Music

October 17, 2011

Con Mahler parte il Festival di Musica Contemporanea

Luca Sticcotti

E’ quasi un gioco di parole. Oggi come oggi se si parla di “musica contemporanea” per forza di cose si finisce per fare riferimento ad un periodo… del passato, compreso grosso modo tra gli anni ’40 e ’70 del secolo scorso. Dopo questo periodo “aureo” infatti quel genere di musica ha finito per sciogliersi, contaminarsi, rivoltarsi su se stessa, implodere o esplodere in mille rivoli. E uno di questi – neanche a dirlo – ha continuato fieramente a mantenere il suo nome e ruolo originario, anche se mano a mano ammantato da un’inevitabile aria di “classicità”.

E’ il caso, quest’ultimo, del Festival di Musica Contemporanea ideato da Hubert Stuppner per l’appunto a metà degli anni ’70 e giunto fino a noi grazie soprattutto all’ostinazione del suo “creatore”. Oggi in ombra rispetto a manifestazioni più giovani e moderne nella concezione come Transart, il Festival di Musica Contemporanea ha vissuto in passato periodi gloriosi, naturalmente nel suo piccolo, ma che poi, a ben vedere, tanto piccolo non era. Dopo gli esordi per l’appunto nell’ultima fase di “vita attiva” della musica contemporanea, per una lunga stagione il festival ha saputo rappresentare in maniera valida tutti gli sbocchi e gli ibridi che il linguaggio colto è riuscito a intrecciare con musiche altre, altre arti e vie alla performance. Gli anni ’80 in questo senso hanno ospitato concerti memorabili alla sala del Conservatorio, cruciali dal punto di vista formativo per la generazione a cui appartiene chi scrive. Con gli anni ’90 è quindi gradualmente subentrata una certa decadenza che ha visto, appunto, il suo culmine all’inizio del terzo millennio. Mai domo Stuppner si è dunque nuovamente reinventato, spinto definitivamente da due motivazioni di fondo: la necessità di dare comunque in Alto Adige uno spazio ai “classici” della musica colta novecentesca, riservando comunque un occhio di riguardo a chi, in prospettiva colta o giù di lì, in provincia di Bolzano ancora si sogna di “sperimentare” qualcosa.

Queste due direttrici artistiche, ahinoi, hanno poi avuto la sfortuna di accompagnarsi recentemente anche con una cospicua riduzione del budget a disposizione del festival, ma tant’è: si era deciso di andare avanti e quindi… niente paura.

Fatte queste doverose premesse veniamo al dunque: nonstante tutto la 37esima stagione del FMC presenta diversi motivi d’interesse, per lo meno nelle intenzioni.

E’ il caso ad esempio del concerto inaugurale di stasera al Teatro Cristallo di Bolzano dove l’ensemble Sonata Islands guidato da Emilio Galante ospiterà la tromba di Giovanni Falzone e la fisarmonica di Simone Zanchini, nella proposta di inediti arrangiamenti del Canto della Terra di Gustav Mahler. Venerdì 21 invece il festival farà tappa a Merano per proporre un ancor più interessante progetto di scrittura collettiva firmato da alcuni dei migliori compositori locali (Eduard Demetz, Marcello Fera e Herbert Grassl) e affidato forse al miglior ensemble tirolese (in senso lato) attivo anche nel campo della musica d’oggi, i fiati di Windkraft. Il 27 al Museion invece sarà la volta di Contakt, un ottimo ensemble di percussionisti altoatesino che non ci stancheremo mai di lodare e che proporrà al pubblico due super classici imperdibili del minimalismo quali Clapping Music e Drumming di Steve Reich. Dopo la densa giornata di domenica 30 ottobre, caratterizzata da una matinee al conservatorio con le chitarre del gruppo Kairos, ed una serata a MeranoArte con l’Ensemble Antisonic, il festival sarà ancora a Merano il 7 per “prime” Stuppner e Fera affidate al Conductus, e quindi al Filmclub di Bolzano il 10 novembre per una rimusicazione (altro “genere” di moda di questi tempi) elaborata dal jazzista Miki Lösch per il film di Buster Keaton “Il geneale”.

Saranno ancora i Contakt a chiudere definitivamente la rassegna i 14/11 con un concerto venostano a Silandro, dopo aver scorazzato in lungo e in largo nelle scuole altoatesine, con la benedizione delle intendenze, per coinvolgere gli studenti nella sana pratica della body percussion.

Insomma, la buona volontà c’è tutta per non parlare della determinazione nel voler credere, ancora, che ha senso parlare / e proporre l’ascolto di musica contemporanea nel terzo millennio. Potrebbe allora anche succedere che più d’uno voglia non perdere l’occasione di stupirsi, contando sui prezzi popolari dei biglietti dei concerti all’insegna del “meno di così si muore”. Vi consigliamo vivamente per lo meno una spedizione “a campione”.

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