Rovereto, c’è voglia di orchestra. Ma arrivano i tagli

C’è voglia di orchestra a Rovereto: vedere il Melotti pieno – in un bel melange di generazioni – è sempre un gran colpo d’occhio, e mercoledì anche l’occhio, oltre all’orecchio, aveva infatti la sua parte. Sarà stato il richiamo dell’orchestra straniera (l’ottima Filarmonica di Belgrado ampiamente schierata sul palco), il nome sempre irresistibile del virtuoso–beniamino Stefan Milenkovic, il programma accattivante, in parte indirizzato verso festose e disimpegnate atmosfere silvestrine. Sarà stato tutto questo, fatto sta che l’appuntamento che da cinque anni a questa parte l’Associazione Filarmonica organizza per tamponare almeno in parte una pesante lacuna (l’assenza in città di grandi concerti sinfonici) ha raccolto il successo che meritava. E il fatto che quella di Belgrado sia stata probabilmente la migliore tra le orchestre ospitate a Rovereto in questi anni (dopo le Filarmoniche di Sofia, Kiev, San Pietroburgo, Mosca) ha il sapore amaro di una piccola beffa per gli appassionati: i tagli impongono austerity, invitare un’orchestra (per quanto in tournée) ha costi elevati; se il Comune di Rovereto ha garantito continuità e adeguatezza di finanziamenti, la Provincia non dà altrettante assicurazioni, facendo temere tagli pesanti che dovranno necessariamente colpire prima di tutto l’eccezione (il concerto sinfonico) per garantire la regola (il cartellone cameristico). Sulle cause di questa situazione si è detto e si è scritto di tutto: il Melotti ha una pessima acustica (e anche ieri se ne è sofferto, nonostante tutto), l’Orchestra Haydn non vi vuole mettere piede, nemmeno per investire su un pubblico che, se non coltivato e, perché no, vezzeggiato, infallibilmente si disamora; l’apertura dello Zandonai però è lontana: che fare nel frattempo?
Chi era al Melotti, comunque, durante al concerto si è goduto le note: quelle velocissime, acrobatiche e ardimentose di Milenkovic, brillante sul suo Guarneri del Gesù nel Secondo Concerto di Paganini; quelle ora tempestose ora pomposamente retoriche di un’orchestra, diretta da Charles Olivieri, trascinante nell’Ouverture dell’Olandese Volante di Wagner, nella Danse Macabre di Saint–Saens e nei Preludi di Liszt. Il finale virava, si è detto, verso atmosfere capodannesche, regalando per bis un Tango così appassionato da far cantare qualche spettatore, ciliegina gioiosa sulla torta del concertone.
PS Articolo comparso lunedì sul quotidiano L’Adige di Trento