, un rispetto del groove che emerge ad esempio in pezzi come “Paraffin”.  I pezzi nasconi da lì, da un groove, da un’idea ritmica… Il funk è senza dubbio una musica che ci appartiene, anche come concetto, come approccio alla musica e allo strumento. Tutti noi del gruppo siamo un po’ rock, un po’ elettronici e un po’ funky.

Cosa porterete a Bolzano?

Portiamo un po’ tutto, attingiamo da quattro album che spaziano in dieci anni di musica e di storia. Tutti i pezzi sono stati riarrrangiati, perché in origine sono cantati da quattro-cinque cantanti diversi, rendendo tutto attuale e naturale per quella che è la formazione dei Planet Funk oggi. Vedo che vengono apprezzati sia i pezzi nuovi che quelli vecchi, questo tour ci sta dando grandi soddisfazioni.  Siamo contenti di venire a Bolzano perché non ci abbiamo mai suonato, so che è un è posto dove c’è molta attenzione per la musica elettronica. Fino ad oggi abbiamo fatto tante belle serate, situazioni in cui la gente salta e si diverte. Sono certo che anche a Bolzano verrà fuori una bella festa.

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