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May 4, 2011
CRATere: Parole e silenzio
Laura Mautone
Ai primi di maggio, presso il Centro per la cultura, in via Cavour 1 a Merano, è stato presentato nell’ambito della rassegna di arte, umanità e teatro, intitolata “della differenza” e organizzata dal 1 al 22 maggio da CRAT (Centro Ricerca Artistica Teatrale), cioè dall’eclettico Nazario Zambaldi, il seminario con il maestro Jurij Alschitz dal titolo The sense of words and the sense of silence, che si sta tenendo sempre presso il Centro per la cultura fino al 9 maggio. Il lavoro avrà come testo di analisi Le tre sorelle di Cechov. Dopo il seminario nel 2006 intitolato Dall’energia alla creatività, e quelli nel 2007 La metafisica dell’attore e nel 2009 L’arte di insegnare teatro, il maestro torna a Merano nel 2011 per CRATere con il quarto ciclo di lezioni, che sono aperte ad insegnanti, attori, registi e a tutti gli interessati. Il corso è riconosciuto come corso d’aggiornamento per insegnanti ed operatori del mondo della scuola. Abbiamo posto a Nazario Zambaldi alcune domande a proposito del seminario e della rassegna.
Perchè Alschitz?
E’ un maestro del teatro russo e un grande pedagogo e a me sembra che oggi nel teatro, così come nella scuola, si sperimenti l’incapacità di trasmettere qualcosa. In Italia manca una vera e propria scuola di teatro. Seguire Alschitz è una possibilità di ricollegarsi ad un approccio che è anche apertura alla vita, al rapporto tra allievo e maestro, non per niente l’ultimo lavoro di Alschitz, che non è ancora stato tradotto in italiano, ma che sarà presentato a Merano è L’arte del dialogo (per ora disponibile solo in inglese e in tedesco). Questa proposta si unisce agli interventi di Alessandro Argnani della Non-scuola del Teatro delle Albe di Ravenna e di Claudia Castellucci della Societas Raffaello Sanzio di Cesena con la Stoa.
Perché il teatro come modello per la scuola?
Il teatro è il luogo in cui si elaborano strategie di relazione e comunicazione che possono rifondare la società e quindi anche la scuola di oggi. Il teatro nella sua valenza di scuola di vita, può mostrarci, forse, un nuovo modo di fare scuola e di comunicare.
Come interpreti tu il tema del seminario The sense of words and the sense of silence?
Bisognerebbe chiederlo ad Alschitz o meglio seguire il corso per poter rispondere, ma io credo che, interrogando il paradosso, sia necessario cercare una “parola silenziosa” che respira, che è viva, una parola che sa tacere e dire al momento giusto, non una parola “vitrea” che definisce e giudica, non la pura connotazione, ma una parola nuova, delle parole nuove che recuperino le capacità di connotazione. Spesso oggi, noi e i giovani, viviamo in una società liquida, che nasconde i veri significati delle parole e nella sovrapproduzione di messaggi, informazioni, in internet, come in una nuova agorà, si perde la possibilità di incontrarsi veramente con l’altro. La comunicazione si fa esibizione di sé, ma non va in profondità. La parola come poesia e profezia può forse accompagnarci nel viaggio attraverso questa realtà virtuale e fare in modo che si torni a comunicare. Si rimprovera spesso ai giovani di non ascoltare, ma quante volte le nostre parole sono parole davvero “interpellanti”?
La rassegna “della differenza” raccoglie contributi e manifestazioni molto composite. Come mai un tale dispiegamento di energie creative tra Merano, Bolzano e Trento?
L’idea che sta alla base di questo progetto è la convinzione che sia utile mettere in rete, istituire dei collegamenti tra le realtà, gli individui e i gruppi che lavorano in direzioni simili. Da una rivoluzione immaginata ad una rivoluzione dell’immaginare, trovare dei modi per fare rete in modo non verticale, ma capillare, tentacolare, un po’ come fanno gli uccelli in volo o uno sciame di api, geometrico e naturale insieme: questo è un po’ lo scopo di questa rassegna. Come diceva Pasolini nel 1975 “darei l’intera Montedison per una lucciola”.
Che cosa intendi dire? Pasolini nell’articolo intitolato Il vuoto del potere in Italia pubblicato su “Il Corriere della Sera” il 1 febbraio 1975 e raccolto ne Gli scritti corsari, parlava di fascismo, democrazia cristiana e vuoto di potere. Pasolini avrebbe ripudiato ogni industrializzazione perché ci fosse almeno una lucciola. Per te le lucciole cosa rappresentano?
Io ho ritrovato questa frase citata nel libro di G. Didi-Huberman intitolato Come le lucciole e lì se ne parla come della possibilità di immaginare una politica della sopravvivenza umana. A rischio di estinzione, anzi già estinte ed ora presenti sporadicamente, di nuovo, le lucciole sono le generazioni x, y e z che non hanno un luogo, uno spazio vitale, che hanno un destino di precarietà al quale le generazioni precedenti le hanno destinate inesorabilmente senza un minimo di senso di colpa e che devono sviluppare vere e proprie strategie di sopravvivenza. A uomini lucciole, con parole lucciole, immagini lucciole, pensieri lucciole … si rivolge il festival di CRATere. L’idea è quella di costruire un laboratorio permanente in cui insegnanti, artisti, studenti ritrovino quella luce particolare che nell’arte e nel teatro è guida.
Per andare dove? In che direzione?
Intanto riscoprire la società e la città come luogo della differenza, non dell’omologazione conformista. La nostra società tende all’anomia, al controllo totale delle persone attraverso l’industria del consumo. In un’apparente libertà albergano i semi di un totalitarismo per il quale tutto ciò che facciamo è uguale, non vi sono più differenze: la comunicazione è unidirezionale, non c’è vero dialogo. C’è solo controllo – consumo e consenso. A scuola, nel teatro, invece, si esercitano quelle qualità umane che altrove non hanno spazio e riconoscimento. Verso un teatro senza teatro, dunque, come pratica di comunicazione e relazione intersoggettiva che valorizzi le differenze.
C’è qualche evento da menzionare in modo particolare?
Tutti. Ma, oltre al seminario di Alschitz, ci tengo a evidenziare il programma del 13 maggio, per esempio le azioni teatrali in serra,Bisogna coltivare il nostro giardino, dalla frase del Candide di Voltaire, che si terranno al Martinsbrunn alle ore 20 in collaborazione con Casa Basaglia; La postura del silenzio di Domenico Brancale;Shadow di Alessio Kogij e Mariano de Tassis; Esseri con In Between Butoh, gruppo di danza tra Roma e la Svizzera. Inoltre il 15 al Teatro Puccini alle ore 20.30 lo spettacolo intitolato Fratelli di Antonio Viganò, il 17 maggio al Centro per la cultura alle ore 20.30 lo spettacolo di danza Speeds con la UC Santa Barbara Dance Company, dagli Usa. Non ultimo il 21 maggio al Centro sempre alle ore 20.30 lo spettacolo Parola mio e di Stefano Bernardi. Il 22 alle ore 11 anche la performance Poesie dalla torre dalla Polveriera sulle Passeggiate Tappeiner.
Sono coinvolti studenti dei Licei Pedagogici di Merano e Bolzano, dei Licei Artistico e Classico di Bolzano, bambini della scuola elementare di Sinigo e il gruppo teatro del Comune di Trento. Che cosa faranno?
Il 1 maggio a Merano in Piazza Teatro, alle ore 18.00 c’è stata una performance intitolata SCIOPERO BIANCO: Appunti per una silenziosa insurrezione delle generazioni x, y e z, nella quale il giovane gruppo musicale di studenti meranesi, i QUEKA, composto da Michele Febbraio, Pietro Mattivi e Vittorio Car, si esibirà in una piccola performance silenziosa “LIVE”, che è stata ripresa e pubblicata online. Il 22 in chiusura al festival vi sarà la versione sonora nel parco di Castel Pienzenau con brani propri inediti e cover di The Vaselines,Nirvana, Iggy Pop, White Stripes, Le luci della centrale elettrica.
Ci puoi spiegare meglio?
L’azione silenziosa alle 18 si è svolta senza strumenti, come senza strumenti vengono lasciate le generazioni della fine del secolo scorso, i nati negli anni ‘70, ‘80 e ‘90, senza strumenti di lavoro dignitoso e tutelato, senza strumenti di apprendimento riconosciuto, in una precarizzazione che è indebolimento civile e identitario, anomia strumentale che tende al controllo dietro lo schermo di una falsa libertà, che in realtà è INDIFFERENZA, indifferenza di significati, indifferenza di saperi, indifferenza di valori, indifferenza di pensiero, indifferenza di sentimenti, indifferenza di emozioni. In questa con-fusione di riferimenti la tutela e la creazione di un immaginario alternativo coincide con la risignificazione che è difesa e riconoscimento della DIFFERENZA, quotidiana, in ogni gesto, parola, respiro in un TEATRO SENZA TEATRO che è palestra della vita civile e libera, o civile perché libera. Allora ecco al centro della rassegna che si muove tra Merano Bolzano e Trento il DIALOGO e la città come luogo della differenza, che si manifesta a scuola, in una SCUOLA TRASPARENTE, in una società lasciata di solito senza dialogo. Per un dialogo come esercizio costante per rifondare lo spazio pubblico, quella piazza sostituita dai media e da stili di comunicazione assertivi e unidirezionali, un talk show in cui non si può rispondere e in cui non si ascolta, a canale e a senso unico, solo apparentemente a colori diversi.
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