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December 20, 2011

Breve viaggio a Lilibeo

Reinhard Christanell

Marsala, Marsa-Allah, Porto di Dio. Non si sa come né quando il Buon Dio sia approdato a Capo Lilibeo ma di certo non è sfuggito alla storia lo sbarco antiborbonico e filo italiano, 150 anni fa, esattamente l’11 maggio 1860, di Joseph Marie Garibaldi, eroe dei due mondi e, prima ancora, dittatore della Sicilia. La vicina Salemi fu, per un solo giorno, la prima capitale dell’Italia unita. Lo ricordano, il generale, insieme a molti dei suoi compagni di spedizione (gran parte dei quali, ironia della sorte, erano giovani padani bergamaschi, bresciani e veneti), targhe, piazze, monumenti, vie, porte, trattorie, enoteche, fruttivendoli, caffè eccetera. Si ha come l’impressione, che l’ombra immortale dei Mille sia destinata ad aleggiare in eterno sulla città.

Lasciato il porto, procedo lentamente su imponenti cumuli di alghe, ripulisco dalla sabbia qualche bella conchiglia e osso di seppia che sbuca tra funi spezzate, reti, rami, tronchi, bastoni, tavole, barattoli, cassette, bottiglie, scarpe, ciabatte, magliette e giornali. Faccio amicizia con pacifici cani e gatti randagi che insieme ai gabbiani affamati popolano la spiaggia deserta. I raggi del sole rischiarano l’imponente muraglione delle storiche cantine Florio e creano un incantevole – e illusorio – ponte luminoso tra la costa tunisina e le isole di Favignana, Levanzo e Marettimo. Da montanaro arrivato dal freddo, non posso fare a meno di notare il contrasto tra il tepore e la luce mediterranea e le luminarie natalizie e i babbi natale biancorossi aggrappati ai balconi. Sull’altro lato della strada, l’esteso parco archeologico che ancora nasconde l’antica città fenicia di Lilibeo, l’insula romana e la grotta della Sibilla Lilybetana.

Mi avvicino alla secolare Via del sale che costeggia la riserva naturale delle Isole dello Stagnone, la più grande laguna della Sicilia, considerata una delle più importanti zone umide d’Europa, nota per i suoi suggestivi tramonti, la ricca fauna ittica e gli stormi di aironi, fenicotteri rosa, germani reali, pivieri, folaghe e cormorani che vi trovano ristoro e cibo. Incontro qualche raro e silenzioso pescatore, pensionati che praticano lo jogging, ciclisti diretti a Mazara o a Trapani. Dietro alti muretti di pietra e tufo, al riparo di enormi fichi d’india e agave, la stupenda campagna di uliveti, gli orti e, soprattutto, i bassi vitigni del rinomato Marsala.

Raggiungo le prime saline, enormi cumuli di sale da sempre estratti a mano dalle vasche e coperti di tegole. Sullo sfondo i vecchi mulini a vento ormai inutilizzati. Dietro ancora, le isole dello Stagnone: Isola Longa, Santa Maria, Schola e la fenicia Mothia, che i Cartaginesi dovettero cedere al tiranno siracusano Dionisio il Vecchio nel IV secolo a.C. Appena sotto lo specchio cristallino d’acqua, l’antica strada punica che ancora oggi collega alcune delle isole alla terra ferma.

Quando arrivo al vecchio imbarcadero, due enormi elicotteri militari si alzano da Birgi, sorvolano rumorosamente S. Teodoro e, oltrepassato Capo Boeo, si dirigono verso sud. Solo il giorno seguente, sfogliando il giornale in una pasticceria nei pressi dell’antico mercato del pesce (nella cui vetrinetta ammiro, accanto ai tradizionali arancini e alla variopinta frutta martorana, cassate, cannoli, cappidduzzi di ricotta, cassateddi di fichi secchi e mustazzoli di vino cotto), apprendo che sono state arrestate una decina di persone legate ad uno degli ultimi boss latitanti della malavita locale. Scrutando, in fondo alla via, il punto in cui il Mar Tirreno incontra il Mediterraneo, mi vien da pensare alla famigerata isola di Raimangal de I misteri della jungla nera, che i coraggiosi cacciatori di serpenti vollero liberare dai malvagi strangolatori adoratori della dea dalle quattro braccia Kali che la depredavano da secoli.

 

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