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October 12, 2011

Il Tirolo multiculturale ai tempi dell’Unità d’Italia

Luca Sticcotti

Venerdì scorso nell’ambito dell’iniziativa “Impronte di Storia” dell’ARCI, ha avuto luogo alla LUB un interessante incontro volto a riflettere su cosa significò la nascita dell’Unità d’Italia per gli abitanti del territorio che noi oggi chiamiamo Alto Adige Südtirol.

Per compiere questa operazione l’Arci ha coinvolto in un dialogo lo scrittore meranese Paolo Valente e lo storico ed insegnante bolzanino Christoph von Hartungen, cercando di focalizzare il discorso su quali sono le potenzialità, le caratteristiche e i problemi rappresentati oggi dalla narrazione di quell’anno cruciale.

Ne è scaturito un confronto nel quale i relatori hanno utilizzato strumenti diversi per giungere ad un’unica conclusione e cioè che nel 1861 la nostra terra era per molti versi estremamente diversa da come ce la immaginiamo. Da parte sua Paolo Valente, ricorrendo a materiali relativi a pubblicazioni del tempo, frammenti e memorie di vario genere, in parte inedite, ha ad esempio ricordato che la città Merano 150 aveva già salde caratteristiche che oggi non esiteremmo a definire “europee”, manifestando già le premesse dell’industria turistica che vi sarebbe sgorgata di lì a poco. Le tensioni, naturalmente, non mancavano, ma all’epoca erano dovute per lo più a motivi religiosi (l’accoglienza o meno di comunità evangeliche nel territorio) e sociali, che ad argomenti riguardanti le lingue delle persone.

Christoph von Hartungen dal canto suo ha cercato di descrivere le due spinte che caratterizzavano la politica locale in quegli anni, da una parte tesa a rinsaldare l’autonomia politica ed economica del Land nei confronti dell’Impero Asburgico, dall’altra ad inseguire il sogno di una prossima mitica riunificazione di tutti i popoli di lingua tedesca. Con al proprio interno anche una divisione sempre più netta tra il rurale cattolicesimo tradizionalista ed il laico (se non anticlericale) nazionalismo liberale cittadino.

Così avvenne che l’unificazione dell’Italia fu una sorpresa – oltre che per Cavour stesso e le potenze europee – anche per i nazionalisti sudtirolesi di allora che provarono una certa invidia nei confronti di quello che gli italiani erano riusciti a compiere, rocambolescamente e anche, in parte, inconsapevolmente.

D’altronde tanto per cominciare il Sudtirolo di allora non corrispondeva con quello di oggi ma con il Trentino, e poi – come già detto all’inizio – il nostro territorio doveva avere tradizioni ben diverse da quelle che immaginiamo oggi se è vero – come riferito da Valente – che a metà ’800 in Alto Adige non solo l’albero di Natale era sconosciuto, ma la stessa festa legata alla nascita del Christkind non esisteva. Con buona pace dell’attuale industria del Mercatino di Natale, tradizione con denominazione di origine controllata, naturalmente.

Insomma: cosa ne pensavano della faccenda dell’unità gli “italiani” che nel 1861 vivevano nel nostro territorio?

E’ presto detto, perché erano completamente concentrati sulla loro sopravvivenza, questione allora cruciale per il 99% della popolazione, così come nei millenni precedenti. Per questo erano precedentemente emigrati dalla Val di Non e dalle Valli Trentine, sudditi tra i sudditi dell’imperatore, di lingua italiana, dello stato multinazionale austriaco. In Alto Adige erano stato quindi raggiunti da altri “italiani” che dalla “patria” veneta erano fuggiti con le loro famiglie proprio per riuscire a campare grazie alla richiesta di maestranze nell’edilizia e nell’artigianato.

Insomma, all’epoca di diatribe sui monumenti non vi era l’ombra. E le lingue non erano altro che che strumenti per comunicare. Se per campare bisognava impararne ed usarne un’altra lo si faceva senza fare tante storie e senza preoccuparsi di eventuali “processi di assimilazione”.

In conclusione i relatori hanno scattato una foto ricordo accanto alla grande targa che nell’attigua biblioteca della LUB ricorda le dedicazione al “fondatore” Luis Durnwalder. Lo stesso che disse che nel marzo 2011 per la popolazione dell’Alto Adige Südtirol non vi era nulla da “celebrare”.

Ma forse qualcosa su quegli anni ci sarebbe ancora da capire e soprattutto da “sapere”. Portando ad una nuova consapevolezza che farebbe bene a tutti.

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