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June 9, 2011

54esima Biennale di Venezia: un alverare lagunare

Paola Tognon

Si è aperta la 54a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. La prima ad essere curata, “tutta da sola”, da una donna, Bice Curiger, critica d’arte svizzera che ha voluto intitolare questa biennale ILLUMI-nazioni, dedicandola sia alla capacità dell’arte di illuminare i secoli, sia alle nazioni che, nella loro complessa e articolata partecipazione, specchio di un contesto globale, fanno della Biennale certamente l’appuntamento più significativo al mondo.

Ma è soprattutto la cornice di questa Biennale, che si sviluppa accanto alle sedi ormai storiche dei Giardini e dell’Arsenale, a costituirne un’edizione sorprendente, quasi quanto fu – per l’epoca – la prima edizione della Biennale, nel lontano 1895.

Venezia è apparsa infatti in queste tiepide giornate di inaugurazione (31 maggio – 4 giugno ) come una piattaforma sorprendente, non solo per la bellezza magnetica del suo paesaggio, ma ancor più per essersi mostrata come una sorta di gigantesco alveare lagunare sul quale centinaia di mostre, progetti, talk e conferenze si sono dati un appuntamento intercontinentale. Mai come in questa edizione infatti i padiglioni nazionali si sono moltiplicatia anche con più sedi espositive così come istituzioni, fondazioni, associazioni e gallerie si sono organizzate per presentare artisti e attività nei luoghi più inediti della città: dalle isole circostanti sino alla terraferma di confine. Un ronzare di opportunità, piccole e grandi, a volte rappresentative, a volte anche improbabili e forse proprio per questo foriere di energia e di ricerca. Su tutto ciò, 54a Biennale/eventi collaterali/eventi autonomi, una sorta di volo nuziale con accompagnamento in livrea: nuove e stabili sedi di rappresentanza per Fondazioni come Prada (Ca’ Corner della Regina), sedi istituzionali per mostre di fondazioni altrimenti dislocate come la Sandretto Re Rebaudengo ora in sede alla Giudecca, stratificazioni di esposizioni nei Palazzi dei Musei Civici Veneziani e nelle fondazioni recentemente aperte nella città (Palazzo Grassi, Punta della Dogana, Vedova…) e un massiccio dispiegamento di yacht, motoscafi e feste notturne in ogni palazzo degno di tale nome. Tutto ciò in lussuosa sovrapposizione agli opening nazionali e alle feste di tutte le riviste del settore (dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna, dalla Russia alla Turchia passando per Milano), alle tradizionali fine serata in Santa Margherita e infine accanto a conferenze di qualità quali quelle tra l’Ateneo Veneto, Ca’ Foscari e le piccole serre di Via Garibaldi (progetto Microclima).

Venezia con questa 54a Biennale può dichiararsi piattaforma mondiale dell’arte e parallelamente aprire una fitta serie di riflessioni che evidenziano un divario sociale sempre più forte, una ricerca di mondanità e rappresentanza insita nella sua dimensione attuale, ma parallelamente una ricerca di senso e autenticità di rinnovata proposizione.

In questa cornice che ha superato ogni aspettativa di menti e di corpi, la mostra ILLUMI-nazioni - centrale a tutta la manifestazione proprio perché a cura della sua direttrice artistica e allestita nella sede dei Giardini e nelle Corderie dell’Arsenale – appare come una stasi, uno spazio rarefatto, lontano da colpi di scena e da giochi di prestigio, da sentimenti intensi e contrapposizioni, quasi come un cuore il cui battito si svolge in differita. Una mostra più da museo che da Biennale, più da ricerca personale che da proposta, più da diario di bordo che da navigazione a vista dentro i mari allargati della geografia contemporanea. Soprattutto nella sede dei Giardini, dove le sale si succedono quasi cadenzate e le opere interagiscono positivamente al nostro sguardo in spazi agevoli  e esenti da sopraffazioni o distorsioni. Ma con delle eccezioni che permettono di svelare il registro  più intimo e significativo di questa mostra e della sua studiata – ma forse solo apparente -  mancanza di asperità grazie alla presentazione di opere di grande qualità realizzate in gran parte proprio dagli artisti meno internazionalmente consolidati. E grazie alle intuizioni davvero interessanti e inaspettate dei “parapadiglioni” gestiti da Franz West, Monika Sosnowska, Song Dong e Oscar Tuazon. Osservando queste strutture che, fatte da artisti, ospitano le opere di altri artisti, il ritmo sembra positivamente accelerarsi per contaminazioni e collaborazioni inaspettate, come in quella della Sosnowska che dimostra come nel mare più calmo si possano incontrare correnti inaspettate capaci di portare la nostra barca lontana da sicuri approdi precostituiti.

Per il suo potente valore simbolico, per il suo apparato, soprattutto per i suoi tantissimi artisti e per tutte le opere che accoglie, per le sue partecipazioni nazionali – mostre dentro la mostra – e per tutte le esposizioni e le conferenze che l’accompagnano e ne sono nuovo motore, questa 54a Biennale di Venezia è un’opportunità da non mancare. Ma con qualche giorno a disposizione per intraprendere un viaggio di visione e di riflessione che consenta di cogliere al meglio questa vasta e composita occasione che interpreta il nostro tempo.

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