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November 23, 2011
People I know. Evelyn Petruzzino, una vita a ritmo di danza
Anna Quinz
Ci sono persone che hanno il loro destino scritto addosso. E la danza, più di altre discipline, quando segna un destino, si scrive sul corpo e non lo lascia più. Evelyn Petruzzino, 35enne bolzanina, questo destino più che scritto, ce l’ha scolpito, non solo nel e sul corpo, ma anche negli occhi, che al primo sguardo rivelano la sua passione incrollabile per questa passione divenuta anche una professione. Quando all’asilo ha scoperto il balletto da una piccola compagna, ha capito che quella era la sua strada, l’ha imboccata con tenacia, e l’ha percorsa. La danza classica per iniziare, poi la fuga in Francia, a Montpellier, per studiare. E poi la scoperta del contemporaneo che da interprete ti trasforma in creativo vero, grazie al suo mentore, Bernardo Montet, con cui ha lavorato e con cui ha potuto raggiungere, giovanissima, quelli che erano i suoi obiettivi. Ora Evelyn vive a Parigi, è una mamma felice, una donna bella e completa, che però ha ancora sempre tanta voglia di danzare. Perché la danza, quando ti rapisce, non ti lascia più. Quest’estate è tornata in patria, per uno spettacolo ed è stata un’emozione, racconta, perché essere a casa e fare ciò che si ama, è un privilegio. Ogni cosa, Evelyn la racconta con un sorriso, è lieve, delicata e forte, come ci si immagina debba essere una danzatrice, che non comunica solo con le parole, ma anche e soprattutto con ogni piccolo gesto, perché una danzatrice lo sa bene, “la danza è una poesia in cui ogni parola è un movimento” (Mata Hari). E così, Evelyn della sua vita, della maternità, della sua danza, ha fatto una poesia. Che le sta scritta addosso, come il suo destino.
La danza è arte del corpo. Che relazione ha lei con il suo?
Ho sempre avuto un rapporto difficile con il mio corpo. Amavo la danza classica, volevo diventare ballerina, ma la mia fisicità era un handicap per questa disciplina, un limite che dunque mi ha portato a crearmi un’idea negativa di me. Ma grazie alla danza contemporanea, dove l’accento sta su altro rispetto al corpo esile e leggero della ballerina, ho imparato a conoscermi e apprezzarmi di più. Poi, la mia specializzazione in soma psicopedagogia e lo yoga, mi hanno ulteriormente aiutata ad avere maggiore confidenza e sicurezza. Certo è che sono ancora affascinata dalla perfezione del corpo delle danzatrici classiche, ammiro il rigore, lo studio costante, la tecnica. Noi danzatori contemporanei, invece, siamo davvero indisciplinati!
Da qualche hanno è diventata mamma. La maternità ha cambiato il suo approccio al suo lavoro, così fisico, così totalizzante?
La gravidanza, per me che lavoro con il corpo, è stata un’esperienza interessante. Vedere e sentire l’equilibrio che cambia, la pancia che cresce, le sensazioni diverse e mai provate prima. Ero piena di energia, sono andata in bicicletta fino all’ultimo giorno, e ho danzato fino al settimo mese, questo anche per dire quanto è indispensabile la danza per me. Dunque ora che non sto lavorando i manca moltissimo, è un po’ come una droga per me. Ho sempre avuto una certa difficoltà con il linguaggio, e la danza è il mio modo di esprimermi. Quando non c’è, una parte di me non riesce a comunicare veramente con l’esterno. La nascita di mio figlio però, oltre a essere stata una gioia enorme, ha cambiato il mio modo di danzare: la maternità è un’esperienza che matura, il corpo e l’anima, e dunque anche il mio modo personale di esprimere me stessa, è maturato di conseguenza.
Da anni vive in una delle più belle e affascinanti città del mondo, Parigi. Cosa rappresenta per lei questa città?
Una grande opportunità che non ho saputo cogliere… qui c’è tanto, troppo, e quando ho intorno questo magma di proposte e possibilità, io mi perdo. Sono qui perché mio marito lavora a Parigi, e in un qualche modo mi sento obbligata a restare. Poi questa città è davvero molto cara, e così non sei mai davvero libero di fare quello che vuoi. Se potessi, tornerei a Bolzano…
Cosa ama di più di Bolzano? E cosa le manca?
Devo premettere che all’inizio odiavo Bolzano. Ma quando mi sono resa conto che forse non ci sarei più tornata a vivere, ho iniziato ad amarla. È un posto bellissimo, per la natura, per il suo essere a misura d’uomo. Poi lì ho la famiglia, gli amici. Ma quello che mi piace di più di questa città è la forza creativa che, pur nel suo piccolo, le scorre nelle vene. Sento il potenziale che scaturisce dalle diverse culture che si incontrano tra loro. È una città che culturalmente offre molto, e se fosse meglio collegata con l’esterno, potrebbe diventare davvero un luogo internazionale. È buffo, perché qui mi dicono che non sembro italiana. E questo è il bello di noi bolzanini, siamo europei!
Quello che mi manca, stando qui, è l’alternarsi delle stagioni. In Alto Adige l’inverno è inverno, con la neve e tutto il corollario, e l’estate è estate. Qui non è così, le stagioni so confondono tra loro. E poi mi manca molto il periodo dell’avvento che a Bolzano è davvero bello, sentito. In Francia sembra carnevale…
Pubblicato su “Corriere dell’Alto Adige” del 23 ottobre 2011
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