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August 11, 2011

B.S. spiega ai posteri S.B.

Jimmy Milanese

“Ciao, sono qui a Brunico, tra poco vado alla presentazione del libro di Beppe Severgnini, quello che parla contro Berlusconi, poi domattina vado a Cortina da mia moglie che è li coi figli. Com’ è lui? E’ diventato un tipo spocchioso, troppo snob, antipatico insomma”.

Stavo pranzando all’enoteca Bernardi di Brunico, verso le 14 circa, lunedì 8 agosto. La città era piena di turisti italiani, molti dei quali avrei rivisto alla Casa Ragen, dove il noto giornalista Beppe Severgnini si apprestava a chiudere la sua lunga maratona estiva in occasione dell’uscita del suo libro “La pancia degli italiani”.

Al tavolo accanto, un signore di circa 55 anni, jeans blu scuro Trussardi, scarpe Prada rosse e bianche, camicia azzurra manica lunga di sconosciuta marca, Blackberry nero con custodia verde alla mano e un portafoglio di rara consistenza, così si esprimeva. Pago, esco dal locale e pochi minuti dopo Severgnini mi chiama; anticipando il suo ritardo di qualche minuto, si scusa ripetutamente e mi da appuntamento di li a poco per un’intervista concordata qualche giorno prima, semplicemente chiedendogliela via email.

Beppe Severgnini, fisionomia inconfondibile, mantella leggermente più lunga e stretta di Colombo, mandibola che mastica italiano, inglese e francese senza alcuna difficoltà, l’ho conosciuto circa dieci anni fa a Liverpool. Undicesima Pizza, organizzata dal suo blog “Italians”, pubblicato sul Corriere della Sera. Pizza a Londra, la prima, poi Liverpool, Tel Aviv, Beirut, Bangkok, un giro tra italiani espatriati per i motivi più disparati, durato 100 Pizze, 100 incontri, 10 anni, migliaia di persone, storie, esperienze di quelmade in Italy che in Italia non trova spazio. Una volta gli chiesi perché facesse tutto questo, sempre disponibile con tutti, e lui rispose che sentiva di dovere ridare quello che la vita gli aveva donato.

Questa volta lo incontro in uscita libera assieme alla moglie, che guida meglio di lui, lo ascolta mentre parla in sale che si riempiono al ritmo di 500 persone alla volta, lo osserva in mezzo alla nuvola di lettori/ammiratori/fans che gli stringono la mano, chiedono un autografo e gli ricordano di averlo incontrato venticinque anni fa in quel posto, a quell’ora, in compagnia di tizio o caio.

Beppe è uno di quei giornalisti di montanelliana formazione che non si barricano dietro la forma, dietro l’artifizio sintattico che nasconde il vero senso della parola. Per questo motivo, a differenza di molti suoi eminenti colleghi, ha ricevuto numerosi riconoscimenti dalla stampa estera, per quello che ha scritto, per come lo ha scritto e per quando lo ha scritto. “La pancia degli italiani” (Rizzoli) è il suo ultimo lavoro, uscito da una serie di lezioni alla London School of Economics, che lo chiamò per meglio comprendere il “fenomeno” Mister B.; l’origine della persistenza al potere dell’uomo più amato/odiato, invidiato/insultato della storia politica dal nostro (primo o secondo?) dopoguerra.

L’Italia, spiega Beppe al pubblico che gremisce l’incantevole sala Ragen, non ha inventato che una forma di governo: la Signoria. Quella dove non ci sono cittadini, ma sudditi, e da Lorenzo il Magnifico a Berlusconi, poco è cambiato, siamo sempre li, più o meno. Snocciola con ironica dovizia di particolari, fonti documentate in modo maniacale, i dieci fattori che decretano il successo di Mister B. e l’insuccesso di chi lo ha meramente contrastato. Apre il suo iphone e fa ascoltare un filmato disponibile su youtube, dove il nostro leader maximo afferma di avere introdotto una novità nella politica italiana: la moralità. Poi rivela che nel corso di una intervista, D’Alema gli confessò di non essere un politico da bar, ma da centro studi, infatti, ribattè Beppe, l’altro va al bar e vince le elezioni.

La questione cruciale è tutta nel rapporto simbiotico che mister B. è riuscito a costruire con il suo elettorato, con il quale egli riesce sempre a trovare quello che unisce il personaggio più ricco e potente del paese con l’operaio dell’Aquila o la signora del circolo di ballo. Mentre la sinistra ha passato questi anni a combattere il personaggio, Mister B. ha venduto un prodotto, il suo prodotto, ovvero il consenso alla sua persona in cambio della legittimazione alla scappatella coniugale, alla furbata per eludere o evadere le tasse. Mister B. è un individualista di successo che parla a un paese di individualisti. Se il suo mantra ripetitivo e ossessivo contro i comunisti contribuisce a mantenere il c.d. Effetto TINA (There Is No Alternative -  non c’è alternativa), le sue abitudini mondane e la sua goliardia a qualsiasi costo, incentivano dei comportamenti sociali già esistenti e persistenti nel paese. Quando questo meccanismo non funziona, Mister B. è capace di incoerenze pirotecniche degne del miglior acrobata del Circo Togni e con un atto di Fede, la pillola va giù.

In un certo senso, mister B. parla proprio alla pancia degli italiani, a un popolo unito solo dal suo essere diviso dagli antagonismi. In questa logica, mentre l’opposizione parla dei problemi del paese, del concomitante, del reale, di quello che accade, egli  esalta le intenzioni e guarda al futuro coi suoi “faremo” e al passato coi suoi “abbiamo già fatto”, inducendo la memoria dell’ascoltatore alla menopausa.

Mister B. è anche un uomo solo, triste, incapace di affrontare qualsiasi critica alla sua persona, quindi sospettoso di natura, e Beppe lo spiega molto bene, senza dilungarsi, citando selezionati fatti. Ad esempio, le serate ad Arcore in compagnia di giovani e annoiate ragazze sedute sul divano e costrette alla visione dei filmini delle visite di Mister B. ai vari capi di stato. Oppure, una confidenza di Montanelli che, dopo anni di silenzio, venne chiamato da Berlusconi per un incontro. Montanelli raccontò a Severgnini che non avrebbe voluto rivederlo, perché Mister B. sarebbe arrivato con la scorta sotto casa sua, avrebbe suonato al portone, avrebbe salito le scale e, una volta Montanelli gli avesse aperto la porta, lui lo avrebbe abbracciato e si sarebbe messo a piangere chiedendosi il motivo di tanta lontananza dal grande giornalista italiano. Montanelli era sicuro che ci avrebbe creduto e sarebbe stato fregato.

In un paese dove la stampa è a servizio di qualcuno, “La pancia degli italiani” ha già venduto più di 100.000 copie, nonostante non risulti ancora recensito dai maggiori organi d’informazione. Infatti, se la sinistra non vuole spiegare Berlusconi, perché altrimenti dovrebbe iniziare da un esame di coscienza; la destra non si darà mai spiegazioni sul fenomeno, finché continuerà a vincere. Ma il pubblico, quella parte di Italia che le informazioni se le va a cercare, ormai si è stufato delle risse televisive, delle promesse ripetute all’infinito, dei vari Scilipoti e onorevoli Veline, dei partiti con la presunzione di superiorità morale. A tutti questi, preferisce un libro scritto da un giornalista e un incontro ai tempi delle vacanze. C’è qualcosa di malato, che proprio non va, secondo Beppe, se in piena estate numerosi operatori dell’informazione riempiono una, dieci, cento, mille sale per raccontare libri che parlano di politica.

A margine della conferenza, noto il mio involontario compagno di pranzo aprire il libro di Severgnini fresco di stampa e di autografo per mostrarlo a una bellissima ragazza tra le diciotto e le ventidue primavere, che lo prende per mano e gli pianta un bacio alla francese sulla bocca: se lo invidiassi sarei di destra, se lo biasimassi sarei di sinistra.

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