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May 26, 2011

Duccio Canestrini: antro-pop e viaggio al femminile

Anna Quinz

Ci sono tanti modi di fare spettacolo, tanti modi do comunicare dal e nel luogo teatrale, tanti modi di avvicinare e “acchiappare” l’interesse del pubblico. Un modo può essere la conferenza spettacolo. Temi seri che rimestati e rimasticati dalla comunicazione multimediale si trasformano e assumono forme diverse e si fanno “leggeri”. Ma solo nella comprensione. Perché seri sono e seri, fortunatamente, restano. Questa sera, un maestro in questo genere periferico ma importante del fare spettacolo, l’antropologo Duccio Canestrini, incontrerà il pubblico bolzanino e metterà in scena la sua performance fuori dalle righe, utilizzando musica, video, immagini e naturalmente le sue parole. In questo intervento, organizzato in collaborazione con il gruppo “Penelope in viaggio”, Canestrini intraprenderà un percorso dedicato proprio al tema del viaggio, e più nello specifico del viaggio al femminile.

Alcune domande all’antropologo.

Da sempre lei lavora, scrive, si interroga sul concetto di viaggio. Da dove proviene l’interesse verso questo tema?

Sono sempre stato un grande viaggiatore. E anche come giornalista mi sono a lungo occupato di viaggi. Insegno all’università antropologia del viaggio, ed avendo sempre amato partire, non ho mai smesso di occuparmi di questo tema. La mia vita dunque è un viaggio in sé, di ricerca sul mondo del viaggio e dei viaggiatori.

Nella conferenza spettacolo di questa sera entrerà nel vivo del viaggio dal punto di vista femminile. C’è una specificità del viaggiare per le donne?

Il gruppo Penelope in viaggio mi ha invitato a riflettere su questo argomento, che trovo estremamente stimolante. Siamo proprio partiti da una domanda: le donne viaggiano? E come viaggiano? Attraverso ricerche, nella storia, nella letteratura e nella quotidianità, ho sviluppato un’ipotesi centrale: le donne viaggiano in un modo diverso dagli uomini. In un modo che potrei definire più empatico. L’uomo viaggia per conoscere, per conquistare, per inventariare il mondo. La donna, forse anche perché non ha una sua storia del viaggiare, una tradizione (anche per questo la figura di Penelope è un buon punto di partenza, simbolo di stanzialità contrapposta al viaggio per eccellenza di Ulisse) radicata. Allora le donne, che oggi invece viaggiano, si muovono, si spostano, lo fanno sì per conoscere, ma conoscere in un modo differente, più emozionale, cercando di entrare in empatia e in contatto più diretto con la natura, le cose, le persone.

Perché ha scelto di esprimersi con la formula della conferenza spettacolo?

Sono un antropologo, la conferenza sarebbe per me il modo “freddo” di comunicare. Ma ormai da anni ho deciso di voler creare un maggior coinvolgimento, utilizzando immagini fotografiche, canzoni leggere, videoclip… l’interattività e la multimedialità sono un modo per trasmettere anche la mia passione per l’iconografia, per riportare al pubblico personaggi e storie in un modo meno istituzionalizzato. È un modo per farsi capire in modo più semplice e diretto. È il mio modo di fare antropologia, una vera e propria antro-pop!

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