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August 25, 2011

People I Know. Thomas Brancaglion: multitasking al maschile

Anna Quinz

Nel pensiero moderno, multitasking è un termine coniato per le donne. Madri, in carriera, regine del focolare… gli uomini di solito hanno meno impegni da assolvere contemporaneamente. Il lavoro, qualche hobby, e questo è quanto basta. Poi ci sono le eccezioni. Thomas Brancaglion è decisamente un’eccezione. E un uomo multitasking. Classe ‘79, giurista per professione, è impegnato su così tanti fronti da essere diventato, una delle anime della vita sociale e culturale bolzanina. Membro nel direttivo di Radio Tandem, collaboratore della Fondazione Langer, chitarrista dei Cantina Roots’, giocatore della squadra di hockey “Power Bulldogs”, neopapà. Come riesca a fare tutto, mantenendo sempre un alto tasso energetico e una positività contagiosa sembra un mistero. Certo è che per suo figlio, ma non solo, sta costruendo, con impegno attivo e partecipazione vera, una Bolzano sempre migliore.

Giurista all’apparenza atipico, come riesci a conciliare questa professione, nel pensiero comune “ingessata”, con le tue tante attività culturali, l’impegno sociale, le passioni così diverse, mantenendo sempre il sorriso?

È vero che nell’immaginario collettivo il giurista si deve confrontare con normative, litigi… ma in verità in questo lavoro si ha a che fare soprattutto con le persone. Ritengo che un buon legale debba per forza avere un cuore, un’anima sociale oltre che una spiccata sensibilità per le problematiche umane che si celano sotto quelle giuridiche. Queste competenze mi aiutano anche in tutte le altre attività. Purtroppo però mi scontro anch’io con l’angusto limite delle 24 ore… gli impegni sono tanti, ci vuole una buona organizzazione. E poche pause. Per fortuna ho sempre l’appoggio dei miei cari, quando si fa squadra si riesce a fare tutto. Il sorriso è un modo per affrontare al meglio la vita, che è poi la mia più grande passione.

La radio, nell’era di internet, potrebbe apparire obsoleta. Cosa ti piace del mezzo radiofonico? E cosa rappresenta secondo te Radio Tandem per Bolzano?

Non c’è nulla di più diretto, semplice e immediato della radio. Per me, è una passione, farla, come ascoltarla.
Tandem è nata 34 anni fa in un contesto di forti scontri etnico-linguistici da una radio popolare di quartiere, passata poi per il progetto editoriale elaborato insieme ad Alexander Langer. Negli anni ha fatto o appoggiato tante lotte sociali, ha avuto i suoi alti e bassi, ma gode ancora di ottima saluta, cosa rara per le radio comunitarie nate negli anni ‘70. In un periodo dove il panorama mediatico tende a uniformarsi e livellarsi, avere in città una radio libera da editori e/o poteri forti è importante.

Sei da sempre molto impegnato nel sociale. In che modo ti poni nei confronti di certe problematiche, locali e “globali”?

Il mio approccio personale deriva dalla pragmaticità del legale e del tecnico, ma anche dalla diplomazia acquisita col tempo. A parte la sensibilità per i meno fortunati, le fasce deboli della società, ho sviluppato l’interesse nella gestione dei conflitti. Ritengo, infatti, che siano dei fenomeni sociali nei quali si concentrano molte energie, che se gestite opportunamente si possono trasformare in risorse e occasioni di crescita per le parti coinvolte. Questo è un assunto centrale della mediazione che in più occasioni si è rivelato prezioso. Ed è questo che mi piace pensare, in ambito locale, per le questioni legate alla convivenza e all’integrazione, ma anche per quelle più banali come la produzione musicale a Bolzano.

Sei perfettamente bilingue, condizione privilegiata, ma troppo spesso non abbastanza apprezzata. Come l’hai vissuta e la vivi?

Il bilinguismo è un bene per il quale devo massima gratitudine ai miei genitori che hanno fatto sforzi per insegnarmi due lingue contemporaneamente. Il fatto che la popolazione bilingue non sia di fatto riconosciuta ufficialmente è per me grave. Da giovanissimo ho avuto i miei problemi a imparare e usare le lingue correttamente e spesso mi sono trovato a dovermi difendere da un gruppo o dall’altro, perché stranamente non andava mai bene la mia alterità. Oggi però mi rendo conto di avere un privilegio preziosissimo. Posso interagire con chiunque senza problemi di comunicazione e questo è utilissimo, nella professione e nei rapporti sociali.

Sei da poco papà. Cosa vorresti che tuo figlio, una volta “grande”, trovasse a Bolzano che ancora non c’è? Cosa gli racconterai della Bolzano di oggi?

Premetto che avere un figlio è una gioia indescrivibile. Penso che in quanto a servizi e strutture in Alto Adige possiamo ritenerci fortunati. Però spero che Noah possa trovare a Bolzano un po’ più di “respiro europeo”, quell’aria di apertura, di mescolanza e di tolleranza che ho spesso trovato altrove ma che qui un po’ mi manca. Ci troviamo in una posizione geografica strategica, ma spesso come città, tendiamo a chiuderci. Della Bolzano di oggi racconterò a mio figlio quali e quanti sforzi sono stati fatti (anche da suo padre. Ndr) per renderla a misura d’uomo moderno (se penso a come stavamo 15 anni fa…).

Pubblicato su “Corriere dell’Alto Adige” del 21 agosto 2011


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